Partiamo dal fondo, molto dal fondo. Partiamo per l’esattezza da quel frame che Luciano Spalletti, nel dopo partita del Bentegodi, ha voluto regalare alla platea, e che in breve tempo ha permeato l’intero universo nerazzurro, in particolare l’area social. Quel ghigno un po’ satanico, quel sorrisetto beffardo e insieme compiaciuto, quasi in tema con la festa di Halloween, concesso alle telecamere dopo la vittoria dell’Inter contro l’Hellas Verona, è probabilmente l’immagine ideale di quello che è il momento nerazzurro. Lunedì sera l’Inter ha ottenuto l’ennesimo successo di un campionato sin qui andato forse oltre le previsioni, che ha permesso a questa squadra, come da romantica figura retorica accennata ieri da Milan Skriniar, oltre che dallo stesso Spalletti, di scrivere una nuova riga della storia del club. Siamo ancora lontani dallo scrivere un romanzo vincente, ma ogni grande viaggio parte necessariamente da un piccolo passo.
E quindi, la sintesi perfetta del sentiment del mondo interista sta inevitabilmente in quella faccia un po’ così, in quel sorrisetto dell’uomo di Certaldo, quello sguardo soddisfatto al quale poi ha unito parole di estremo compiacimento per la prova della sua squadra, al di là di un risultato arrivato nella maniera che i tifosi si sarebbero certamente augurati di meno: ma su come è maturato il successo in terra scaligera torneremo a breve. Qui invece parliamo nuovamente della faccia di Spalletti, che in questo momento si può dire come sia la faccia di tutta l’Inter. Spalletti che accoglie con soddisfazione questo successo e che ne approfitta, col suo fare ironico e tagliente, per ricacciare al mittente i commenti ironici sulla presunta eccessiva fortuna che ha accompagnato sin qui la sua Inter, concetto ribadito a tutte le chiese mediatiche della sera, dove c’è chi ha risposto con un sorriso magari a denti stretti e chi invece ha malamente accusato il colpo e non si è nemmeno preoccupato troppo di celarlo.
La faccia di Spalletti è la faccia di un’Inter che continua a macinare risultati nonostante continui, agli occhi dei più, a non esprimere quello che si definirebbe un gioco sfavillante, e continui altresì a soffrire gli impegni con le squadre cosiddette ‘piccole’. Ma anche su questo piano si possono comunque porre delle obiezioni: perché sì, l’Inter vista lunedì non avrà fatto scintillare gli occhi come magari è successo per un’ora contro la Sampdoria prima del magone finale, e anzi si è concessa qualche errore di troppo in fase di costruzione. Ma non va dimenticato che dall’altro lato c’era un Verona che, come l’Inter era chiamata a rispondere ai colpi delle altre inquiline dei quartieri alti della classifica, doveva dare un segnale altrettanto forte visto che Spal e Crotone avevano ottenuto il giorno prima tre punti pesanti e la lotta salvezza poteva già diventare una faccenda complicata.
La formazione scaligera ci ha provato, indubbiamente, e ha offerto qualche segnale di vitalità: ma guai a perdere fin troppo il senso della prospettiva. Perché in fin dei conti l’Inter non avrà scintillato per gioco ma non ha neanche sofferto in maniera eccessiva le iniziative gialloblu, il rigore è stato nel complesso una generosa concessione frutto di un disimpegno gestito malissimo da Danilo D’Ambrosio ma alla fine grandi parate di Samir Handanovic non se ne sono contate, come d’altronde nemmeno Nicolas alla fine si è dovuto sporcare fin troppo le mani. Ma se alla fine, in una gara dove lo scontro tra rapporti di forza ha generato un impatto zero o giù di lì, il risultato finale ha sorriso all’Inter, allora si può trarre la conclusione che a prevalere non è stato soltanto il maggior tasso tecnico dei nerazzurri rispetto agli avversari.
Ha prevalso più di ogni altra cosa la sagacia tattica di Luciano Spalletti, che ancora una volta ha saputo giostrare bene i suoi uomini sulla scacchiera imbrigliando ogni velleità degli avversari, studiando bene quelle che potevano essere le potenziali trappole e preferendo badare più alla sostanza che alla brillantezza del gioco. Si è confermata la grande abilità da parte di Spalletti di smontare le certezze dell’avversario, quella che gli ha permesso, tanto per citare un esempio, di uscire indenne dal San Paolo al cospetto di un avversario di alto livello come il Napoli che solo contro l’Inter ha perso mezzo colpo nel suo cammino sfavillante. E ha ben ragione Spalletti a sottolineare la buonissima gara dei suoi, dove hanno prevalso la solidità, il tempismo nel tirare fuori gli artigli al momento al giusto e la capacità del mister di saper modellare a suo piacimento le forti individualità a sua disposizione creando un gruppo capace di svolgere con puntualità i compiti e di aiutarsi, di incoraggiarsi, di sostenersi l’un l’altro. E di rimanere sempre sul pezzo, anche perché alle minime distrazioni partono puntuali le urla del mister per richiamare tutti all’ordine.
Vincere gare come queste indubbiamente aiuta, perché è importante accumulare riserve nella stiva per far fronte a possibili cali di tensione, che mai come in questa stagione potrebbero risultare ferali perché lì davanti nessuno intende mollare l’osso e allora la corsa alle prime posizioni si configura sempre più come una guerra di logoramento, dove gli scontri diretti faranno la differenza e arrivarci col maggior numero di punti possibile è un passaggio cruciale. Certo, il cammino di questa Inter sta diventando sempre più importante, al punto tale da chiedersi come si dovrebbe attutire lo shock di un eventuale calo di risultati. Ma poi si legge che per una partita come Inter-Torino di domenica San Siro si appresta ad accogliere oltre 70mila spettatori, rischiando di avvicinare o addirittura di impattare dati che appartengono più ad un derby o ad un’altra super sfida, e allora si capisce che per il momento questo dubbio può essere bellamente accantonato.
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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