Il passo cruciale per non essere più una realtà in rampa di lancio, ma una solida candidata per vincere trofei, è di mentalità. Prima ancora che tecnico. Non è il piede buono, che pure aiuta, a fare la differenza a certi livelli. Serve quella convinzione di poter fare meglio di chi hai di fronte, in grado di farti rendere esponenzialmente di più anche laddove l'avversario coglie una giornata in cui tutto gira per il verso giusto. 

Più volte l'Inter ha incontrato la Roma in anni nei quali i giallorossi erano molto forti. Hanno messo in grande difficoltà i nerazzurri, segnato gol pazzeschi (Totti in primis), eppure finiva spesso con le stesse braccia alzate. In dieci, senza più sostituzioni e con una sfilza di infortuni durante la partita, come nel 2008. Così come in altre circostanze: la Coppa Italia 2010 con le gambe martoriate da un anno su tre fronti, reduci da una recente sconfitta nel medesimo teatro (l'Olimpico), immeritata quanto pesante per il testa a testa scudetto. 

Si vinceva (quasi) sempre perché l'abitudine a trionfare era superiore. Certo c'erano i campioni, gente di carattere, fenomeni di tecnica e intelligenza calcistica. Affamati e affermati. Tanto da poter vincere per sette stagioni di fila, anche dopo aver cambiato cinque titolari in una sola estate nel 2009, sei considerando l'arrivo di Pandev nel gennaio successivo. E' bastato sbagliare un paio di acquisti per dare il via al crollo verticale e riportare l'Inter agli anni senza gioie, dai quali faticosamente si sta cercando di uscire.

La lunga stagione del tunnel senza uscita sembra essere alla conclusione, guardando ai presupposti, ma nulla potrà esse più convincente rispetto a quel che sentenzierà il campo. Se si guarda al di là del Naviglio ci si sente certamente meglio, più sicuri del fatto che non mancheranno i tentativi, le volontà. Il tifoso interista spera, allo stesso modo, che ci sia la competenza necessaria, che le scelte paghino. Quella di mettersi a fare battaglia con la Juventus su un possibile pilastro futuro ha finora dato ragione a chi il braccio di ferro l'ha vinto, viste le prestazioni di Gagliardini. Serviranno altre battaglie e altre vittorie. Altri pilastri da piazzare. Altri colpi alla Milito, economicamente di sostanza, uniti alle intuizioni low cost come Cambiasso o Maicon. Allora, anche nelle serate in cui prendi due siluri nel sette con più meriti dell'avversario che colpe ascrivibili a te stesso, sarà più semplice non steccare il grande o piccolo appuntamento.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 04 marzo 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Todisco
vedi letture
Print