Ore 23.00 di martedì 31 gennaio 2018. Chiusa la porta magica del calciomercato invernale all'hotel Melià di Milano, si odono appena, in lontananza, gli spifferi fastidiosi che contraddistinguono ogni sessione di compravendita del mondo pallonaro che si rispetti. Le orecchie dei tifosi interisti, ormai svuotate dai sussurri chiassosi di voci incontrollate che accostano i più svariati giocatori alla loro squadra del cuore, si preparano ad ascoltare controvoglia in loop il 'Canto notturno di un Pastore errante nell'Asia', che poi è quello che Javier l'argentino ha declamato negli ultimi giorni del primo mese dell'anno. Una poesia straziante di un ragazzo che, dopo sette stagioni vissute all'ombra della Tour Eiffel e dei tanti campioni che sono arrivati alla corte di Nasser Al-Khelaifi, è arrivato a chiedere alla luna parigina se non fosse stanca di percorrere sempre lo stesso percorso ogni 24 ore.

Sottintendendo nella domanda una risposta affermativa data la propria condizione di vita sportiva ormai routinaria e al contempo poco stimolante nella capitale francese: l'ex Palermo, da ormai due stagioni a questa parte, infatti, convive con il sentimento di una contentezza che lo appaga solo a metà e che lo ha obbligato da qualche tempo a volgere il suo desiderio di protagonismo altrove. Aspirazione accelerata dall'ambizione di guadagnarsi da attore principale una chance di convocazione ai prossimi Mondiali: lo scarso spazio riservatogli ultimamente da Unai Emery, che pure non ha mai perso occasione per inviargli carezze in pubblico come si fa con il migliore dei propri figli, ha spinto il Flaco a voler tagliare il cordone ombelicale dal Parco dei Principi, teatro praticamente sicuro di successi, pur di battere la strada tortuosa ma libera da rimpianti che collega Milano alla Champions League. Mancare l'appuntamento con la kermesse planetaria nell'anno in cui l'Argentina può risintonizzare gli orologi della sua Storia al 1986 grazie alla recita dell'ultimo Messi versione deluxe sarebbe “qualcosa di doloroso per la carriera”, come aveva fatto notare in maniera più che legittima il classe '89 di Cordoba dopo la vittoria sul Montpellier, in quella che per ora è stata la sua penultima parentesi con il club che lo ha reso il giocatore che è.

Un ragazzo che, date le apparenti congiunture astrali, per poco non era riuscito a far combaciare perfettamente la sua volontà di ritornare nella sua seconda patria con quella dell'Inter di accoglierlo come il giocatore che può far saltare il banco nel ciapa no europeo con le due squadre romane. La contingenza di un obiettivo alla portata in termini matematici ma lontano in quelli umorali aveva convinto i nerazzurri – con la benedizione del suo padre calcistico Walter Sabatini e del direttore Piero Ausilio – a puntare sul trequartista che aveva fatto innamorare la proprietà qatariota del Psg l'estate successiva a quella dell'abdicazione al trono d'Italia dell'Inter di Leonardo (che il destino ha voluto diventasse diesse dei parigini) in favore del Milan. Il tramonto su un club che non conosce l'alba ormai da sette anni e che con un colpo di teatro alle ultime luci di gennaio avrebbe voluto regalarsi il sogno di tornare indietro nel tempo. Puntando sul feeling speciale che per qualche giorno sembrava poter incredibilmente unire Pastore ai colori nerazzurri e che, con molto ritardo, avrebbe potuto chiudere definitivamente il cerchio stregato in cui la Beneamata è tenuta in ostaggio dalla sua inadeguatezza per certi palcoscenici. Paure che Suning, proprietà cinese più attenta al bilancio che alle esigenze di Spalletti, non ha ritenuto appropriato mettersi alle spalle perché spaventata dal macabro fantasma del Fair Play Finanziario.

La soluzione prestigiosa, ma pur sempre estemporanea dell'acquisto in prestito di Pastore, con la quale la campagna di riparazione invernale dell'Inter avrebbe potuto assumere un senso, va in archivio malinconicamente non spostandosi di un millimetro dall'esilio europeo: il viaggio del Pastore errante nell'Asia non cambia il suo tragitto direzione Milano per conquistare la Russia. E nessun Pastore terrà unito verso l'obiettivo Champions il 'gregge nerazzurro', sempre più spaesato dalle ultime vicende extra campo che rimbalzano da Oriente a Occidente. Con il rischio che il pessimismo storico che abita ad Appiano Gentile da qualche tempo ora si trasformi in pessimismo cosmico.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 01 febbraio 2018 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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