Protagonista dell'evento 'Capitano in campo e nella vita', il vice president nerazzurro Javier Zanetti è stato intervistato quest'oggi dal giornalista de Il Corriere della Sera Beppe Severgnini nella cornice milanese del Volvo Studio, dove era presente anche FcInterNews con il suo inviato. La bandiera nerazzurra ha parlato della sua carriera, del suo amore per l'Inter e dell'attualità, con un occhio particolare al rush finale per la qualificazione in Champions League: "Spalletti è un grandissimo allenatore che conosce tutto il mondo del calcio e fa giocare bene le sue squadre. Quando allenava la Roma ci metteva in difficoltà e sta dimostrando anche quest'anno il suo valore. Ha creato un gruppo definito con giocatori funzionali: questi ragazzi meritano di andare in Champions per il grande lavoro che stanno facendo".

INTER-JUVE - "Abbiamo affrontato una squadra forte facendo una grandissima partita. Meritavamo un altro risultato, invece abbiamo perso una gara che era fondamentale. Ci sono stati ancora una volta episodi che ci hanno visto danneggiati, ma il calcio va avanti e non possiamo farci niente. Tutto questo va avanti, è inutile fermarsi".

BROZOVIC - "Cosa gli abbiamo fatto? Ha avuto una reazione da grande giocatore dopo tante difficoltà. Adesso sta dimostrando tutto il suo valore e ne sta beneficiando la squadra".

PAPA' MORATTI - "Per me lui è davvero come un padre. La sua famiglia è l'Inter, e fu il primo ad accogliermi nella sua famiglia. Mi ha dato fiducia e mi ha accompagnato lungo tutto il percorso. Non smetterò mai di ringraziarlo".

IL MOMENTO PIU' BRUTTO IN NERAZZURRO... - "Il 5 maggio fu terribile per tutti, ma ci ha reso più forti per arrivare a quello a cui siamo arrivati. Le difficoltà ci sono sempre, ma dipende da come si affrontano. Il 5 maggio va ricordato anche perché è il giorno in cui è nato il Triplete. Certo, quel 5 maggio piansi, come piansi per le semifinali di Champions col Milan dell'anno seguente, ma è in quei momenti che ero fiero di essere interista, perché sapevo che il nostro momento stava per arrivare. Mi cercò il Real Madrid ma, parlando con Paula, abbiamo pensato che vincere con l’Inter sarebbe stato più bello. Non potevo andar via senza lasciare il segno".

...E QUELLO PIU' BELLO - "Gioie ne ho avute tante. La mia prima a San siro con i genitori in tribuna, ad esempio, quando si giocó Inter-Vicenza.Dico anche la vittoria della Coppa Uefa perché fu il mio primo trofeo e segnai. Poi, chiaramente,  
Madrid per tutto quello che ha dato. Non ho mai visto i tifosi dell’Inter così felici, questo mi ha reso orgoglioso. Quando entrammo per fare il riscaldamento, vedemmo la curva piena e capimmo che non potevamo deluderli. A fine partita vedo le immagini del Duomo pieno, arriviamo a Milano alle 6 e c’era San siro pieno. Vedere i tifosi fu la cosa più bella per tutto ciò che avevamo passato. Fu un traguardo indimenticabile. Nei giorni precedenti alla finale c’era tensione ed emozione perché mancava l’ultimo gradino. Siamo arrivati a Madrid tre giorni prima, preparando la gara nei minimi dettagli come sapeva fare Mou, ma c’era la consapevolezza di riuscire a coronare il sogno, come disse la curva. Rimarrà sempre nei nostri cuori".

CALCIOPOLI - "In quei momenti eravamo tutti arrabbiati, ma poi li abbiamo superati e abbiamo dimostrato di essere più forti. Ognuno ha la sua storia, io sono fiero della storia dell’Inter e basta".

I PIU' FORTI COMPAGNI E AVVERSARI - "Dico Ronaldo e Messi, avendo giocato con entrambi. Ronaldo nel 98 era devastante e Messi lo sta dimostrando da tanto tempo. Ti inventano la giocata dal nulla.
 Avversari? Ne ho affrontati tanti, mi viene in mente Giggs. Correva tantissimo e aveva grande lealtà, così come Maldini, così come Kakà. Loro erano i più difficili da affrontare. Quaresma in allenamento era devastante, faceva bene le trivele, ma in partita ad esempio non gli riuscivano. Coutinho? Bravissimo, ma in quel momento lì c’erano altri grandi giocatori e per l’età non riusciva a dimostrare il suo valore. Cou è un grandissimo e lo sta dimostrando".

I COMPAGNI PIU' DIVERTENTI - "Direi Maicon e West, che ora fa il predicatore.  Ci ha anche invitato alla sua messa. Pregammo per 3 ore, ma poi andammo a cena: c'era erano anche Zamorano e Cordoba. Ad un certo punto della stagione West sparì, lo ritrovammo alla Pinetina con la tunica e ci disse che si era sposato. Ma noi, intanto, avevamo già giocato 4 partite di campionato".

CESSIONI RIMPIANTE - "Senz'altro Simeone: è stato con noi troppo poco, potevamo tenerlo più a lungo, ma dovette andar via e anche in altre squadre dimostró il suo valore. Era un combattente".

GLI ALLENATORI - "Con Cuper iniziò la nostra evoluzione: andammo davvero vicino alla vittoria. Fece con noi un grande lavoro, aveva una grande cultura e lottavamo fino all’ultimo. Il gruppo con lui era molto affiatato. Ho sempre rispettato le scelte dell’allenatore, chiunque sia stato, poi sta a noi calciatori dimostrare con le prestazioni se lui si sbaglia o no. Ma per il bene della squadra e per il ruolo che avevo ho messo sempre la squadra davanti a tutto".

RICORDI - "Tutti i ricordi che ho sono legati al calcio: abitavo in una casa piccola con un piccolo campetto accanto. Mia madre mi rimproverava sempre, perché io e fratello sporcavamo i vestiti giocando a pallone. Lì è nata la mia passione e il mio primo regalo è stato un pallone da calcio. Mio padre teneva alle scarpe e ai capelli, mentre mi madre lucidava il grembiule. Vivevo a Dock Sud, quartiere piccolo di Baires non lontano dalla Bombonera. Ricorderò per sempre la mia infanzia".

PRIMI CALCI E PRIMI BACI - "Ho avuto una grande delusione a 12 anni perché l’allenatore mi ha cacciato in quanto ero piccolo e non crescevo fisicamente. Tornai a casa piangendo perché ero tifoso: è stata una tappa importante perché ho iniziato a lavorare con mio padre da muratore, ma il calcio era la mia passione. Gli amici mi invitavano a giocare, ma dovevo lavorare: quella fase è stata fondamentale per me. In una delle poche pause, mio padre mi chiede cose volessi fare da grande. Dissi che volevo fare il calciatore e lui mi disse di riprovare e che ce la potevo fare. Andai al Talleres e li ho conosciuto Paula. L’allenatore mi accolse e dopo un mese si creo un gruppo speciale: lì ho capito di potercela fare. Il presidente della squadra era il padre di Paula, ma tenemmo la nostra relazione nascosta perché Paula era piccola (15 anni). Lei andò allo stadio e salutai verso la tribuna: tuttavia era piccola, ben diversa da quella di San Siro; così, quando salutai Paula, il padre capì tutto. Sua madre, invece, era nostra complice.

BANFIELD - "I due allenatori che ho avuto al Banfield mi hanno cambiato, perché si fidarono di me. Mi chiesero se avevo la personalità per giocare nel massimo campionato e risposi di sì. Decisero di tenermi e lì capii che potevo farcela. Si chiamavano Lopez e Caballero".

L'ESPLOSIONE ALLA BOMBONERA - "Quella partita contro il Boca mi ha cambiato la vita. Il Banfield non era una grande squadra. Giocammo alla Bombonera alla prima giornata di campionato e io feci una partita straordinaria, mi riusciva tutto. Vincemmo 2-1, segnó Cruz. Per tornare a casa ho preso il pullman con mio padre e la gente iniziava a riconoscermi. Non avevo il telefono, ma l’aveva la mia vicina, la quale riceveva chiamate per avvisarla che fossi in tv. Mi invitarono ad un programma televisivo dopo la partita, ma avevo appuntamento con Paula. Andai alla trasmissione. Il giorno dopo mi sveglio alle 7 e c’erano le telecamere fuori da casa mia, da lì mi chiamò poi la nazionale. Ma quella partita fu la mia vetrina".

L'IMPATTO CON L'ITALIA E L'INTER - L’Inter stava comprando Rambert ma Moratti, vedendo la sua cassetta decise di prendere me con Rambert invece di Ortega. Il presidente insistette e mi comprarono. Quando arrivò la chiamata dell’Inter, parlando con Paula, non ci credevo. Ci sarebbe cambiata la vita, dovevo allontanarmi da lei perché doveva ancora finire la scuola. Non sapevo se ero pronto, ma pensavo che era la mia grande occasione. Tornai a casa e dissi ai miei che dovevamo andare in Italia, e alla loro età non era semplice. Senza di loro avrei sofferto moltissimo. la cosa più bella che mi sia capitata è stata dire alla mia famiglia di smettere di lavorare, da figlio. La politica italiana? La seguo poco, mi basta quella argentina”.

IL RITIRO - "In quel momento lì, Ho pensato che finiva una bellissima tappa della mia vita. Avevo dato tutto ma non è stato semplice, e adesso è iniziata un altra fase altrettanto importante. Sto imparando una nuova professione con i valori che mi ha dato l’Inter, per portarla sempre più in alto".

POTENZIALI EREDI - "A mio figlio il calcio piace tantissimo. Lui farà la sua strada e io farò di tutto per i miei figli, e se deciderà di giocare a calcio lo supporterò. Non sarà semplice, avrà il peso del cognome, ma l’importante è che siano tutti felici”.

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Sezione: Copertina / Data: Lun 07 maggio 2018 alle 19:45 / Fonte: dall'inviato di FcInterNews Fabrizio Longo
Autore: Antonello Mastronardi / Twitter: @f_antomas
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