Ci siamo. Si parte. E’ giusto parlare adesso, prima del fischio d’inizio. Non per fare pronostici rischiosi, che cozzano anche con i doverosi riti scaramantici ai quali tutti siamo affezionati. Ma per salutare con affetto la nostra squadra. Annozero: Stramaccioni lo ha detto e ripetuto. Ha ragione. Ho la sensazione frizzante che finalmente abbiamo (quasi del tutto) elaborato il lutto. L’epopea del triplete, le stagioni di Mourinho, gli scudetti di Mancini, Ibra e poi Eto’o, il Principe, Samuel e Lucio la coppia più forte del mondo, Julione in porta, i gol da metà campo di Deki, le prodezze di Maicon. La coppa alzata dal Capitano a Madrid. E’ tutto vero, tutto irripetibile nello stesso modo, con gli stessi uomini. Ma ora è il momento di ripartire. Per bene: con coraggio e umiltà, pazienza e orgoglio, correttezza e lealtà, forza e serenità, gioia e grinta.

Siamo curiosi, affascinati e un po’ spaventati. Cerco anche di comprendere (anche se faccio fatica…) i commenti ipercritici, ai limiti dell’autolesionismo, di molti tifosi, in queste settimane di calcio parlato. Penso che in quasi tutti ci sia, come dire, la paura di innamorarsi troppo. Ecco perché si spende qualche critica preconcetta, qualche parola poco generosa nei confronti dei nuovi arrivi, tutti di qualità e di quantità, anche quando non sono (ma chi l’ha deciso?) dei top players.

La scelta forte, quasi azzardata, del presidente Moratti di affidare la prima squadra al trionfatore della Primavera, si sta rivelando intrigante e piacevole. Attorno a questo giovane romano trapiantato all’ombra della Madonnina (ti te dominet Mìlan..) si sta costruendo un progetto organico, che vede un forte rinnovamento dei quadri dirigenti della società (elemento del quale si parla poco), un doloroso ma metodico abbassamento degli ingaggi (con il conseguente allungarsi della lista in uscita di giocatori ai quali siamo affezionati e non poco), una campagna acquisti tutt’altro che affidata al caso (la svolta si è avuta con lo stop della trattativa per Lucas, ma le alternative erano già sul tavolo), una gestione oculata dei giovani e dei giovanissimi (prestiti e non cessioni, con qualche importante innesto nella rosa della prima squadra), un ritiro a Pinzolo che è stato un esempio di socializzazione e di motivazione per la squadra e per i tifosi (e perfino esemplare per la sostenibilità ambientale), un mix di generazioni, in modo tale da fronteggiare eventuali crisi di rigetto (sempre possibili quando si gioca a San Siro…), un rinnovamento dello stile e della sostanza della comunicazione verso l’esterno (più determinata e tempestiva, capace di valorizzare non solo le singole novità, ma soprattutto l’idea di gruppo affiatato e motivato), un dichiarato impegno su tutti i fronti (campionato ed Europa League), senza snobismi, anzi con qualche richiamo nostalgico a vecchie e gloriose imprese del passato.

Ora la parola passa al campo. Inutile nascondersi dietro un dito. I primi ostacoli di Europa League (compresa la surreale partita di ritorno contro l’Hajduk al Meazza) non possono essere considerati test sufficienti a valutare una squadra che non ha potuto d’altronde contare sull’intera rosa, vecchia e nuova. Ancora adesso la coperta è corta a centro campo (con i nuovi arrivati che hanno appesa disfatto le valigie) e in difesa i punti interrogativi non mancano. Però abbondiamo di piedi buoni, di giocatori multiuso, di mediani che possono spostarsi più avanti o più indietro, a destra o a sinistra.

Il gioco che sta delineando Stramaccioni è gradevole: palla a terra, fraseggi veloci, verticalizzazioni rapide (non si contano più di due o tre passaggi laterali), grande movimento delle punte e delle mezze punte, difesa abbastanza alta, rientri a scalare ordinati e puntuali, moltissima pressione sui portatori di palla avversari, contrasto a centro campo sistematico, ricerca del tiro da fuori area, schemi a sorpresa sui calci d’angolo e sulle punizioni, molta velocità nel cambiamento di schema (in difesa, in mezzo al campo, in attacco), tentativo costante di creare superiorità numerica e comunque di “fare la partita”, senza concedere troppo campo agli avversari di turno (probabilmente temendo qualche scricchiolio in difesa, che si è palesato anche in Romania). La preparazione è graduale, a riprova di un disegno di medio termine. Sembra di assistere a un conteggio minuzioso delle risorse e delle energie, che tiene conto del calendario, della necessità di partire bene ma senza esagerare nei carichi, per non pagare dazio nel momento cruciale della stagione. Squadra ambiziosa, non c’è dubbio. Persino l’ingaggio di Cassano, che ha fatto storcere il naso a molti, è quasi più una mossa di comunicazione e di orgoglio (per ora) che una vera necessità tecnica (al netto del conveniente scambio con Pazzini), anche se a mio parere Antonio ci stupirà e non solo a parole (lo spero fortemente). I punti deboli esistono e sono, per ora, abbastanza ben camuffati. Stramaccioni lo sa perfettamente e infatti le sue dichiarazioni sono sempre caute, nessuna smargiassata da “piacione”.

Non sono abbastanza competente da entrare nel dettaglio dei singoli, però credo si debbano elogiare la ripresa di Ranocchia, l’affidabilità di Milito, la qualità di Palacio, la genialità di Sneijder, la forza di Guarin, la potenzialità di Handanovic, la crescita di Coutinho, la concretezza di Mudingayi, la serietà di Silvestre, l’energia inesauribile di Zanetti. Cambiasso convince di più quando si sposta in avanti, a ridosso delle punte, mentre mi sembra in crescente difficoltà nel contrasto davanti alla difesa. La sostituzione di Maicon non sarà facile, Nagatomo a sinistra non è un terzino ma un’ala che parte da lontano per arrivare al cross. Samuel appare un po’ in ritardo di forma, ma può solo migliorare. E adesso abbiamo le grandi novità di Gargano e di Pereira, innesti che saranno plasmati da Stramaccioni, che dà la sensazione di aver scelto una per una le nuove pedine e anche le operazioni in uscita.

Ma siamo all’anno zero. Stringiamoci attorno alla squadra con affetto, con orgoglio, con soddisfazione. Ho l’impressione che ci divertiremo. E non è che l’inizio di una nuova avventura. Nel nostro cielo. Molto in alto, come ha detto il tifoso Cassano. In quel cielo dal quale ci guardano, e tifano, Giacinto Facchetti e l’avvocato Prisco. Amala.

Sezione: CALCI E PAROLE / Data: Dom 26 agosto 2012 alle 00:00
Autore: Franco Bomprezzi
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