"Credo abbia ragione Moratti quando dice che la forza trainante di una società è la squadra. Sono convinto che l’elemento essenziale siano i risultati sportivi. La svolta nella nostra storia recente è stata la rinuncia a cedere Ribéry un anno dopo il suo arrivo. Nel 2008 abbiamo detto un no a un’offerta alla quale avrebbe risposto con un sì il 99% dei club europei. Se la squadra gira, se vince, se gioca bene, tutto diventa più semplice: i tifosi vengono allo stadio, i grandi giocatori sono contenti di trasferirsi qui e gli sponsor sostengono il club, lasciando spazio agli investimenti. Per questo è fondamentale il ruolo dell’allenatore. I giocatori di qualità sono indispensabili, ma è l’allenatore che riesce a trasformare la classe dei singoli nella forza di una squadra". La pensa così Karl-Heinz Rummenigge, ex attaccante nerazzurro e oggi una delle teste più importanti del Bayern Monaco, un modello per chiunque voglia arrivare al successo. 

Nel 1984, giusto 30 anni fa, Rummenigge lasciava il Bayern per trasferirsi all'Inter, in una Serie A che era il top in Europa. "Si sentiva che il calcio in Italia era un fatto importantissimo e che la gente era orgogliosa delle proprie squadre - racconta Kalle al Corriere della Sera -. Io avevo richieste da Real e Barcellona e anche da altri club europei, ma ho scelto l’Italia e l’Inter e non mi sono mai pentito. Anzi. Quelli all’Inter sono stati tre anni magnifici, per me e per tutta la mia famiglia, anche se purtroppo non si è vinto, perché ci è mancata anche un po’ di fortuna, compreso l’infortunio al tendine del 1° febbraio 1987, a Brescia, la mia ultima partita con l’Inter. Ero stato accolto benissimo; dopo un mese mi sentivo come a casa, perché avvertivo l’affetto della gente. Ho conosciuto le bellezze dell’Italia, compresa la cucina; San Siro era sempre pieno, il campionato italiano molto competitivo. Ho grande nostalgia per quel periodo e per quando giocavo, ma il passare del tempo non mi fa paura, anche se ora sono già nonno: ho una vita bellissima. Ho capito che i tifosi dell’Inter mi volevano veramente bene quando sono tornato per un’amichevole, Inter-Urss a Monza, febbraio 1989. Il progetto del presidente Pellegrini era quello di farmi tornare all’Inter insieme con Matthaeus e Brehme. Invece poi il club aveva puntato su Klinsmann".

Il calcio italiano è rimasto nel cuore di Rummenigge: "Domenica, mentre vedevo Juve-Samp, mi è tornato in mente il gol segnato alla Sampdoria il 23 dicembre 1984. Vierchowod era un difensore fortissimo, ma alla fine ero riuscito a fare gol. Il tempo è volato via. Con un po’ di pazienza Inter e Milan torneranno in alto. Non ho dimenticato che in passato guardavo i due club con un po’ di invidia, per la loro storia, ma anche perché vincevano molto, compreso la Champions 2010, nella finale dell’Inter contro di noi. Ora si tratta di ricostruire, servono calma e idee chiare. Sono cambiati i tempi; so che non tutti sono d’accordo con l’idea del fair play finanziario, penso al Psg o al City, e in tanti lo considerano un malus. Credo invece che rappresenti un bonus, perché basato sull’idea di spendere quello che si ricava, un criterio approvato all’unanimità dai club iscritti all’Eca, quando Platini ci aveva chiesto un sostegno al suo progetto. Dopo la sentenza Bosman, che ha 19 anni, le società hanno speso troppo per i cartellini dei giocatori, gli ingaggi, le commissioni degli agenti. L’Italia si sta muovendo per migliorare la struttura organizzativa del calcio e si vede: c’è la volontà di crescere e di costruire qualcosa di importante; c’è il tentativo di cambiare anche il tipo di gioco; c’è un’attenzione vera nei confronti dei giovani, che sono importantissimi. Il Bayern, ad esempio, è formato da alcuni grandi campioni acquistati anno dopo anno, perché un club vincente non lo si costruisce in un’estate sola e da un grande numero di giocatori del vivaio da Lahm a Schweinsteiger, da Alaba a Muller. Forse ci vorrebbe più aiuto da parte dei Comuni, per facilitare la costruzione degli stadi di proprietà. Non è bello vedere impianti vecchi e mezzi vuoti. A Torino, quando abbiamo giocato con la Juve nel 2013, ho capito che allo Stadium c’era l’atmosfera giusta". 
 

Sezione: News / Data: Mer 17 dicembre 2014 alle 10:14 / Fonte: Corriere della Sera
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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