Stefano Pioli si è trovato oggi a leggere i giornali, per la prima volta in questa stagione, con grandi titoli dedicati ai suoi possibili sostituti. Il nome di Conte era venuto fuori qualche settimana fa, ma senza una diffusione pari a quella attuale. Il “fantasma” di Simeone era invece un retaggio del periodo deboeriano, quando i nefasti risultati rendevano più facile parlare di nuovi tecnici. Sarebbe ingiusto, però, pensare a Pioli come all'uomo sbagliato. Almeno oggi, che ancora mancano dodici partite alla fine del campionato e le nove vittorie su undici gare rendono ancora molto positivo il suo cammino. Allo stato attuale, il parmense merita una chance. Per diversi motivi:

- Ha preso in mano la squadra a metà stagione. Non l'ha costruita lui. Al contrario: l'ha ricostruita, fisicamente e mentalmente, instillando fiducia in giocatori che sotto la sua guida hanno trovato la via maestra o hanno comunque migliorato il proprio rendimento. Il caso eclatante è Kondogbia, ma anche Joao Mario, Brozovic, Medel nel nuovo ruolo.

- Ha assunto una credibilità tale all'interno dell'ambiente da rendere “digeribile” anche un sistema come quello basato sulla difesa a tre, storicamente indigesto alla piazza nel recente passato, con Gasperini come con Mazzarri.

- I giocatori stessi lo seguono. Non è escluso che alcuni di questi possano prendere nella maniera sbagliata un cambio alla guida tecnica, pur in grado di portare a un grandissimo nome (come sarebbero Conte o Simeone).

- Valeva per De Boer, che non ha centrato un filotto di risultati all'altezza, a maggior ragione vale per Pioli: non cambiare l'allenatore equivale a un tentativo di responsabilizzare i giocatori stessi e a non far passare il messaggio secondo cui le colpe di un'eventuale caduta sono sempre da ascrivere a chi sta in panchina. La grande società si vede anche nell'evitare di cadere in queste contraddizioni.

- Essere un interista di lunga data non è condizione necessaria per vincere, basta esserlo al 100% quando si è sulla panchina nerazzurra. Lo dimostra Mourinho, che interista lo è diventato, non lo è nato. Certo è che sapere di aver creato una squadra vincente sotto l'egida di un tifoso dell'Inter avrebbe un sapore ancora più dolce.

Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 28 febbraio 2017 alle 23:02
Autore: Mattia Todisco
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