Non è più la sua Inter, per molti non è più l'Inter. Quella che poteva giocarsi scudetto e Champions League, perché la vetta d'Europa non era poi così lontana. Stephane Dalmat arriva a Milano nel gennaio 2001. Prelevato dalle file del PSG, (non quello degli sceicchi) all'età di 21 anni e subito lanciato da Tardelli nell'Inter di Vieri, Ronaldo e Recoba, i campioni che fino a qualche anno prima sognava di emulare guardandoli alla tv. I tempi cambiano e così il prodige francese, reduce dall'ottimo impatto nei primi sei mesi in nerazzurro, conosce la mano inflessibile dell'hombre vertical. Per Cuper non è più indispensabile e dopo un avvio a fasi alterne è costretto a fare i conti con l'infortunio che lo costringe a restare ai box per quattro mesi. Seguono il rientro, durissimo, lo scudetto accarezzato in campo il 5 maggio, l'ultima stagione senza Ronaldo, che sceglie di salutare dopo i contrasti con il tecnico, le notti europee contro il Milan sfiorando il sogno di una finale di Champions, che se raggiunta avrebbe potuto anticipare la conquista del trofeo tanto atteso Moratti. Di questo e molto altro, ne parliamo con l'ex fantasista dei nerazzurri, intervenuto ai microfoni di FcInterNews.it anche per un'analisi del momento della squadra allenata da Mancini, con uno sguardo proiettato su un futuro ricco di nuove aspettative.
Stephane, stai seguendo l'Inter? Perché la squadra non riesce più a ripartire?
"Sì, seguo l'Inter e al di là dei risultati sono deluso dal gioco visto in campo. Questa non è l'Inter di tanti anni fa, serve più fiducia ma anche più qualità. In rosa c'è qualche giocatore di buon livello, ma la mia Inter era molto diversa. Sono onesto e voglio dire la verità. Anche dopo il mio addio mi divertiva veder giocare l'Inter la domenica e in Champions League. Oggi guardo le partite in tv e vedo che mancano giocatori di carisma, come potevano essere Zanetti e Cannavaro. Prima di tutto è un problema di squadra, ma penso che fra due-tre anni potrà tornare l'Inter degli anni passati. Oggi è lontanissima da Real Madrid, Barça e Bayern, mentre dieci anni fa sarebbe stata in grado di vincere lo scudetto e la Champions".
Cosa pensi dell'arrivo di Mancini?
"È un grandissimo allenatore. Ha fatto bene ovunque, ha superato le sue prove alla Lazio, all'Inter e al City. Porta esperienza che sarà utile alla squadra e anche fiducia per i giovani. Sono certo che con lui i nerazzurri torneranno grandi, io mi auguro il primo possibile".
Quest'anno però il traguardo terzo posto si fa complicato.
"Io credo che per il ritorno in Champions dobbiamo aspettare la prossima stagione, basti vedere la sconfitta contro l'Udinese, certo, una buona squadra del campionato italiano, ma non puoi perdere una partita in questo modo in casa. Si è visto che alla squadra manca fiducia, come ho detto, e anche qualità. Sono obiettivo e credo che anche i tifosi ormai abbiano capito che non è più l'Inter degli anni passati, ma devono continuare a supportarla. Sono sicuro che tornerà ad essere una grande d'Europa".
Fra i punti fermi del nuovo corso c'è Mateo Kovacic.
"È un grande talento, ha tanto tempo per crescere ma deve avere accanto giocatori con un po' più di esperienza. Sono certo che diventerà un grande dell'Inter, se la società riesce a tenerlo in squadra"
Perché Guarin non riesce a esprimersi come da lui ci si aspetta?
"Ha grandissima qualità, ho giocato contro di lui quando era al Saint-Etienne ed era ancora molto giovane. So che può fare molto di più, ma si vede che anche lui sente questa mancanza di fiducia. È all'Inter da quasi tre anni, secondo me la prossima annata sarà decisiva: o fa una grandissima stagione o deve andare via".
Che idea ti sei fatto dell'addio di Moratti e l'arrivo di Thohir?
"Per me è stato un onore incontrare Moratti. Una persona carismatica, sempre vicina alla squadra, faceva di tutto per accrescere la fiducia dei giocatori. Ha investito tanti soldi su grandi campioni, penso a Ronaldo, Vieri, con giocatori così il calcio diventa spettacolare. Mi farebbe molto piacere rivederlo quando andrò a Milano. Non conosco invece Thohir. Per me l'Inter rimarrà sempre Moratti".
Impressioni nel vedere Zanetti dietro a una scrivania?
"Io penso che un giorno sarà l'allenatore dell'Inter. Ora ha più tempo da dedicare alla sua famiglia impegnandosi in questo suo nuovo ruolo nel club, ma vediamo tra cinque o sei anni... È un grandissimo uomo, porta la sua esperienza in società, ma in campo manca un giocatore come lui. Con Zanetti in squadra hai una forza in più. Un giocatore di qualità normale quando ha a fianco lui raddoppia il suo livello".
Parliamo di mercato. Come vedresti l'arrivo di Lavezzi?
"Sarebbe un vero colpo, ma non credo si farà in questo mercato. Costa tanto e non penso che l'Inter abbia la possibilità di comprare un giocatore di questo livello. A gennaio è un affare difficile, il PSG è in corsa su tutti i fronti, sono secondi in campionato, qualificati in Coppa e in Champions e hanno bisogno di un giocatore come lui. E poi il Pocho è molto amato a Parigi".
Gignac in scadenza potrebbe essere un profilo giusto per l'Inter?
"Dipende dalla decisione di Marcelo Bielsa. Se Bielsa rimane qui a Marsiglia Gignac firmerà il contratto per finire la sua carriera all'OM. Se così non sarà e si presenta la chance di andare all'Inter per lui sarebbe un'ottima opportunità. È un buon giocatore, ma non un top player. Quando gioca lo fa al 100%, ma non è al livello dei grandi. Può segnare dieci gol a stagione, questa di sicuro è la migliore della sua carriera".
Riavvolgiamo il nastro e torniamo ai tuoi inizi: che ricordi hai del primo anno con Tardelli?
"Quando sono arrivato avevo un po' di paura. A Parigi ero un giocatore importante, venendo all'Inter temevo di non giocare e invece ho vissuto un anno bellissimo. Ho avuto l'onore di conoscere giocatori che guardavo alla tv, condividere lo stesso spogliatoio, giocare con loro e al posto di qualcuno, una cosa straordinaria"
Hai segnato anche un gol da cineteca contro la Fiorentina.
"Ne parlavo tre settimane fa proprio con Toldo! In quel periodo lui giocava a Firenze, ho scherzato dicendogli: 'Hai visto? Ti ho fatto un gol che ricorderai per tutta la vita! (ride, ndr)".
Poi è arrivato Cuper...
"Sapevo di non rientrare nei suoi piani, perché lui aveva cercato altri giocatori. Avevo chiuso una prima stagione straordinaria, ma non ero il suo tipo di giocatore. I giornalisti e i tifosi non capivano perché non giocavo, poi ho fatto qualche partita ma ho subito un brutto infortunio che mi ha costretto a stare fuori per quattro mesi. Alla fine sono tornato e ho giocato senza continuità".
Arriviamo al 5 maggio, giorno dello scudetto perso all'Olimpico. Tu sei entrato in campo nell'ultima mezz'ora.
"All'inizio ero arrabbiato sapendo di non dover giocare quella partita, comunque una cosa normale per ogni giocatore. Poi mi sono reso conto che tutto lo stadio era per noi, avevamo la possibilità di vincere lo scudetto, mi sono detto che era una cosa straordinaria. Ci ho messo un po' di tempo per dimenticare quella sconfitta con la Lazio. Era da tanti anni che l'Inter non vinceva lo scudetto. Doveva essere nostro anche prima di quella gara, ricordo la partita con il Chievo finita 2-2 (con gol di Dalmat, ndr). Vincendo saremmo stati campioni. Quel 5 maggio fu durissima. Nello spogliatoio piangevano quasi tutti, anche sul pullman non parlava nessuno, era molto triste ".
Qualche mese dopo Ronaldo vola a Madrid. È vera la storia dei contrasti con Cuper?
"Sì, è vero. Cuper aveva le sue idee e gli piacevano solo certi tipi di giocatore, ma non si può tenere in panchina il più forte giocatore al mondo. Ricordo che litigavano sul peso e altre cose non rinfrancanti. Alla fine Ronaldo era stanchissimo, aveva vinto il Mondiale e con la possibilità di andare al Real Madrid disse che se fosse rimasto Cuper lui sarebbe partito".
Te lo chiedo perché ho ancora dei dubbi. Chi era il più forte con cui hai giocato?
"Ronaldo! (ride, ndr). Ma anche Vieri aveva disputato due grandissime stagioni. A me impressionava moltissimo Recoba: se avesse avuto un'altra mentalità sarebbe potuto essere tra i migliori cinque al mondo. Quando aveva voglia e fiducia poteva fare cose straordinarie".
Nel'ultima stagione a Milano hai vissuto anche le notti di Champions in semifinale contro il Milan.
"Nelle due partite meritavamo noi. Poi in finale i rossoneri incontrarono una Juve stanca e non al suo livello, sono convinto che potevamo essere noi ad alzare quella coppa".
In Serie A invece siete arrivati secondi.
"Abbiamo fatto un buon campionato, ma quell'anno la Juve nel lungo corso era troppo forte"
In estate Dalmat decide di lasciare l'Inter.
"Sono stato consigliato male. A centrocampo era arrivato anche Lamouchi, francese come me. Mi disse: 'Stephane, tu non puoi andare via. Sono sicuro che qui giocherai'. Ma io vedendo anche arrivare altri giocatori avevo perso la fiducia. Volevo andare in una squadra che mi avrebbe dato garanzie di scendere in campo. Mi serviva che qualcuno mi dicesse: 'Stephane, basta! Non rompere e lavora, vedrai che guadagnerai il tuo spazio all'Inter'. Alla fine ho scelto di andare al Tottenham, ma sono sicuro che restando a Milano avrei potuto giocarmi le mie chance".
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DaniAlfieri
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