Lo ammetto, il calcio mercato mi annoia. Non mi piacerebbe, da cronista, far parte della cosiddetta squadra-mercato. Mi piace solo quando la squadra per cui tifo mette a segno un colpo che fa sognare. Penso che un tifoso dell'Inter abbia raggiunto il top dell'emozione in materia, nel lontano 1997, quando papà o zio paperone Moratti portò alla Pinetina un certo Ronaldo. Ma come dimenticare gli acquisti di Vieri, Baggio, etc etc. Ecco, quando è così, ad annunci fatti, mi piace il mercato. Ma ora i se e i ma, peraltro attorno a nomi che scaldano come un raggio di sole a novembre e con questa spada di damocle del fair play finanziario, mi sfiorano e basta.

Di cosa scrivere dunque a campionato finito e a pochi giorni dall'inizio del mondiale in Brasile che ruberà la scena? Beh, la presunta sopraggiunta incompatibilità tra Moratti e Thohir qualche spunto lo offre. 18 maggio 2014, stadio Bentegodi di Verona, da poco è finita una ininfluente Chievo-Inter, ultima di campionato, vinta 2-1 dai clivensi e con gli argentini che salutano definitivamente la maglia nerazzurra. In tribuna era presente anche Massimo Moratti che in trasferta non va quasi mai. Ma questa volta, un pò perché nato nel veronese (Boscochiesanuova), ma soprattutto per salutare degnamente gli eroi del Triplete, il Presidente onorario c'era. A fine gara le interviste di turno, compresa quella rilasciata al sottoscritto. E a precisa domanda se fosse a conoscenza  o meno del mancato rinnovo del contratto a Esteban Cambiasso, Moratti ripondeva cosi: "No, non lo sapevo, ma è importante che lo sapesse almeno il giocatore. Sicuramente la società saprà come continuare. Forse io qualcuno di questi grandi campioni lo avrei confermato".

Ecco le  frasi che hanno aperto le prime crepe tra le due anime dell'Inter. Tra chi pensa calcio ascoltando prima di tutto cuore e viscere e chi, invece, nato a migliaia di chilometri di distanza, cerca di lavorare in maniera meno passionale, ma sicuramente più pragmatica. Le crepe rischiano di allargarsi ancor di più quando Erick Thohir dice di puntare al risanamento del club. Moratti, approffitando di premi a lui dedicati pochi giorni fa prima a Firenze e poi a Latina, si concede ai cronisti e contrattacca cosi. "Non amo quando sento dire, anche da Thohir, che l'Inter vada risanata. Noi abbiamo sempre onorato gli impegni economici pagando regolarmente gli stipendi". Ah, bene, finito quindi l'idillio? Non dovevano essere, Moratti e Thohir, i due genitori affettuosi in grado di far crescere sana e forte la loro creatura? 

Il botta e risposta viene smorzato poi dalle precisazioni dei due massimi dirigenti che giurano stima reciproca, anche se il tycoon indonesiano ribadisce che l'aumento dei ricavi dovrà essere condizione imprenscindibile per tornare competivi con le grandi d'Europa. Il passaggio di proprietà, la svolta epocale, in casa Inter, non poteva essere del tutto indolore e forse non sarebbe stato nemmeno giusto fosse così. Con l'avvento di Erick Thohir cambiano totalmente le dinamiche di gestione, ma Massimo Moratti detiene ancora il 30% delle quote azionarie, il figlio Angelo Mario occupa la carica di vicepresidente, il carisma della famiglia così amata dai tifosi nerazzurri non può scemare da un giorno all'altro.

La speranza, finchè la situazione non assuma contorni più definiti e definitivi, è che le due anime trovino sempre più punti di incontro e non di scontro per cavalcare senza danni  il passaggio a un club diverso, non più schiavo della pur benedetta ricapitalizzazione morattiana, ma in grado di produrre denaro e business. Perché solo così, in questo momento storico, si primeggia poi anche in campo. ET MM, non pestatevi ora i piedi. La creatura ha ancora bisogno di entrambi i genitori.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 28 maggio 2014 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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