Smaltita la delusione post-Udinese, una delle più cocenti di questa già tremebonda stagione, non certo avara in tal senso, sto cercando di capire, leggendo i commenti dei tifosi e le pagine dei giornali, quali siano i veri mali di questa Inter. Provo a capirci qualcosa anch’io, premettendo che si tratta di una vera e propria sciarada. Parto dalle deresponsabilizzazioni: Roberto Mancini. La sua unica colpa è aver sottovalutato il problema, più volte dall’esterno aveva definito buona la rosa a disposizione di Mazzarri e durante i primi giorni di nerazzurro-bis si è persino sbilanciato nella rincorsa al terzo posto. Quattro gettoni dopo, le sue convinzioni sono leggermente cambiate, al ribasso purtroppo. Domenica sera il Mancio stesso ha ammesso di non capire come mai la sua squadra perda il filo conduttore tra un tempo e l’altro e si sciolga come la neve ai primi tiepidi raggi di sole.
Già, forse è questa la causa principale dei mali dell’Inter. In rosa ci sono tanti buoni giocatori, tra quelli confermati dalla scorsa stagione e quelli arrivati in estate con ottime referenze. Sulla carta, nessun fenomeno ma tutti potenzialmente utili e di prospettiva. Con il già noto buco nel reparto offensivo. Inutile, almeno per altre tre settimane, puntare il dito sulla dirigenza e sulla proprietà (mani legate dalle regole Uefa, ricordiamolo), servirebbe a poco per rialzare la testa in fretta, magari già a Verona lunedì sera. Ecco dunque che si torna sull’unico giudice in questo giuoco: il campo. Quanto visto contro l’Udinese non sorprende (per quanto amareggi), ma conferma il valore della rosa nerazzurra. Che tecnicamente non è basso, ci mancherebbe. In un torneo livellato verso il basso come quello italiano è sulla carta una delle migliori. Ma al di là dei discorsi tattici, che richiedono comunque tanto lavoro per metabolizzare il cambiamento, c’è un aspetto che mi preoccupa più di ogni altro: la scarsa solidità caratteriale di tutti, e dico tutti, i calciatori dell’Inter.
Non metto in dubbio la loro serietà e l’impegno che mettono in ogni allenamento, chi li definisce mercenari commette un grosso errore di valutazione. Forse durante la gestione Mazzarri qualcuno ha perso stimoli, avvolto e travolto da un contesto così emotivamente instabile da privare chiunque delle proprie sicurezze, a partire dall’allenatore (unico, vero motivo per cui sobbarcarsi un carico finanziario come quello dell’avvicendamento in panca). Ma anche con un tecnico sorridente, pluridecorato, ben voluto e sicuro di sé questi giocatori hanno confermato i propri limiti, dimostrando di non avere i cosiddetti ‘attributi’ per fare la voce grossa contro qualsivoglia avversario, a prescindere dal suo ceto sociale. Perdere o lasciare punti per strada contro squadre come Parma, Udinese, Verona, Cagliari, Torino e Palermo indica chiaramente che il vero gap non è tecnico o qualitativo, neanche tattico a essere pignoli. Significa non avere la benché minima resistenza mentale di fronte alle prime difficoltà. E a certi livelli ce ne sono.
Non appena l’avversario di turno, come uno squalo che sente l’odore del sangue, intuisce l’opportunità di far male, alza il volume e il ritmo del proprio gioco e colpisce duramente. È successo all’inizio di molte partite, ma anche nelle seconde parti. Non c’è un periodo ‘no’ nell’arco di 90 minuti (magari si potrebbe ipotizzare la stanchezza fisica...), la differenza la fa il momento in cui l’Inter getta la maschera e palesa il suo sguardo preoccupato, se non atterrito. Colpa del Meazza, troppo esigente e sonoro? Forse, ma di brutte figure ne ho viste anche lontano da Milano. Colpa della difesa a tre? Non penso, alla fine era più solida di quella a quattro e i primi esperimenti di Mancini lo testimoniano. Colpa della qualità dei giocatori? In parte, ma in Serie A c’è di peggio e ci sta davanti in classifica, anche di molto. Colpa degli infortuni? No, sarebbe solo una giustificazione e in questi ultimi mesi ne abbiamo sentite troppe.
Non mi resta che la solita risposta: carenza psichica di un gruppo che livella verso il basso anche il singolo che, per esperienza e peculiarità, dovrebbe avere le spalle più forti. Gente come Vidic, che ne ha viste di ogni; come Medel, protagonista con il Cile ai Mondiali; come Guarin, che prenderebbe a testate persino i muri se lo ritenesse opportuno; o come Osvaldo, che ha una personalità talmente controversa da non temere nulla, avrebbe tutte le qualità per trascinare compagni meno esperti o sicuri. Ma si lascia trascinare dalle onde piuttosto che remare controcorrente. Mi sbaglierò, ma dall’esterno vedo sempre undici giocatori vittime del ‘vorrei ma non riesco’, che alle prime gocce di pioggia corrono a ripararsi invece di affrontare l’acquazzone petto in fuori e sguardo avanti, come altri nerazzurri ci hanno abituati in passato. A questa rosa mancano proprio le personalità forti che possano guidare la squadra nei momenti meno agevoli, che sappiano cosa fare quando i compagni si guardano intorno con fare interrogativo. Non basta un allenatore che si faccia rispettare, anche in campo serve chi possa agire da leader.
La società, liberandosi dei veterani a fine contratto, ha scelto consapevolmente di rinunciare anche alla loro presenza scenica, che pur in età avanzata dava sempre sicurezza al gruppo. Decisione legittima in fase di ricostruzione. Ma senza sostituirli a dovere, limitandosi a scommettere sulla qualità dei nuovi innesti, oggi si trova a constatare un profondo rosso tecnico oltre che finanziario. Sono francamente preoccupato, perché il carattere o lo hai dentro o è difficile inventarlo e un bravo allenatore può solo tirartelo fuori. E se questi giocatori non ne avessero se non durante le interviste, sempre cariche di buona volontà e di grinta? Non è un j’accuse nei loro confronti, se uno nasce tondo non muore quadrato. Ciascuno può arrivare in fondo alla propria carriera con soddisfazione. Ma l’Inter ha bisogno di ben altro per onorare il proprio nome. Per indossare questa maglia non ci si può nascondere alle prime difficoltà, non ci si può accontentare dell’impegno. Serve di più e la classifica imbarazzante di oggi lo testimonia.
Dubito che a gennaio Ausilio possa regalare a Mancini un paio di leader, per questo confido nel lavoro del Mancio. Mi auguro che bastino un paio di tasselli giusti per aumentare anche il rendimento degli altri giocatori, non sarebbe la prima volta nella storia del calcio. Chissà che, con due risultati positivi pre-festivi, tutti i calciatori non guadagnino in termini di sicurezza e fiducia e si convincano di poter dare di più. Lo devono a loro stessi, ai tifosi e soprattutto alla storia del club che rappresentano. Quella no, non si può ridimensionare come tutto il resto.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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