No alla Superlega. Javier Tebas, intervistato dalla Gazzetta dello Sport, parla chiaro: "Vogliono distruggere i campionati nazionali, ed è inammissibile. Lotteremo con ogni mezzo legale a nostra disposizione per impedirlo", dice il presidente della Liga spagnola.

Le motivazioni della sua avversione?
"Ho definito il progetto di Andrea Agnelli e di alcuni altri membri della direzione dell’Eca come una cattiva idea. Perché si tratta di un modello pensato senza aver alcuna conoscenza degli effetti che si produrranno nel calcio nazionale e nei vari club. E che tra l’altro non funzionerà. Pensano di poter creare una competizione che avrà un successo strepitoso e decisamente non è così".

Cos’è che non le piace?
"Questa che propongono non è una riforma della Champions League, no. Questa è una nuova competizione alla quale hanno solo lasciato il nome di Champions League. È completamente diversa dall’attuale: posti fissi per le squadre storiche, partite nei weekend e soprattutto riduzione dei campionati da 20 a 18 squadre. Sono misure che comportano un contraccolpo immediato nei campionati nazionali: sensibile riduzione delle entrate per le squadre e quindi, conseguenza diretta, la riduzione degli stipendi dei calciatori e la perdita di posti di lavoro. Passare da 20 a 18 ridurrebbe di un 40% il volume d’introiti dei club di un campionato, perché si toglie spazio a una competizione per darlo a un’altra che è una nostra concorrente diretta. La Liga in Spagna contribuisce all’1,37% del Pil. Riducendo le squadre e mollando i weekend passeremmo alla metà di quella cifra. E lo stesso vale per i posti di lavoro, che passerebbero da 150 a 80mila. E questo a beneficio di chi? Dei grandi club. A me sembra che chi ha già 5 Ferrari in garage stia lottando per poter averne 8, mentre è nostro obbligo proteggere i club più piccoli e le federazioni più povere. Il calcio non può essere ridotto ad un pugno di squadre. È la base del movimento che rende forte il nostro sport. E per questo non capisco il favore della Uefa a questa idea, l’ho già detto e lo ribadirò al presidente Ceferin".

Diceva che il progetto non funzionerà.
"Sì. Chi promuove questo modello ignora completamente il mercato audiovisivo. Ho sentito dire che ci sono presidenti di club favorevoli al progetto che arrivano ad affermare che incasseranno 900 milioni di euro all’anno in diritti tv: è impossibile, è una follia, una sciocchezza. E poi c’è un tema di vasi comunicanti: non solo non è vero che produrranno più introiti, alcuni club incasseranno qualcosa in più ma lo faranno togliendo risorse ai campionati nazionali, e finiranno per ucciderli. Cosa che a lungo termine finirà col pregiudicare anche quegli stessi grandi club. Non si rendono conto che in Europa nei singoli Paesi ciò che attrae veramente la gente sono le proprie squadre di club. Mettiamo un sabato sera in televisione in Italia un Tottenham-Borussia Dortmund o un Inter-Juventus: cosa guarda la gente? Io li conosco i dati di audience delle partite di calcio internazionale in Italia: sono ridicoli rispetto a quelli delle partite di Serie A. Per questo dico che non sanno ciò che dicono e quello che fanno. La gente è legata al proprio campionato, al campanile. La Champions League è stata creata per giocarsi a metà della settimana e lì deve restare: il piatto principale del calcio in Europa è composto dai vari campionati, che storicamente si sono sempre giocati nei weekend. Modificare questa struttura significa modificare la struttura economica del calcio ed è un rischio per l’industria calcio. E infatti non è un caso che Premier League e Bundesliga abbiano già bocciato l’idea della Eca. Ripeto: non hanno studiato a fondo il tema e per questo dico che è un’idea da bancone del bar. Noi sì che abbiamo approfondito la questione e il 7 maggio nella riunione delle leghe europee presenteremo uno studio che ratificherà quanto le sto dicendo ora".

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Sezione: Rassegna / Data: Ven 12 aprile 2019 alle 10:28 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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