"Se la curva dei contagi non risale, io penso che si debba ripartire. Con un impegno: se qualcosa va storto, dobbiamo essere pronti a riconsiderare il calcio la più importante delle cose non importanti". Lo dice Arrigo Sacchi, intervistato dal Corriere dello Sport

In quel caso chi sta avanti vince? 
"No, in quel caso non vince nessuno. Ma io sono un ottimista, spero che l’epidemia ci darà tregua e magari a settembre sarà anche possibile riaprire gli stadi". 
 
I tedeschi ci insegnano qualcosa? 
"Loro sono strateghi, e dalle grandi crisi si esce con una visione di futuro. Noi siamo tattici, facciamo fatica a capire la straordinarietà di questo momento storico". 
 
E il calcio? A proposito di avidità, che pensa di quei presidenti che hanno tramato per fermare il giocattolo, pensando di non pagare gli stipendi dei calciatori e pretendere il pagamento dei diritti tivù? 
"La maggioranza di loro ha votato per continuare". 
 
E i furbi? 
"Ci sono club che sono andati oltre le loro possibilità. Però sono stati una minoranza, vuol dire che qualcosa sta cambiando. Stimo Gabriele Gravina, che ha dimostrato il suo coraggio fin da quando con una piccola società di dilettanti è arrivato in serie B. È la prova che le buone idee e una componente di rischio intelligente possono valere più dei soldi, perfino in un Paese che ha eletto i soldi a valore primario". 
 
Il calcio a porte chiuse sarà più coraggioso? 
"Non credo, è come recitare in un teatro vuoto. Ti viene paura. La differenza la fanno le personalità". 
 
Vuol dire che nella sfida per lo scudetto deciderà la maturità dei campioni? 
"Non solo. Contano anche e soprattutto i club. Due anni fa la Juve perde con l’Inter a Milano due a uno e rischia il sorpasso del Napoli. In dieci minuti Cuadrado e Higuain ribaltano il risultato e blindano lo scudetto. Ma il merito non è solo loro. L’impresa è figlia del carattere che passa tra le generazioni e si fortifica nella storia di una società".  
 

Vuol dire che la Lazio non ha chance? 
"La Lazio sta inseguendo un sogno. Se vince, chapeau. Ma la sua storia non è paragonabile. E la storia conta. In ogni caso Lotito dimostra di avere una coerenza tutta sua". 
 
Si spieghi meglio. 
"Per vincere ci vuole entusiasmo, buon senso e perseveranza. La prima e l’ultima non gli mancano". 
 
Ma la storia della Juve non è un po’ sfilacciata? 
"Il suo limite è di essersi sempre accontentata di una storia nazionale. Cioè di aver puntato sul proprio potere economico e sulla capacità di gestire i campionati, meno su quella di far crescere il nostro calcio. Se vai a vedere quante volte, tra il 1989 e il 2002, le italiane sono salite sul trono d’Europa, ti rendi conto di quanto diversa era quella stagione". 

Sezione: Rassegna / Data: Dom 24 maggio 2020 alle 10:56 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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