C'è anche una parte di intervista che riguarda l'aspetto politico del calcio nelle parole di Beppe Marotta oggi alla Gazzetta dello Sport. L'a.d. sport dell'Inter ha parlato di "schiaffi presi" dopo il consiglio federale, con chiaro riferimento alla bocciatura della linea sposata in larghissima maggioranza dalla Lega di A per la ripartenza della stagione.

Gli "schiaffi" di cui parla sono quelli della Figc alla Lega?
"Esatto. Quanto deciso dal Consiglio Federale (in caso di stop il campionato si conclude con playoff e playout o in second’ordine con l’algoritmo, 18 voti favorevoli, contraria solo la Serie A, ndr) è l’ulteriore prova di come non ci sia un equilibrio di governance all’interno del sistema calcio".

Come se ne esce?
"Le regole vanno date dai protagonisti. Una volta la Serie A era la locomotiva dell’intero sistema. Ora come ora, invece, la situazione è ingestibile: la Lega garantisce il 90% del fatturato del mondo calcio, un gettito intorno al miliardo, eppure è un mondo che non ha una sua autonomia. Ecco perché guardo con molta ammirazione alla Premier League. Bisognava suggerire soluzioni, ragionare su un orizzonte molto più ampio di una singola stagione. E invece qualcuno si è perso in atteggiamenti egocentrici, in esibizioni muscolari".

Perché, in questi tre mesi, tanto silenzio da parte dell’Inter sul tema ripartenza?
"Il silenzio era motivato dal rispetto per una situazione drammatica e in continua evoluzione. L’obiettivo della società era ed è quello di garantire la massima sicurezza e tutela dei nostri dipendenti. Ma la società è un’azienda, che ragiona come tutte le attività d’impresa. Sintetizzando, possiamo dire: più che “abbiamo voluto riprendere”, è giusto dire “abbiamo dovuto riprendere”. Anche se comprimere in due mesi tutte le partite ci porta a grandi rischi patrimoniali, legati ai possibili infortuni. Oltre che all’incertezza sullo spettacolo, forse. Alternativa? Unificare l’anno solare e predisporre un format diverso per il prossimo campionato, questa poteva essere l’idea".

Capitolo quarantena e diritti tv.
"La prima è la prossima battaglia che spetta a Gravina e a Dal Pino: far capire ai nostri governanti che una quarantena così pensata genera molte incertezze. Speriamo che la curva dell’epidemia diminuisca e che il Cts possa rivedere la sua posizione. Sui diritti tv, spero che con i broadcaster si trovi una soluzione: per i club, senza i versamenti delle tv, è un grosso guaio".

Guaio è anche giocare senza spettatori, però.
"Questo campionato dobbiamo cercare di concluderlo. E tutti vorremmo avere i nostri tifosi. Uso le parole di Desmond Morris nel libro “La tribù del calcio”: il calcio senza spettatori è pari allo zero. Zero emozioni: ve lo dico per certo, anche i calciatori ne sono condizionati".

Sezione: Rassegna / Data: Mar 09 giugno 2020 alle 07:45 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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