Cesare Prandelli è originario di Orzinuovi, 30 km da Brescia, una delle aree più flagellate dal coronavirus. Alla Gazzetta dello Sport, l'ex c.t. racconta: "Ero lì tre settimane fa, da mia mamma. Domenica mattina in piazza, a chiacchierare con gli amici di una vita. Girava già la voce della chiusura totale. Si parlava di una sfida a bocce con una società di Codogno che era venuta a Orzinuovi. Un paio di persone che erano state al bocciodromo risultavano contagiate. Qualcun altro parlava di torneo di carte. Qualcuno della fiera del fieno che ha sempre attirato in paese gente di Cremona e Lodi. Avevo impegni di lavoro a Firenze. Sono ripartito. Il giorno dopo è diventata zona rossa. Terribile. Ho perso molti amici e conoscenti: un prete, un medico, un rappresentante... A Orzinuovi, 13.000 abitanti, morivano in media 100 persone all’anno. Ne sono morte 90 in tre settimane. Una strage. L’altra mattina hanno celebrato 13 funerali. E poi gli amici e i conoscenti di Brescia".

"Non sarà mai più come prima. Usciremo da questo incubo diversi, in un’Italia migliore, spinta sulla strada giusta dal dolore sofferto - sototlinea Prandelli -. Il calcio? Per ora ho un sentimento di repulsione. Io associo il calcio al divertimento, alla gioia. Questo non è il momento del calcio. Però mi aspetto che questa tragedia faccia crescere anche il calcio come il Paese. Capisco che il calcio sia azienda e abbia le sue preoccupazioni, ma sarebbe immorale ridursi a discutere di stipendi quando la gente muore e perde il lavoro. Si è voluto mandare avanti il carrozzone a tutti i costi, tra porte aperte e chiuse, con le conseguenze che sappiamo. Davanti a certe logiche, resto disgustato. Mi auguro che la ripresa non sia affrettata. Le condizioni di sicurezza non bastano. Servono tempo e sensibilità".

Sezione: Rassegna / Data: Ven 27 marzo 2020 alle 10:55 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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