"E pensare che la stagione non era iniziata un granché bene. Eravamo stati eliminati in Coppa Italia dalla Fiorentina a settembre, sul campo neutro di Piacenza, e subito erano iniziate un sacco di polemiche". Andrea Madorlini, intervistato da Tuttosport, ricorda la stagione 1988/89, quella dell'Inter dei Record. 

Cosa vi ha fatto svoltare e iniziare a macinare risultati? 
"Proprio l’eliminazione in Coppa Italia è stato uno dei momenti chiave. I giornali stavano attaccando Trapattoni: in tanti anni alla Juve non gli avevano potuto fare una critica, perché vinceva quasi sempre, da noi era al terzo anno e sembrava non arrivassero i risultati. Per cui ci riunimmo noi giocatori che eravamo all’Inter da qualche anno e andammo in camera dal Trap per dirgli di non preoccuparsi, lo spogliatoio era con lui. Da lì, secondo me, la squadra si è compattata ed è partita a tutta forza".  

Quanto peso ha avuto l’arrivo in quell’estate di Brehme e Matthäus per rinforzare la squadra? 
"Loro sono stati fondamentali. Ma credo che un altro fattore importantissimo fu Ramón Díaz. Il club aveva già acquistato Rabah Madjer che non superò le visite mediche. Allora presero Ramón, che non partì benissimo ma è diventato fondamentale da dicembre in poi, permettendo anche ad Aldo Serena di segnare tantissimo e diventare capocannoniere". 

C’è stato un momento in cui avete iniziato a capire cosa stavate costruendo? 
"Faccio fatica a trovarne uno, perché vincevamo quasi sempre ma rimanendo una squadra molto umile, visto come eravamo partiti in sordina. Nel girone di andata, a parte l’ultima gara con la Fiorentina, le avevamo vinte quasi tutte, ma guardavamo il campionato un passo alla volta. Pian pianino è nata in noi la consapevolezza di essere una squadra che poteva fare qualcosa di straordinario. Forse uno dei momenti chiave è stata la vittoria a Genova con la Sampdoria, ma non perché ho segnato io, ma perché le vittorie di misura erano quelle che davano più fiducia. Anche a campionato assegnato, quando avremmo anche potuto lasciare qualcosa, abbiamo continuato a vincere con grande naturalezza e con risultati molto ampi". 

Quel gol alla Sampdoria perché è stato tanto importante? 
"Perché ha un po’ chiuso i giochi, poi è stato anche il gol vittoria, ogni tanto lo rivedo e mi fa sempre piacere. A quel punto del campionato, abbiamo capito che lo scoglio più grande sarebbe stato poi lo scontro diretto con il Napoli, gara che per me è stata la più bella del campionato: abbiamo vinto 2-1 dopo essere passati in svantaggio. È stato il coronamento di un’annata fantastica, senza nulla voler togliere ad altri momenti importanti. Il Napoli era una grande squadra di campioni e vincere in casa in rimonta, con tutta la gente che esulta è stato il momento che più mi è rimasto nel cuore. Se chiudo gli occhi lo rivedo".  

Lo scudetto dei record è il traguardo a cui lei è più legato tra quelli ottenuti con la maglia dell’Inter? 
"Intanto credo che l’Inter, per quanto era forte, avrebbe potuto vincere almeno altri due scudetti. Il primo nel 1984-85, quando in squadra c’erano Rummenigge e Altobelli, ma per tanti motivi non siamo riusciti ad imporci in campo. Lo scudetto poi l’ha vinto il Verona e sono contento anche per loro, visto che è un club a cui sono molto legato. Ma anche nel 1990-91, abbiamo vinto una Coppa Uefa molto importante, ma in campionato avremmo potuto fare meglio. Però, senza dubbio, lo scudetto dei record è qualcosa di incredibile". 

Sezione: Rassegna / Data: Dom 12 aprile 2020 alle 10:27 / Fonte: Tuttosport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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