Le norme anti-razzismo sacrificate sull’altare della sicurezza. Questo quanto scrive oggi la Gazzetta dello Sport, che prende una posizione chiara contro la morbidezza delle istituzioni sul tema degli insulti razzisti negli stadi. È l’indicazione raccolta nei commenti, rigorosamente off the records, del giorno dopo (Milan-Lazio, ndr) - si legge -. A parte il solito appello, stavolta firmato dalla Lega di A, perché le forze dell’ordine «individuino i responsabili» della vergogna di San Siro, ieri le istituzioni calcistiche sono rimaste in silenzio. Nessuno ha voluto prendere posizione sulla mancata interruzione della gara, ma in molti, anche in ambienti federali, hanno sottolineato il «buon senso» con cui tutti, dagli ispettori federali agli ufficiali di gara, hanno gestito la serata, consapevoli delle possibili ricadute che interventi più drastici, l’interruzione temporanea o addirittura la sospensione della partita, avrebbero avuto sulla gestione del deflusso degli oltre sessantamila spettatori. I due annunci diramati dallo speaker, pur senza interrompere il gioco e radunare le squadre a centrocampo come prevede il comma 8 dell’articolo 62 delle Noif, sono stati ritenuti tutto sommato «sufficienti» per la «dimensione» e la «percezione» del fenomeno, decisamente «inferiori» a quelle registrate in occasione dei buu a Koulibaly in Inter-Napoli del 26 dicembre scorso. Gli ululati, i cori e le banane indirizzati a Bakayoko (e in misura minore a Kessie), invece, hanno coinvolto una «minoranza della minoranza» dello stadio. E se quelli, probabilmente anche per il clima censorio che la morte dell’ultrà Belardinelli aveva provocato, meritarono la chiusura del settore di San Siro da cui erano partiti – la Nord nerazzurra –, questi difficilmente faranno scattare un provvedimento analogo per la curva laziale. Se usasse lo stesso metro, infatti, il giudice sportivo dovrebbe chiuderla proprio in occasione della finale del 15 maggio, con tutti i rischi per l’ordine pubblico che anche qui ne conseguirebbero".

Una situazione grottesca. E ancora la rosea aggiunge: "La Figc difende l’operato dell’arbitro e degli ispettori federali. Il presidente Gabriele Gravina ribadisce di aver fatto tutto quello che era in suo potere per snellire la procedura di interruzione delle gare in caso di manifestazioni razziste o discriminatorie. Ma l’articolo 62 delle norme organizzative interne non chiarisce a scanso di equivoci, appunto, se la responsabilità di interrompere la gara o addirittura sospenderla sia unicamente del funzionario del Viminale o se l’arbitro, con una buona dose di coraggio, possa effettivamente procedere autonomamente, almeno nel primo caso".

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Sezione: Rassegna / Data: Ven 26 aprile 2019 alle 11:38 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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