Dal "pirla" al "monaco del Tibet", dalla "prostituzione intellectuale" allo "Zeru tituli", fino al famigerato "rumore dei nemici": José Mourinho, in soli due anni di Inter, ha ribaltato la comunicazione. Oggi la Gazzetta dello Sport ne ricorda le perle elargite in conferenza stampa.


Pirla no - Il primo botto verbale alla conferenza stampa di presentazione ad Appiano, il 3 giugno 2008. Domanda di un cronista inglese: «Pensa che Lampard potrebbe trovarsi bene nel calcio italiano?». Risposta: «Perché mi chiedi di un giocatore del Chelsea?». Cronista inglese: «E’ un modo furbo di riproporre il tema che lei ha appena evitato». E lui: «Sì, siìì... Ma io non sono un pirla». Boato in sala. Mourinho appena arrivato dice «pirla», cioè scemo, una delle parole più milanesi che ci siano. Come farsi accettare in un nanosecondo. Grande lezione di psicologia spicciola. 

Monaco di Tibet - Settembre 2008, l’Inter batte il Catania e Pietro Lo Monaco, a.d. del club siciliano, attacca Mourinho con frase pesante: «E’ uno da prendere a bastonate nei denti». Risposta di José a stretto giro di posta: «Io conosco il monaco di Tibet, il Principato di Monaco, il Bayern Monaco, il Gran Prix di Monaco. Non ne conosco altri. Se questo Lo Monaco vuole essere conosciuto per parlare di me, mi deve pagare tanto». Parole che ci sono rimaste in testa. Ogni volta che si parla del Dalai Lama o del Principe Alberto, nel cervello di molti si attiva un retropensiero: monaco di Tibet, Principato di Monaco, l’atlante geografico di Mou. 

Prostituzione intellectuale - Primi di marzo del 2009, l’Inter fa 3-3 con la Roma. I nerazzurri godono di un inesistente rigore a favore. Mourinho così replica: «A me non piace la prostituzione intellectuale, a me piace l’onestà intellectuale. Mi sembra che negli ultimi giorni ci sia una grandissima manipolazione intellectuale, un grande lavoro organizzato per cambiare l’opinione pubblica, per un mondo che non è il mio». «Intellectuale», con la c, perché così pronunciò l’aggettivo il portoghese Mou. L’espressione ha valicato ogni confine, è diventata d’uso comune nella politica e altrove, anche se va precisato che trattasi di citazione. Il «copyright» appartiene al giornalista americano John Swinton (1829-1901), che nel dare l’addio al New York Times fece «coming out»: «Chi può parlare di stampa indipendente? Noi (sottinteso i giornalisti, ndr) siamo i burattini ed i vassalli degli uomini ricchi che si nascondono dietro la scena. Noi siamo delle prostitute intellettuali». 

Zeru tituli - Quel giorno Mou era in grande forma. Nella stessa conferenza stampa della «prostituzione», infilò un’altra perla nel braccialetto: «Negli ultimi due giorni non si è parlato della Roma che ha grandissimi giocatori, ma che finirà la stagione con zeru tituli. Non si è parlato del Milan che ha 11 punti meno di noi e chiuderà la stagione con zeru tituli. Non si è parlato della Juve che ha conquistato tanti punti con errori arbitrali». Zeru tituli, potenza di una distorsione, di una doppia u che in italiano non è prevista. Zeru tituli, e nulla fu come prima. 

Il rumore dei nemici - Il più cinematografico degli aforismi di Mou, dettato alla stampa nell’agosto del 2009: «Una delle cose che mi piacciono veramente dell’Italia è il rumore dei nemici». Discreta assonanza con la celebre frase del colonnello Kurtz in «Apocalypse now»: «Mi piace l’odore del napalm al mattino». Nel film, Kurtz è interpretato da Marlon Brando e il cerchio in qualche modo si chiude: Mourinho sembra il Marlon Brando degli allenatori. 

Sezione: Rassegna / Data: Gio 06 febbraio 2014 alle 12:45 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
vedi letture
Print