Dall'Inter alla Sampdoria. La rinascita di Antonio Candreva passa anche dall'esperienza in Liguria, come racconta l'esterno al Corriere dello Sport: "Sono contento del mio rendimento, un po’ meno pensando alla squadra. Sei felice quando si raggiungono gli obiettivi comuni. C’è stata qualche difficoltà, sinora siamo stati discontinui. La passione per il calcio è immensa. L’entusiasmo mi fa andare avanti. E qui ci sono le condizioni per esprimersi bene. Sono arrivato a Genova, un anno fa, venendo da una stagione particolare. La finale di Europa League a fine agosto, sono andato via dall’Inter al termine di un mercato chiuso il 5 ottobre. Tutto di corsa, senza ritiro estivo. Nella seconda metà del campionato, io e la Samp siamo venuti fuori meglio, chiudendo al nono posto con 52 punti. Ora siamo altalenanti, ma abbiamo tutte le capacità per ripeterci".

L’ultima partita azzurra di Candreva risale al marzo 2018 a Wembley con l’Inghilterra. Tridente con Immobile e Insigne, staffetta con Chiesa. Quante coincidenze. Ci ha pensato guardando la finale dell’Europeo?
"Ricordo quella partita. Era il periodo di transizione con Di Biagio, dopo un paio di mesi sarebbe arrivato Mancini per aprire un nuovo ciclo. L’Europeo l’ho seguito da tifoso e sono orgoglioso della Nazionale. Torneo super, complimenti. Tutti ci siamo divertiti a vedere gli azzurri. Si è riassaporata la voglia di Nazionale. Wembley, visto dall’interno con 80 mila spettatori, è uno stadio fantastico. Vincere in casa dell’Inghilterra è stato ancora più bello".

Ha pensato, anche per un solo istante, ci sarei potuto essere...
"Ma no. E’ stato bello guardarli e tifare. Un gruppo giovane, stanno facendo bene. Si stanno imponendo nei loro ruoli e in Nazionale. Sono un vecchietto e quindi...".

Per il modo in cui sta giocando, anche a 34 anni, non sembra. Se Mancini chiamasse?
"Direi sì. Sarei onorato e orgoglioso di far parte di un gruppo che ha vinto l’Europeo, indossando di nuovo una maglia gloriosa. E’ la nostra Nazionale. Siamo tutti un blocco unico quando scende in campo".

Sembrava perso il senso di appartenenza alla Nazionale.
"Sì, un pochino si era perso e Mancini l’ha riportato. Vista dall’esterno, l’atmosfera mi è sembrata simile a quella creata nel biennio di Conte. Noi, quando siamo usciti ai rigori con la Germania, eravamo dispiaciuti di tornare a casa, volevamo rimanere tutti insieme perché eravamo diventati una grande famiglia. Da fuori, durante l’Europeo, si percepiva l’unione e la compattezza degli azzurri. Tornavano dalle partite con la musica, con l’entusiasmo, con i sorrisi. Affrontavano le partite con la consapevolezza di poterle vincere".

Quando Candreva è arrivato all’Inter, estate 2016, Mancini se n’è andato dopo una decina di giorni. Nel 2018 arrivò a Coverciano e si chiuse la sua avventura azzurra.
"Sì, è vero... (risata, ndr). All’Inter, quando arrivai, è durato dieci giorni o nemmeno, forse una settimana. Il tempo di un’amichevole con il Tottenham e poi andò via. Si vede che il destino mi allontana da Mancini".

Cosa le ha dato Conte di diverso?
"Mi ha migliorato, non avrei mai pensato di fare quel ruolo nel 3-5-2. Coprire tutta la fascia è dispendioso, bisogna mettere attenzione in fase difensiva e devi lo stesso essere determinante in attacco. Conte mi ha completato anche dal punto di vista mentale. Come affrontare l’allenamento, il modo di andare in campo e vincere le partite. Ti entra nella testa". 
Sezione: Rassegna / Data: Sab 04 dicembre 2021 alle 10:36
Autore: Stefano Bertocchi
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