Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, sarà anche il numero uno della Lega di Serie A? "Sono un civil servant - dice al Corriere dello Sport -. Lo spirito di servizio è la mia bussola. Se la sesta industria del Paese lancia un grido d’allarme, posso tirarmi indietro?". 

"Sul mio nome ho chiesto ampia convergenza. Deve essere chiaro a tutti che è così. Altrimenti, ognuno resta a casa sua". Messaggio chiaro. "La litigiosità è dovuta a uno scontro di interessi. C’è chi vuole gestire il calcio come un feudo personale, e chi lo vuole portare nel futuro. Bisogna imparare dallo sport professionistico per eccellenza, quello americano: anche tra i proprietari dei club dell’NBA c’è una dialettica talvolta aspra, ma poi si converge sempre su un obiettivo comune. Qui invece vince l’interesse più miope, più breve e più parziale. Guardate quello che è accaduto sui diritti tv. Si è preferito rinunciare a espandere i ricavi, pur di mantenere il controllo sul sistema".  

"La Premier fa affari d’oro con i diritti tv esteri, noi prendiamo gli spiccioli su YouTube. Perché non gestiamo bene i rapporti internazionali - attacca Bonomi -. La vera sfida non è tra big e piccoli, ma tra chi vuole un calcio migliore e chi invece lo vuole così com’è. A questi ultimi capisco che la mia indipendenza dia fastidio. Le stelle americane sono tra i professionisti dello sport più pagati al mondo. Bisogna però riconnettere il denaro al merito, cioè ancorare gli investimenti alla corretta previsione del ritorno economico. E, più di tutto, bisogna allargare la torta. Il fair play finanziario deve essere ferreo. E niente finte compravendite per gonfiare gli attivi patrimoniali. Superlega? È l’esigenza di crescere. Se il calcio resta un mercato fermo, è ovvio che i più attivi cerchino mercati alternativi. È una legge economica elementare. Nessuno, neanche i club che hanno aderito alla Superlega, volevano smontare il calcio. Le due dimensioni, nazionale e sovranazionale, devono essere conciliabili. Un campionato sovranazionale va sempre collegato al merito sportivo. Su questa certezza non si transige. Lo spirito dell’industria calcistica è il sogno. Anche il Leicester o il Cagliari devono poter vincere il titolo". 

Sull'idea di inserire i playoff: "Gli sport americani sono tutti basati sui playoff. Chi sta davanti in campionato gioca in casa nella fase finale, ma rischia fino all’ultimo secondo. Queste riforme si possono e si devono fare insieme. Se si vuole fare, bene. Se no, lo ripeto: non sono disponibile e non antepongo certo un compito impossibile al mio primo dovere, che è e resta Confindustria. Per chi tifo? Per l’Inter. Chiunque tifa per una squadra. Se non lo fa, non ama il calcio. L’indipendenza è un’altra cosa".

Sezione: Rassegna / Data: Mar 22 febbraio 2022 alle 11:16 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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