Bruno Bartolozzi è stato team manager dell'Inter ai tempi di Hector Cuper. Oggi, sul Corriere dello Sport, l'ex dirigente nerazzurro ricorda l'incrocio tra la Beneamata e Cristiano Ronaldo, avvenuto nell'estate del 2002 durante il preliminare Champions ai tempi dello Sporting. Match d'andata a Lisbona, partita finita 0-0. 

"Mezz’ora, poco più. Ma non era quel Ronaldo a preoccupare l’Inter di Hector Cuper e Massimo Moratti il 14 maggio 2002 a Lisbona. Era l’altro. Quello che noi adesso chiamiamo Ronaldo il Fenomeno. Ma che fu il primo e forse resterà inimitabile. Ronaldo il Fenomeno aveva lasciato impronte d’artiglio su quell’estate terminata per lui in un trionfale riscatto: Mondiale in Giappone e titolo di cannoniere. L’addio, però, proprio verso Madrid, era già pronto e così l’Inter a tre mesi dallo choc del 5 maggio sentiva l’arrivo di un altro uragano: il Fenomeno, l’allora R9, per restare agli acronimi, stava per andarsene, fra polemiche e vacanze che si prolungarono oltre quel preliminare di Champions League. Un preliminare vissuto dagli interisti come il purgatorio, da scontare per colpa di quella maledetta domenica contro la Lazio. Le squadre sono un po’ come le famiglie delle grandi letterature: quelle felici si somigliano, quelle infelici lo sono ciascuna a modo suo. E quell’Inter era capace di attirare infelicità con tale energia da scovare in ogni piega del destino un angolo di magia nera. Sempre diversa, sempre inaspettata, persino evocata. «Ma insomma, abbiamo lasciato Ronaldo in Brasile, gli facciamo fare quello che vuole, gli abbiamo risparmiato il ritiro a Ferragosto e, pensate se alla fine ci fa gol questo ragazzino, Ronaldo dello Sporting. Pare sia un marziano». Ognuno, a questa frase, buttata lì nel silenzio del trasferimento a Lisbona, fece finita di non aver sentito. Ma quella sera d’agosto le nubi sopra l’Alvalade di Lisbona lasciarono filtrare raggi di luna e, dal 59’ della ripresa, apparve l’esile sagoma di Cristiano, entrato per mettere in crisi l’Inter in una partita avviata allo zero a zero. Cristiano entrò e fu il suo esordio assoluto. Eppure quella frase ascoltata durante il ritiro danzò tra di noi. Anche se nessuno provò a ripeterla: «E se adesso ci fa gol proprio Ronaldo?». Non c’erano i muscoli, nessuno badò agli addominali, né ci furono punizioni da battere, né, perciò, il ragazzino con la maglia numero 28, pensò di arrotolarsi i pantaloncini, Aveva ricci ampi e scuri sulla testa, si muovevano con le sue finte e la sua corsa. Passò e ripassò sulla fascia. Da una parte o dall’altra. Senza preferenze. Mandò in affanno Coco, ricevette cortesi angherie da Di Biagio e poi da Almeyda. Lo vidi in viso a pochi metri recuperare un pallone e sorridere. Quel sorriso mi rimase impresso. Sembrava che l’emozione e forse persino la pesantezza del compito assegnato non gli pesasse. Poi sbagliava, e sbagliò: qualche controllo, un paio di servizi verso i compagni che provavano a dare ordini al ragazzino. Pochi scambi con Quaresma, uscito di lì a poco. Già, Quaresma. L’unico in quella partita, insieme a Materazzi, a vincere poi tutto con Josè Mourinho. Sono passati 16 anni, la tua prima sfida, Cristiano, poi Cr7, fu all’Inter. Sarà così anche nell’ultima: dovrai provare a strappargli il Triplete". 

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Sezione: Rassegna / Data: Mer 11 luglio 2018 alle 11:53 / Fonte: Corriere dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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