"Adesso Mancini mi sembra più pacato, più sicuro: una sicurezza più consapevole, ecco. Diciamo che lo vedo più allenatore-manager". Questa l'idea di Renzo Ulivieri, uno che conosce bene l'attuale tecnico nerazzurro. "Tra noi c'è grande stima e, se così non fosse, non mi avrebbe chiamato appena tornato all’Inter - dice Ulivieri alla Gazzetta dello Sport -. Se mi stupisce il suo passaggio al 4-2-3-1? No, le ultime esperienze sono sempre quelle che ti danno le maggiori sicurezze e il primo istinto è adattare i giocatori al tuo sistema, oppure farteli comperare. In questo lui è sempre stato bravo e sa perché? Perché è stato un grande giocatore e chi lo è stato è più bravo a spiegare cosa serve per fare le grandi squadre: i grandi giocatori, appunto". Ulivieri, poi, ricorda il Mancini calciatore. "Furono due anni duri, spesso vedevamo le cose da due punti di vista diversi. Lui si sentiva un 10, voleva giocare mezzapunta; io lo vedevo Boninsegna, forse anche perché uno là davanti mi mancava. Lui ha fatto una carriera straordinaria, ma forse da punta pura lo sarebbe stata ancora di più, soprattutto in Nazionale. Anche perché allenandolo ho visto cose che forse in tanti non sanno. Era, o comunque sarebbe stato, fortissimo anche di testa: nella gambe aveva la dinamite e dunque uno stacco da fermo con il quale poteva mangiare il tempo anche ai difensori più mastini. E poi era velocissimo: sui 100 metri bruciava anche Vierchowod, meglio di lui solo Chiorri e Luca Pellegrini. Ha sempre scelto di usare soprattutto la tecnica, il talento: avesse puntato di più anche sul fisico, che aveva, sarebbe stato con anni e anni di anticipo il prototipo dell’attaccante moderno". 



 

Sezione: News / Data: Lun 05 gennaio 2015 alle 10:15 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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