Intervistato da El Pais, l'esterno sinistro dell'Atletico Madrid Guilherme Siqueira parla anche della sua esperienza, breve, all'Inter, quando ancora era giovanissimo (stagione 2005/06): "All'inizio fu dura, facevo avanti e indietro ogni tre mesi. Non avevo il passaporto italiano e l'Inter mi aveva dato comunque l'ok, ma solo per quando avrei avuto ogni documento in regola. Ero un po' scoraggiato, ma alla fine il passaporto arrivò e il club, nonostante mi infortunai alla caviglia, mi mise sotto contratto. Risiedevo in un posto che sembrava un convento: avevo una camera con letto e senza televisore. Nei fine settimana rimanevo solo, perché la maggior parte dei ragazzi erano italiani e uscivano con le loro famiglie: non avevo il telefono e dovevo attraversare un parco enorme per arrivare ad una cabina telefonica dalla quale poter chiamare a casa. Ai miei dicevo che li chiamavo da casa perché non si preoccupassero. Avevo una grande opportunità: arrivai con altri 4 ragazzi, e rimasi solo io".

Qualche informazione in più poi sull'esperienza nerazzurra: "Sono d'accordo con la voglia della FIFA di condannare trasferimenti di minorenni in cui dirigenti e club ingannano i giocatori, dipingendo una realtà falsa. Nel mio caso, fortunatamente, non fu così. L'Inter con me si comportò bene. All'epoca era allenata da Mancini e vedevo allenarsi gente come Veron, Adriano e Recoba, che mi 'usava' come uomo da mettere in barriera mentre si allenava sulle punizioni. Non avevo mai paura: sapevo sempre che le sue traiettorie non mi avrebbero mai colpito. Adriano, invece, è stata una delle migliori persone che abbia mai conosciuto nel mondo del calcio, si avvicinò molto a me quando mi conobbe, dicendomi che potevo contare su di lui per qualsiasi cosa. E vissi a casa sua per due mesi. La morte di suo padre lo distrusse, non riuscì mai a superarla e iniziò a comportarsi non da professionista".

Sezione: News / Data: Mer 25 febbraio 2015 alle 14:15 / Fonte: Gianlucadimarzio.com
Autore: Redazione FcInterNews.it
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