Luciano Castellini festeggia i suoi 70 anni e la Gazzetta dello Sport lo ha intervistato per l'occasione. "Sono sempre stato interista. A casa mia a Menaggio, sul lago di Como, ero il vice presidente dell’Inter Club locale. Giocavamo anche il torneo dell’oratorio con quel nome. Poi l’Inter mi diede l’opportunità di entrare nella famiglia e io la maglia nerazzurra me la sento addosso".

Massimo Moratti la mise anche in panchina... 
"Sapeva che ero uomo di società, apprezzava sempre se anteponevi l’Inter a tutto il resto. Ma sapeva anche che io ero di passaggio, era un ruolo che non faceva per me, non sarei mai stato pronto. Ancora adesso quando ci troviamo, quasi quasi parliamo in dialetto". 

Meglio il lavoro con i giovani portieri? 
"Sono felice di essere un esempio per i giovani: se vogliono i miei consigli sono pronto. E la sera quando tornano a casa mi piacerebbe se parlassero ai loro genitori di me come un nonno o uno zio che li allena. Facciamo un lavoro molto delicato, dobbiamo solo avere pazienza e accettare gli errori. Io da giovane ho avuto la fortuna di poter sbagliare. Il suggerimento migliore? “Gioca bene per te che vai bene per gli altri”". 

I portieri sono estroversi, perché lei è l’opposto? 
"Sono sempre stato un orso, ho dovuto cambiare quando ero in campo. Ora posso tornare orso. Ma quando vincemmo lo scudetto col Toro scoppiai a piangere in campo con Radice. Sono molto emotivo, in quella settimana persi 4-5 chili". 

Si soffriva a fare il vice di Zoff? 
"No, Dino è un amico. E batterà la malattia".

Sezione: News / Data: Sab 12 dicembre 2015 alle 11:00 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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