"Per i tanti interisti orfani di Massimo Moratti forse è arrivato il tempo di asciugarsi le lacrime (salva la gratitudine eterna per l’appassionato presidente del Triplete) e di riconsiderare la figura del suo successore: Erick Thohir. La caricatura dell’imprenditore interessato solo ai profitti, troppo lontano dal calcio per esserne competente e dall’Inter per innamorarsene, non regge più". Questo il punto di vista di Luigi Garlando, firma della Gazzetta dello Sport. "Ora appaiono visibili gli effetti della rivoluzione. Prima ha ribaltato come un calzino l’organigramma societario, dotandolo di competenze internazionali, poi quello tecnico con una rapidità d’azione dimenticata. In tre giorni sono arrivati Podolski, campione del mondo, e Shaqiri, uno dei giovani più quotati d’Europa. Non si combatte la crisi tirando la cinghia, ma investendo sul futuro. Gli analisti economici ce lo ripetono ogni 5 minuti. Il calcio non fa eccezione e aggiunge una sua micro-verità: fuori dalla Champions non c’è salvezza. Sembrava folle investire su un tecnico oneroso come Mancini avendo in carico i 3,5 milioni di Mazzarri fino al 2016. È stata la scelta più sofferta, ma decisiva. Non solo perché Mancini, come dimostrato a Torino, è in grado in poche settimane di trasmettere una mentalità vincente e un calcio coraggioso di respiro internazionale; ma soprattutto perché di Mancini i top-player si fidano e arrivano. Il suo curriculum e il suo carisma valgono come garanzia del progetto. E poi Mancini è uomo di polso e di regole. Al primo sgarro Osvaldo ha pagato. Un segnale importante per uno spogliatoio che negli anni scorsi è stato spesso ingovernabile. Il Mancio è il Che di Thohir, l’uomo più importante della rivoluzione: tattica, etica, d’immagine. Ma contano parecchio anche i Cienfuegos: il finanziario Michael Bolingbroke; Piero Ausilio, l’occhio tecnico; e soprattutto il d.g. Marco Fassone, tempo fa nel mirino della curva per i suoi trascorsi juventini e ora in prima fila in tutte le operazioni felicemente portate a termine. Dell’Inter di Moratti spesso si sorrideva per certe maldestre operazioni di mercato, per certi sperperi naif, per una bizzarra fisiologia societaria che spiazzava anche gli interlocutori: con chi parlare? Chi si occupa di cosa? L’Inter di Thohir ha maturato un rigoroso profilo aziendale con competenze ben definite e una nuova capacità operativa: ha puntato un tecnico e due giocatori di alto profilo ed è riuscita a prenderli con operazioni-lampo, pulite e scientifiche, in bilico sul fair-play finanziario. Non parametri zero e non negli ultimi giorni di mercato, ma all’inizio, quando è più difficile comprare, per guadagnare tempo nella rincorsa al posto Champions. «Non è da Inter questa inesorabilità…», potrebbe scherzare qualcuno. Appunto. Il campo dirà se la rivoluzione tecnica degli esterni offensivi frutterà gloria, la concorrenza ha preso atto che la rivoluzione di Erick ha già dato all’Inter nuova efficienza e nuova solidità. Gli orfani di Moratti possono asciugarsi gli occhi".

Sezione: News / Data: Ven 09 gennaio 2015 alle 10:14 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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