La crisi del capitalismo famigliare italiano comincia ad avere conseguenze anche nel mondo del calcio. Dopo la Roma, requisita alla famiglia Sensi dalle banche e poi ceduta in parte a una cordata di finanzieri americani, anche l’Inter è pronta a passare in mano straniera. Che l’accordo con il magnate indonesiano Erick Thohir – tycoon dei media e già padrone di alcune franchigie dello sport americano – preveda la cessione immediata di una quota di minoranza (40%) o di maggioranza (60%) e che il periodo di transizione verso il cambio di proprietà definitivo sia di uno o due anni, il dato certo è che la vendita dell’Inter è imminente. “Da tifoso ci credo” e “Questa settimana ci saranno degli incontri” sono le laconiche dichiarazioni con cui Massimo Moratti ha ammesso negli ultimi giorni la vicina conclusione di una lunga e complessa trattativa.

Il giorno del closing, calerà quindi il sipario su mezzo secolo di storia dello sport italiano. Dalla Grande Inter del padre Angelo con Helenio Herrera in panchina, suggello di una presidenza durata dal 1955 al 1968, fino al triplete di Mourinho nel 2010, culmine della gestione del figlio Massimo cominciata nel febbraio 1995, il connubio tra la società nerazzurra e l’industria petrolchimica italiana ha segnato un’epoca. Ma con la Saras che cede quote ai russi di Rosneft e non è più intenzionata a coprire i passivi di bilancio della squadra di calcio, diventa inevitabile la cessione del giocattolo di famiglia. Anche la società è cambiata, il calcio non è più il mezzo con cui i padroni si godono le domeniche di riposo e al contempo manipolano il desiderio delle masse, ma un business in cui servono capacità di competere sul mercato globale.

Sezione: News / Data: Mer 03 luglio 2013 alle 22:09 / Fonte: Il Fatto Quotidiano
Autore: Mario Garau / Twitter: @MarioGarau
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