Quando andavo all'università e iniziavo a muovere i primi passi nel mondo del giornalismo, ho imparato sostanzialmente due cose. La prima è che il lavoro del giornalista sportivo è estremamente complicato perché si rivolge a una platea di persone che spesso e volentieri ne sanno più di chi scrive, il che richiede un lavoro incredibile per mantenere il gap di conoscenza che convinca il lettore a leggerti. La seconda è che chi scrive di sport, nella fattispecie di calcio, non può permettersi di sapere solo di sport o di calcio. Da qualche anno a questa parte, infatti, il calcio ha cominciato a intrecciarsi con una miriade di altri argomenti. Noi giornalisti del mondo Inter ce ne siamo resi conto nell'ultimo periodo, quando ci siamo trovati da un momento all'altro a dover scrivere di signing, closing, holding, termini economici che chi ha come me una formazione umanistica raramente ha incontrato nel proprio percorso di studi.

All'inizio sembrava un'idea folle il fatto che l'Inter potesse davvero finire in mano straniera, in mano a un magnate indonesiano di cui nessuno aveva mai sentito parlare, ma soprattutto sembrava folle immaginare un'Inter non più legata al nome Moratti. In molti auspicavano una cessione da tempo, altri sono talmente affezionati a Massimo Moratti che non se ne sono ancora fatti una ragione, fatto che il 19 settembre 2013 ha rappresentato un tassello fondamentale nell'ultracentenaria storia nerazzurra. E' passato ormai quasi un mese dal giorno in cui, nella suggestiva cornice di Parigi, il numero uno nerazzurro ha di fatto trovato l'accordo con la cordata indonesiana capeggiata da Erick Thohir per la cessione del pacchetto di maggioranza delle quote azionarie dell'Inter. Si partirà da un 70%, ma entro due anni ci si aspetta un'acquisizione completa, un'acquisizione che di fatto farà sparire l'Inter così come tutti siamo abituati a conoscerla. Perché per i Moratti l'Inter era sempre stata soprattutto un fatto di cuore, ma alla lunga l'amore non basta. "Sometimes love is not enough when the road gets tough, I don't know why", "A volte l'amore non è abbastanza quando la strada si complica, non so perché" scrive Lana Del Rey in una delle sue canzoni più famose. Moratti si è reso conto che l'amore non è abbastanza, che spesso la realtà prende il sopravvento e allora bisogna trovare nuove soluzioni.

Moratti, nei suoi 18 anni di presidenza, ne ha sentite veramente di tutti i colori. Si è sentito dare del perdente, dello spendaccione, dell'incapace. Ha sopportato anni e anni di risatine e insulti, ma alla fine lascerà l'Inter con il titolo di presidente più vincente della storia nerazzurra, superando anche il padre Angelo con la vittoria di cinque Scudetti, quattro Coppe Italia, quattro Supercoppe di Lega in ambito nazionale, una Coppa Uefa, una Champions League e un Mondiale per Club in ambito internazionale. Adesso il mondo Inter dovrà imparare non dico ad amare, ma quanto meno ad apprezzare il nuovo proprietario. In attesa di capire quale sarà il ruolo di Massimo e di Angelomario nella nuova Inter, i Moratti lasciano il club nerazzurro dopo averne segnato 31 dei 105 anni di storia. Difficile sapere ora quanto questo addio sarà definitivo, il "per sempre" è un concetto decisamente ampio. Intanto, però, l'Inter resta, a prescindere da chi la guiderà.

Sezione: La Rubrica / Data: Sab 12 ottobre 2013 alle 00:30
Autore: Alessandra Stefanelli / Twitter: @Alestefanelli87
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