L’Italia è una Repubblica fondata sul… lamento. Ormai si lamentano tutti di tutto. Basta accendere le tv sportive, sintonizzarsi sulle conferenze pre e post partita per rendersi conto e ascoltare lagnanze di ogni tipo.

Restando al microcosmo delle formazioni di vertice (o presunte tali), incassiamo e registriamo in primis gli sbattimenti di Antonio Conte. Lui, quello che ha vinto due scudetti di fila, è solito utilizzare la tattica del ‘mani avanti’. E allora ecco che se in Europa le avversarie sono più forti perché c’è un budget enorme che fa la differenza, in Italia vengono adombrati complotti mediatici che non vorrebbero i bianconeri sul tetto d’Italia per il terzo anno consecutivo. Una strategia che torna utile anche dinanzi a episodi arbitrali palesemente in favore dei suoi e mi vengono in mente il gol annullato a Paloschi del Chievo sull1-1 o la rete di Pogba con Tevez in offside nel derby col Torino. “Ci capiterà di avere dei danni”, dice il tecnico bianconero. E intanto i punti vanno a sommarsi.

Dal principio basilare non si discosta nemmeno Massimiliano Allegri. Evidentemente abituato male nei mesi scorsi (e Pizarro ne avrebbe di argomenti…), adesso all’allenatore rossonero non pare vero trovarsi a dover fare i conti con qualche scelta ‘avversa’ dei direttori di gara, che hanno annusato le piroette di Balotelli e soci e non ci cascano più come una volta. “Speriamo non ci neghino rigori evidenti”, disse in una delle tante conferenze. Così, tanto per gradire.

Dalla lamentela facile non è immune nemmeno Rafa Benitez. Lo spagnolo, notoriamente uno alla ricerca della scusa puntigliosa, però non può parlar male degli arbitri, finora contrari solo nella sfida con la Juve e nemmeno per fatti clamorosi (a meno che non si voglia considerare tale il fuorigioco di Llorente o la trattenuta di Ogbonna su Higuain). E così l’attenzione viene spostata anche dal buon Rafa sul budget. E’ accaduto dopo la scoppola rimediata allo J Stadium: “La Juve è una squadra che ha un centinaio di milioni di fatturato in più rispetto alle altre ed è normale che vinca”, ha detto dopo lo 0-3. Ma come: non aveva avuto da De Laurentiis tutti i giocatori che aveva chiesto in sede di mercato? Che l’effetto-spagnolo stia già svanendo con solo qualche settimana di ritardo rispetto all’avventura nerazzurra? Chissà.

Tra i tanti lagnosi, però, c’è chi parla anche con i fatti. C’è Rudi Garcia, c’è Vincenzo Montella e c’è pure Walter Mazzarri. Il toscano, quest’anno, sembra aver fatto voto di diplomazia. E quando ci sarebbe stato tanto di cui parlare, ha preferito tacere come in occasione della sfida col Torino. Rispetto agli anni passati, Mazzarri appare più contenuto, meno aggressivo. Pacato, riflessivo e poco incline alla protesta da moviola. E non solo. Rosa alla mano, l’ossatura della squadra è quella dell’anno passato. Anzi. Di questi tempi, Milito e Cassano erano al top, così come Samuel. Oggi, invece, WM si ritrova con il solo Palacio davanti, con Campagnaro (il migliore in difesa fino al 26 settembre) fuori da 7 gare e con un centrocampo che certamente non brilla per rivoluzioni. Invece, ecco che la cura funziona. Gente declassata come Alvarez e Jonathan diventa d’un tratto irrinunciabile e lì davanti ci si fa bastare il Trenza, escogitando soluzioni-tampone che vengono fatte rendere al massimo. Zero isterismi, nessun piangersi addosso. Nemmeno quando si è costretti in un sol colpo a rinunciare al capitano, al miglior difensore in rosa, a tre dei quattro attaccanti e al portiere che tutti vogliono. Zitti e lavorare.

Eh già, perché l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Oppure no?    

Sezione: La Rubrica / Data: Gio 14 novembre 2013 alle 00:30
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
vedi letture
Print