A questo giro, Erick Thohir ha avuto di che divertirsi: certo, non era una partita di quelle da sold out allo stadio come quella che andrà in scena questa sera, ma visto l’interesse mostrato sin dai suoi primi giorni in Italia da presidente dell’Inter per il settore giovanile nerazzurra, avrà senz’altro gradito lo spettacolo goduto ieri al Brianteo di Monza. Dove l’Inter Primavera di Salvatore Cerrone ieri ha inflitto una sconfitta pesante ai cuginetti del Milan allenati da Filippo Inzaghi rifilando loro un perentorio 1-3 (giocavano i rossoneri in casa, scrivere il risultato come da tabellino suona pertanto ancora meglio), davanti agli occhi di un Thohir contento al punto tale da lasciarsi andare ad un bel ‘gimme five’ con Ernesto Paolillo in occasione dell’1-2 firmato da Andrea Palazzi.

La rete che ha messo i chiodi al match,l’ha firmata però quel talentino del quale tanto bene si dice e che ha avuto anche il privilegio di debuttare in prima squadra qualche giorno fa contro il Trapani in Coppa Italia: quel Federico Bonazzoli che non è partito dal primo minuto ma anche uscendo dalla panchina ha messo il suo pesantissimo timbro con una rete sul filo del fuorigioco, proprio come quelle che era solito fare da giocatore l’allenatore della squadra avversari. Che, per inciso, è stato espulso poco dopo per le eccessive lamentele per la posizione del giovane attaccante bresciano in occasione del gol: che dire, suona quasi tutto come una specie di ‘contrappasso’ da girone infernale dantesco…

Ecco, appunto, Federico Bonazzoli: di lui si continua a dire un gran bene, tra gli addetti ai lavori è considerato il giocatore più valido della sua leva calcistica. E grida ancora vendetta la mancata convocazione di Daniele Zoratto che gli ha tolto la soddisfazione di poter partecipare al Mondiale Under 17 per motivazioni che a ripensarci fanno ancora sorgere più di un interrogativo. Bonazzoli che alla fine si è meritato la menzione d’onore da parte dello stesso tycoon indonesiano. Che nei suoi progetti a lungo termine per il club nerazzurro ha incluso anche l’eventualità di costruire un nuovo ‘zoccolo duro’ della rosa nerazzurra costruito da coloro che sono passati dai campi di Interello. Ce la farà? L’ambizione è tanta, ma per il momento c’è da fare i conti essenzialmente col presente. Presente che vuol dire mercato di gennaio da preparare per consegnare a Walter Mazzarri i puntelli giusti per il rilancio delle ambizioni interiste. Ma presente che vuol dire anche, e soprattutto, derby. Derby vero, derby dei grandi.

Il primo derby è sempre stato, per ogni presidente di Inter e Milan, un passaggio storico cruciale, quasi iniziatico: tutti tendono a ricordare i risultati dei vari patron nella prima sfida assoluta contro i rivali di una città. Gli ultimi precedenti hanno sin qui detto abbastanza bene ai presidenti nerazzurri: dopo la sconfitta al battesimo di Ivanhoe Fraizzoli, si registra il pareggio di Ernesto Pellegrini e la vittoria, sonante, del 15 aprile 1995, di Massimo Moratti, un 3-1 frutto delle reti di Seno, Jonk e Berti con la complicità di Sebastiano Rossi. Non fu fortunato, invece, il debutto al derby del ‘dirimpettaio’ di Thohir, ovvero Silvio Berlusconi, presidente (oggi ufficialmente onorario) del Milan. E’ una storia da raccontare, una storia delle tante storie che hanno reso leggenda il derby della Madunina.

E’ il 6 aprile 1986: colui che all’epoca era noto come ‘Sua Emittenza’ (guarda caso, il soprannome che oggi calza a pennello al nuovo patron nerazzurro) aveva completato meno di due mesi prima l’acquisto del club rossonero, andato ad un passo dal fallimento sotto la gestione di Giussy Farina, e nel giro di un paio di stagioni avrebbe fatto nascere una delle squadre più forti e vincenti che la storia del calcio mondiale abbia mai conosciuto. Ma quello rimaneva un anno di transizione, con Nils Liedholm che non riuscì a rinverdire i fasti dello scudetto della stella; anno difficile anche per l’Inter, dove Ilario Castagner, dopo dieci giornate, fu esonerato per far spazio al tecnico della Primavera Mario Corso. Fu un derby non bello, spigoloso, con i nerazzurri senza Karl-Heinz Rummenigge e un Altobelli che non sembrava in vena. Un derby dove però Corso ebbe l’intuizione di portare in panchina un ragazzino visto all’opera nelle giovanili, un ragazzo siciliano il cui mestiere era quello di centrocampista difensivo, o, per dirla nei termini del calcio di allora, un mediano.

Giuseppe Minaudo, 19 anni, entrò in campo ad inizio ripresa al posto di Luciano Marangon; già felicissimo per aver esordito in prima squadra in un derby, sicuramente non poteva nemmeno immaginare quanto sarebbe accaduto al minuto numero 77: quando Pietro Fanna calciò una punizione dalla sinistra, Andrea Mandorlini staccò di testa cogliendo il palo, e Giuliano Terraneo uscì andando non si sa dove. Ad un centimetro dalla porta, c’era lui, Minaudo da Mazara del Vallo; che non si fece pregare due volte e calciò piazzando il pallone sotto la traversa anticipando l’intervento di Mauro Tassotti, con Agostino Di Bartolomei che altro non poté fare che guardare il pallone infilarsi. Gioia incredibile, incontenibile per Minaudo, come quella di Peppino Prisco che nel dopogara, come ha ricordato lo stesso giocatore qualche anno fa, lo presentò a tutti in maniera trionfante quasi come Cornelia coi suoi Caio e Tiberio Gracco. La carriera di Minaudo si sarebbe sviluppata, con risultati dignitosi, soprattutto all’Atalanta, prima di dedicarsi a tutt’altro tipo di attività.

Minaudo, ragazzino del vivaio, che debutta decidendo un derby; chissà se nei progetti di Thohir non ci sia magari l’esaudimento di un sogno così… Ma sicuramente, questa sera Thohir si accontenterà di veder segnare chiunque, l’importante è poter festeggiare anche stavolta e brindare più felice al Natale. 

Sezione: La Rubrica / Data: Dom 22 dicembre 2013 alle 00:30
Autore: Christian Liotta
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