Javier Zanetti l'aveva detto ed è stato di parola. Vacanze di lavoro per lui, e infatti è stato subito pizzicato sugli spalti a vedere Argentina-Iran. Alla Gazzetta dello Sport, il neo-dirigente nerazzurro parla così.

Zanetti, com’è vivere il Mondiale dall’altra parte del «mondo» pallone?
"Ma io sono sempre stato prima di tutto un “incha” della Seleccion. Noi argentini siamo legatissimi alla nazionale, tutti. E non ho perso un attimo a decidere di fare le vacanze in Brasile con moglie e figli alla mia prima estate davvero libera. Sto a Rio e mi muovo per le gare. La prima vista è stata con l’Iran a Belo Horizonte. Angoscia di non essere più in campo? No, solo un po’ strano. Mi veniva in mente tutte le volte che ho lottato per questa nazionale. Ma è un’esperienza nuova e bellissima. Mi sono messo la maglia che indossavo quando giocavo. La camminata fino allo stadio coi tifosi e i miei bambini mi ha emozionato tantissimo, quasi commosso. Ma ha visto quanti argentini ci sono? Impressionante. Hanno fatto molti sacrifici per venire, vista la situazione economica del nostro Paese". 

Messi segna, tutti gli altri attaccanti no. Bisogna cambiare?
"Contro di noi in tanti si chiuderanno. E’ chiaro che si deve trovare la soluzione per far breccia nelle difese bunker. I finalizzatori come Higuain e Aguero in queste situazioni fanno più fatica. Messi e Di Maria, invece, abituati a partire più dietro riescono a trovare spazi". 

Forse un assaltatore come Tevez serviva?
"Nessuno discute la bravura di Carlos: ha fatto un anno straordinario. Ma per mettere lui dovevi togliere uno degli altri che hanno fatto altrettanto bene sia nel club che in nazionale. E se il gruppo funziona è difficile entrare". 

Invece Romero che alla Sampdoria non giocava sempre, qui fa il fenomeno. L’Italia non l’ha capito?
"Quando è arrivato alla Samp ha vissuto una situazione complicata e al Monaco non ha trovato continuità. Ma ha dimostrato in queste gare perché è il portiere della nazionale. E’ stato decisivo nelle vittorie. Ha dimostrato che nonostante l’assenza di continuità sa essere determinante. E’ un grande portiere". 

A proposito, che dice dell’Italia?
"Prima di partire non capivo tutto il vostro pessimismo. L’Italia per me poteva arrivare lontano. Ho visto in tv entrambe le gare. Gran prova con l’Inghilterra, ma la sconfitta con la Costa Rica non me l’aspettavo. Azzurri sfortunati e loro hanno giocato benissimo. Ora con l’Uruguay è dura. L’Italia è meglio, in una partita normale vincerebbe facile. Ma ora non c’è un favorito: l‘Uruguay nella sfide decisive diventa un leone". 

Consigli per gli acquisti? In generale eh, non per l’Inter.
"Mi è piaciuto molto Origi del Lilla, punta agile e potente. E in generale tutto il Belgio. E’ pieno di talenti. Sarà la sorpresa. Nell’Argentina, Rojo è cresciuto molto: bravo, fisicamente tosto e spinge come un dannato". 

La Seleccion crescerà come Rojo?
"Lo spero e lo credo. Dagli ottavi in poi sarà diverso. Queste gare sono servite per rendersi conto delle difficoltà che troverà e che bisognerà cercare delle soluzioni. Intanto domani vado a tifare a Porto Alegre, sperando che arrivi prima nel girone. Il cammino sarebbe più facile". 

Le piacerebbe una finale Italia-Argentina?
"Mi piacerebbe l’Argentina in finale e poi chi c’è, c’è. Io ci credo. E ci spero perché resto fino alla fine". 

Poi è pronto a indossare, dopo la veste di tifoso, quella di neo dirigente nell’Inter?
"Pronto. Per me sarà un mondo nuovo. Magari commetterò degli errori, ma all’inizio ci sta. Imparerò strada facendo. Ma i tifosi interisti sappiano che la mia filosofia sarà la stessa che avevo da giocatore: rendermi utile alla squadra. Comunque questo è il mio futuro. Per fare l’allenatore, credo tu debba sentirlo dentro. E io non lo sento. Mi piace più essere il rappresentante di un gruppo". 

Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 24 giugno 2014 alle 08:35 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
vedi letture
Print