Anche Javier Zanetti fa tappa nell'ennesima serata di dirette Instagram inaugurata da Christian Vieri. Tanti i temi trattati dal vice president dell'Inter, a partire dalla permanenza in casa vista l'emergenza Covid-19: "Sto bene, in famiglia come tutti. Sono a Como, sempre sul lago" dice Pupi. 

"Ogni allenamento per sei anni sempre in prima fila" sottolinea poi Bobo, ricordando gli anni insieme ad Appiano Gentile. "Cuper ci faceva correre, fisicamente stavamo bene. Il Chino (Alvaro Recoba, ndr) era sempre incazzato, spariva nei cespugli. In quegli anni c’era una bella atmosfera, c’era tutto per vincere, come il 5 maggio. È stato bello tutto, ma il 5 maggio e la semifinale di Champions sono state due belle fiammate. A me dispiace perché tanti giocatori meritavano di vincere, ci tenevano. Quando penso a quegli anni là mi dispiace. Avevamo tanta pressione, l’Inter non vinceva da 16 anni e doveva farlo per forza. Quello ci ha fatto male. Sono sempre esperienze positive quando non vinci ma dai tutto, anche se poi tu hai vinto tutto. Mi chiedo anche come facevi a recuperare prima di tutti dagli infortuni, avevi dei muscoli e della gambe….".

"L’altro giorno ricordavi con Ronie di Cuper, al secondo giorno avevi provato i mille (metri, ndr) - racconta Zanetti, tornando indietro nel tempo -. Tutti andavamo in pista, poi siamo andati in campo: 80 volte avanti indietro. C’era gente che vomitava: Dalmat si era buttato per terra (ride, ndr). Cuper era così. Ancora alla Pinetina ci sono i cartelli con le scritte 100/200 metri, sai? Come dicevi tu, in quegli anni ci mancava qualcosa, partite come la semifinale di Champions sono cose che rimangono. Io poi sono rimasto all’Inter, tutte le sconfitte ti fanno diventare più forte. Arriva un momento in cui pensi che arriverà la vittoria. Con Mancini e Mourinho siamo riusciti a vincere trofei importanti. Anche ai nostri tempi c’era una bella atmosfera, un bel gruppo. Poi sai che il calcio è così: finisce per tutti, ma rimangono l'amicizia e i valori umani. Ci sono dei momenti brutti, ma ricordo quelli vissuti assieme".

L'ex capitano torna poi sull’addio al calcio: "Ho smesso quasi a 41 anni. Potevo giocare ancora? Ti racconto. Mi sono rotto il tendine d’achille a 39 anni, a Palermo. Nello spogliatoio ho parlato con lo staff: la mia testa era proiettata a quando operarmi e quando tornare. Non volevo smettere così. Ci metto 5/6 mesi di riabilitazione, rientro con il Livorno a 15’ dalla fine e mi sentivo bene. Alla fine della partita i miei compagni erano più felici di me. Lì ho pensato che sarebbe stata la mia ultima stagione. Meglio dire basta quando stai bene e non quando la gente ti guarda in altro modo perché magari le cose non vanno come al solito. Anche se stavo bene, ho deciso così. Se mi manca giocare? Sì, mi manca la settimana, gli allenamenti. È un momento in cui ti diverti, un momento unico".

Poi si apre un curioso e divertente capitolo su Taribo West: "Gli ho chiesto una diretta Instagram. Mi ha risposto, ‘vediamo, ulalala'. Veniva sempre al campo con i capelli di tutti i colori, un personaggio" ricorda Vieri. E Pupi non dimentica episodi particolari: "Una volta tutti cercavamo West, non si faceva vivo. Si è presentato il 1° febbraio e mi ha detto che si era sposato e che nel suo paese ci faceva un mese di vacanza (ride, ndr). Un’altra volta ci invita per il compleanno, intorno alle 7. Io e dei miei compagni arriviamo e lui inizia a pregare: un’ora, due ore. Ci guardavamo, avevamo fame. Alla fine è finito il compleanno e siamo andati via senza mangiare (sorride, ndr). Un'altra volta riunione tecnica con Cuper lui dava consigli. E Clarence (Seedorf, ndr) gli chiese cosa avesse vinto (ride, ndr)". 

Lautaro può andare via?
"Sono sincero. Quando l’abbiamo preso sapevano che era uno dei giovani più promettenti in Argentina, aspettavo questo presente qui. Con Antonio (Conte, ndr) i ragazzi crescono, lui ha 22 anni e può dare ancora tantissimo. In questo momento qua, con quello che sta succedendo, non abbiamo pensato a cosa farà. Pensiamo a risolvere questa situazione, poi vedremo. Ma lo vedo molto contento insieme ai ragazzi. Lui e Lukaku si trovano bene, il feeling è frutto del lavoro settimanale di Conte. Quello che fanno in campo è il lavoro di tutte le settimane". 

Con Conte l’Inter torna al lottare per il campionato, dove deve stare l’Inter:
"Quest’anno si sono visti dei grandi progressi, ci sono i presupposti per poter far bene. L’importante è quello che trasmette Antonio, i giocatori lo seguono. Sono cresciuti in tanti, i giovani fanno parte del patrimonio del club e se lcontinueranno a lavorare così miglioreranno ancora".

Ti piace il ruolo di vicepresidente?
"Mi piace. Non me l’aspettavo da Thohir, è un ruolo di prestigio. Mi dovevo preparare e iniziare da zero, la vita da dirigente è a sé. Ho studiato marketing e finanza alla ‘Bocconi’, volevo avere una visione a 360°. Ora oltre al lato sportivo gestisco anche quello commerciale con Uefa e Fifa, e mi piace. Quando si smette di giocare non si può pretendere che tutto sia dovuto per la carriera avuta: bisogna studiare, conoscere, sapere come comportarsi. È una cosa nuova, completamente. Te lo assicuro".

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 23 aprile 2020 alle 23:31
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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