E meno male che quel gol lo ha fatto, si può dire. Perché altrimenti saremmo qui a parlare di un’altra partita, forse usando toni ancora più aspri visto poi l’andamento dell’incontro. Che ha visto un’Inter muovere solo piccoli, timidi passi in avanti soprattutto nel primo tempo, ma che poi nella ripresa non ha saputo abbozzare una trama di gioco interessante, lasciando che il Chievo si organizzasse per bene in difesa riuscendo anche a costruire anche qualche contropiede insidioso, non concretizzato per troppa imprecisione. Inter che esce tra i fischi dei tifosi, ma i fischi che rimbombano nelle orecchie dei giocatori e della società sono quelli che non arrivano. O che, come nel caso di ieri, arrivano a sproposito. Perché la verità è lì, davanti agli occhi di tutti: Yuto Nagatomo è stato depredato della sua prima doppietta nel campionato italiano. Colpa di quella bandierina dell’arbitro Giachero che stoppa l’azione del 2-1 in maniera improvvida, perché quella gamba di Dramé rende inopportuna la segnalazione e strozza un altro urlo in gola. Se poi, nei minuti finali, si sorvola anche su un rigore per fallo ai danni di Ruben Botta, il quadro dell’ennesima serata tragicomica è bello che completo.
DIES IRAE – Come se di rigori a favore non assegnati non ne fossero stati segnati abbastanza, Walter Mazzarri deve mettere a referto nelle voci negative anche un gol annullato per fuorigioco inesistente. Un pezzo pregiato nel campionario degli orrori arbitrali che ormai stanno segnando, in negativo, la stagione dell’Inter. Sarebbe stato il 2-1, quasi certamente sarebbe stata una partita con un copione ben diverso, perché il Chievo, sotto di un gol dopo aver trovato il vantaggio, difficilmente avrebbe avuto gioco facile nel chiudersi dietro la linea del pallone e qualche spazio in più avrebbe potuto concederlo. Adesso, però, la misura pare essere colma: il tecnico ha rimandato ogni discorso a fine campionato ma a esplodere, ora, sono i giocatori. Partendo da Ricardo Alvarez, che a caldo ha fatto capire che ormai in casa nerazzurra ne hanno le tasche piene di certe cose e lo dichiara apertamente: “Siamo tutti stanchi”. Ci mette il carico Zdravko Kuzmanovic, l’altra briscola la mette sul tavolo Juan. Il più diplomatico è il più danneggiato, ovvero lo stesso Nagatomo, ma la rabbia nell’ambiente nerazzurro monta come l’onda di uno tsunami, visto che anche Paolo Bonolis ha colto l’occasione per rincarare la dose. Insomma, urlano tutti, e chissà se ora anche i piani alti abbiano capito che se muoversi con decisione ma in silenzio forse provoca effetti diametralmente opposti a quelli anelati, allora non sia meglio armarsi e muoversi verso le prime linee (Fassone in questo senso un segnale lo ha dato).
TESTA CONTRO UN MURO – Ma il succo della partita, a prescindere, è quello che si vede in campo. E inevitabilmente, sempre a quanto visto in campo ci si deve rifare. E allora, ecco un’Inter che muove solo un piccolo passo in avanti, in una serata che poteva anche essere favorevole ma che in realtà non fa altro che confermare il momento di grandi difficoltà che sta attraversando questo gruppo. Anche se, a voler dirla tutta, qualche lampo beneaugurante si è anche visto: l’inizio è stato pimpante, Mazzarri schiera un 3-4-2-1 per certi versi inedito con Kovacic e soprattutto Alvarez che trovano belle idee e un Nagatomo che spinge molto. Rimangono le lacune difensive, a tratti gravi come in occasione del gol o dell’azione in contropiede di Thereau; ma dopo la rete subita l’Inter aveva reagito bene, trovando subito il pari e anche il raddoppio negato. Ma una volta che Corini ha cominciato a trovare le misure giuste agli avversari, adoperando il pressing sulla terza linea, la testa dei nerazzurri è stata invasa dalla nebbia. E nella ripresa, è stato tutto un lungo sbattere contro un muro di gomma, senza mai trovare gli spunti giusti per impensierire il portiere clivense Puggioni, anzi rischiando di subire un gancio da finire inesorabilmente al tappeto. Questa è la squadra, che si impegna ma che ormai palesa sempre più quelli che sono i propri limiti.
CHI NON LAVORA… – In un momento forse tra i più difficili della carriera di allenatore di Walter Mazzarri, però, c’è chi decide di schierarsi apertamente dalla sua parte. Lo ha fatto Erick Thohir definendolo per l’ennesima volta l’allenatore perfetto per questa Inter che vedrà col 2014 chiudere un ciclo con alcuni dei giocatori che hanno scritto pagine di storia importanti del club nerazzurro. Lo hanno fatto, soprattutto, i tifosi della Curva Nord, che ieri sera hanno reso un tributo eloquente al suo operato in questi mesi all’Inter: “Non siamo stupidi, lo vediamo chi sta lavorando e chi non sta proprio facendo niente. Avanti mister!”, il contenuto dello striscione esposto al secondo anello verde. Un segnale forte, un messaggio che vale non solo come riconoscenza al tecnico, ma anche come monito ad altre componenti della società. Non facciamo qui il gioco dei reali destinatari del drappo, però è bene che chi di dovere dia le risposte adeguate.
UNO A ZERO – Con l’arrivo del connazionale e amico Keisuke Honda, a Milano è cominciato un derby nel derby, quello tutto giapponese con Yuto Nagatomo. Buono l’impatto dell’ex Cska nel tracollo di domenica dei rossoneri contro il Sassuolo, ma l’esterno nerazzurro ha replicato nel migliore dei modi, siglando la sua quinta rete stagionale (alla quale sarebbe anche seguita la sesta, ma va beh) e più in generale risultando tra i più propositivi dell’intero incontro, anche se a tratti palesando poca lucidità. Sarà anche lo stimolo dell’arrivo dell’ossigenato compagno dei Blue Samurai, comunque Yuto è presente e questa è senz’altro una buona notizia.
L’AMARA BOA – Si chiude così il girone di andata: 32 punti, insieme alla rivelazione Verona, e la sensazione che molto più in là questa squadra non possa andare. Anche se, è inutile, dall’altro piatto della bilancia ci sono quei punti persi per i più svariati motivi che man mano che il tempo passa diventano sempre più pesanti. L’hanno definita tutti annata di transizione, dove bisognerà ottenere il massimo risultato possibile con la rosa a disposizione. Giusto metterlo in chiaro, come è giusto chiedere qualcosa in più per non rassegnarsi a giornate di aurea mediocritas. Alla squadra, ma non solo…
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