E' il turno di Dejan Stankovic come ospite della trasmissione Inter Nos, format del canale tematico nerazzurro Inter Channel. L'ex centrocampista nerazzurro, ora team manager della squadra, si racconta. 

Cos'è cambiato nella tua vita, da giocatore a dirigente? 

“Essere un giocatore è il massimo, mi manca un po’. Ho avuto una carriera fantastica, adesso dormo e mangio un po’ di più (ride, ndr). E’ bello, è una grande opportunità quella di lavorare nell’Inter. Qui ad Appiano ho tanti amici, siamo una famiglia. Quando va tutto bene, non c’è bisogno di dire moltissimo. Nei momenti difficili, come dopo la Lazio o il pareggio contro l’Atalanta, c’è bisogno che io faccia due chiacchiere amichevoli con i nostri giocatori”. 

Com’è cambiato il rapporto con i tifosi?

“La vita di un calciatore è diversa rispetto a quella che faccio ora. Io sono più disponibile adesso, perché prima venivo protetto dalla società o comunque eravamo sempre in ritiro o in viaggio. Ora invece posso fermarmi a fare due parole con i tifosi, così come spiegare il perché di certe mosse della squadra. Non so se tornerò ad allenare, ma questa esperienza è fantastica, anche perché ho la possibilità di lavorare con persone come Javier Zanetti. Ogni volta che ci vediamo e facciamo due battute, è come tornare indietro di cinque, sei anni”. 

Che ricordi hai della tua esperienza con la Nazionale? 

“Sono orgoglioso di quello che ho fatto con la maglia della Serbia, ho fatto tre mondiali e un europeo. Potevamo fare di più però, avevamo una grande potenzialità. Se non avessero diviso la Jugoslavia? Vorrei vedere chi fosse il commissario tecnico (ride, ndr). Abbiamo tutti dei caratteri molto difficili, se buttassimo giù undici nomi ne rimarrebbero comunque alcuni fuori di importantissimi. Ho sempre avuto un ottimo rapporto con i giocatori serbi, il calcio ci ha uniti nonostante le difficoltà”. 

Pensavi a come realizzare i gol in acrobazia, o ti venivano al momento? 

“Non li studiavo, li pensavo al momento. Sapevo di avere un tiro potente, mi avvitavo e tentavo la fortuna. Poi magari scappava la battuta al portiere avversario, ma era tutto un gioco". 

Uno come Sneijder manca alla squadra? Si sente l’assenza di un regista? 

“Wesley l’ho incontrato quest’estate a Istanbul, a lui e agli altri ragazzi del Triplete mi lega un’amicizia enorme. L’Inter sta facendo un campionato importante, nessuno se lo aspettava. Abbiamo fatto qualche errore, così come abbiamo avuto fortuna a vincere qualche partita. Mancini lavora tanto con gli uomini che ha, nessuno sa chi andrà in campo, il suo segreto è tenere ventiquattro caldi e sempre pronto. Miranda e Murillo poi sono fantastici, mi ricordano Samuel e Lucio”. 

Che parere hai di Adem Ljajic? 

“Ljajic ha fatto un salto di qualità importante. E’ tornato più carico dopo aver segnato quel gol pazzesco con la Nazionale. Io gli ho parlato, dicendo che doveva essere il suo anno, non c’era storia. Lui è cambiato, gli posso solo fare i complimenti, lui è da due mesi che si sta confermando. Ha fatto un gol clamoroso contro il Napoli, e questa è la dimostrazione che ha la freschezza e la lucidità per far male in ogni momento”. 

Conosci Zivkovic del Partizan? Potrebbe essere da Inter? 

“Zivkovic lo conosco da quattro anni, è bravo. Negli ultimi 18 mesi è cresciuto tanto, è stato protagonista del Mondiale U20 vinto dalla Serbia, quindi ha le qualità per arrivare in un top club come l’Inter. Anche se è del Partizan, non posso che parlarne bene… (ride, ndr)”. 

Qual è stata la vittoria più sentita?

“Madrid, non può essere altrimenti. Tutti i sacrifici e i dolori ti tornano con la Champions League, vincendo con il mio club. Per la mia carriera, i gol più importanti sono stati quelli che realizzai a diciassette anni, mi fecero entrare nella mappa del calcio europeo e cambiò tutto. I gol più belli invece sono stati quelli nei derby o contro la Roma, quando caricavo i missili da fuori area (ride, ndr). Le mie stagioni più belle a livello personale sono state l’ultima alla Stella Rossa, la seconda di Mancini e la prima di Mourinho”. 

C’è stato un giocatore in cui ti sei rivisto?

“Matthaus nel passato, aveva un tiro potente e non aveva paura di niente. Forse Daniele De Rossi,   anche se ad un certo punto lui si è fermato davanti alla difesa. Io invece fino al primo anno di José continuavo a cambiare ruolo, fino a che lui non mi ha posizionato. Con la Stella Rossa ho fatto sia la punta sia il difensore centrale, quindi so fare un po’ tutto”. 

In cosa consiste il tuo impiego all’Inter?

“E’ da agosto che me lo chiedono (ride, ndr). Sono molto legato a Piero Ausilio, vivo con la squadra ma poi studio molto sul campo. Vorrei rimanere a vita all’Inter, ma scalare qualche posizione mi farebbe piacere. Non ho potere di firma, faccio una sorta di servizio segreto per la squadra (ride, ndr). Poi c’è sempre l’opportunità di lavorare con Sinisa Mihajlovic: siamo molto amici, mi ha dato l’opportunità di lavorare con la Serbia o la Sampdoria, poi ho fatto scelte diverse. Lui al Milan? E’ il nostro lavoro, non ho paura di dire che secondo me farà bene”. 

Può essere un fattore positivo quello di avere un gruppo di giocatori dell’Inter?

“Stanno bene insieme, loro e tutti gli altri del gruppo. I gruppi ci sono sempre stati, ma è normale. Si divertono come squadra e questo è l’importanti”. 

C’è qualcuno dei tuoi ex compagni con cui sei legato?

“Sì. Oltre a Mihajlovic, Materazzi, Chivu e Pandev. Siamo molto legati tra i ragazzi del Triplete, come dicevo prima”. 

Ci pensi mai a diventare allenatore dell’Inter?

“Mai dire mai, ma ora non ci penso. Ho 37 anni, sono ancora giovane, dovrei anche fare il patentino”. 

Come ti ha cambiato l’aver vissuto la Guerra in Serbia? 

“La Guerra non era in Serbia, non l’ho vissuta in prima persona. C’erano però altri problemi, come le sanzioni e le restrizioni. Il periodo brutto sono stati i bombardamenti della NATO, nel 1999. In quel momento ho deciso di venire in Italia, portando mio fratello con me. Sono stati quattro mesi difficili, devo dire grazie alla Lazio e a Eriksson. Lui non si arrabbiava mai, al massimo diventava solo rosso (ride, ndr). L’ho visto qualche tempo fa a Dubai, ora credo sia in Cina”. 

Com’è stato l’ultimo saluto ai colori nerazzurri, prima di Inter-Genoa?

“Mi ricordo poco di quel pomeriggio, ero sotto shock. E’ stata un’emozione fantastica, fra le persone che mi applaudivano e i cori, impressionante”. 

Vedresti bene Roberto Soriano all’Inter?

“E’ il nome che si fa da quest’estate. Io sono contento dei miei ragazzi, finché Ausilio non ce ne portano di nuovi, stiamo bene così”. 

Dirai qualcosa di particolare alla squadra prima del derby?

“Quando c’è il derby dormi tranquillo, ha un fascino particolare, non c’è moltissimo da dire. Il mio gol preferito nella Stracittadina è la rasoiata, quando abbiamo vinto 4-3. Abbracciai e strattonai il Manio perché la mattina prima della partita mi prendeva in giro perché non riuscivo a mettere una punizione giusta”. 

Come è cambiato Roberto Mancini? 

“Mancini è migliorato molto come gestione del gruppo, ha sempre tutto sotto controllo. Prima era più impulsivo, aveva qualche reazione scomposta, ma ora è più tranquillo. Mi hanno rinfacciato di essere il cocco del Mancio quando giocavo, un po’ era vero (ride, ndr), ma adesso il nostro rapporto è cambiato”. 

Cosa ne pensi di Perisic e Brozovic? 

“Ivan si è inserito benissimo, lo stiamo ancora aspettando perché non ha ancora dato tutto. Brozovic invece non mi sembrava così importante, ma ora che ho l’opportunità di vederlo tutti i giorni mi sono reso conto di quanto sia forte”. 

Cosa ti piace fare quando non sei con l’Inter?

“I miei hobby riguardano lo sport. Mi piace la pallanuoto, mentre come secondo sport mi piace la pallacanestro”. 

 

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 21 gennaio 2016 alle 21:50
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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