Quello che si temeva, puntualmente, è stato dimostrato e concretizzato dal terreno di gioco. L'Inter ha gravissime lacune di organico, accentuate dalle croniche assenze causa infortuni. Ranieri prova a restare in equilibrio: più che un aggiustatutto, il buon Claudio sembra sempre di più un circense sul filo.

SPUNTATI. Il primo tempo dei nerazzurri non è male. E questo giudizio, per una squadra di blasone come l'Inter, non può mai essere un complimento. Si temeva la rapidità dell'Udinese, ma il 4-4-2 serrato ha di fatto annichilito le velleità offensive dei friulani. La squadra di Guidolin è andata al piccolo trotto per tutti i primi 45 minuti e così, seppur senza strafare, l'Inter è apparsa migliore dell'avversario. Qualche occasione qua e là, pochi rischi: basta questo per essere soddisfatti quest'anno.

CHI SI ACCONTENTA... Nella ripresa Ranieri cambia: toglie Alvarez (più ombre che luci) e mette dentro Nagatomo, verosimilmente per accentuare ancor di più il pressing verso le ripartenze dei ragazzi di Guidolin. Rendiamocene conto: lo standard attuale nerazzurro è questo. Chiedere di più sarebbe fuori luogo. Anche perché poi, quando Ranieri non si accontenta e va a cercarsi la vittoria, trova la sconfitta amara. Dentro Zarate, fuori un positivo Faraoni: si passa al rombo per i tre punti. E invece ne arrivano zero. L'Udinese va a nozze negli spazi e solo per imprecisione non trova immediatamente la via della rete. Rete che giunge in una delle innumerevoli ripartenze, con Isla che si sovrappone a Floro Flores e insacca solo soletto contro Julio Cesar.

FINALE TREMENDO. La differenza tra questa Inter e l'Inter con la 'I' maiuscola? Il finale di gara. Gli ultimi minuti fotografano alla perfezione il solco che divide questa squadra da quella delle ultime 6 o 7 stagioni. Dopo lo svantaggio nel risultato, arriva pure lo svantaggio numerico: espulso Zanetti e rigore. Julio para su Di Natale, e qui si rivede un po' l'Inter dei tempi belli. In dieci uomini, si getta il cuore oltre l'ostacolo e Milito si guadagna un rigore sacrosanto. Negli anni passati, Pazzini avrebbe segnato, riportato la palla al centro del campo e, magari, nel recupero la partita si sarebbe vinta con un tiro di Stankovic in volee dal limite. Quest'anno, purtroppo, accade che Pazzini scivola in stile Terry sul Luzhniki nella finale di Champions e Stankovic spara alto il tiro della disperazione.

Sezione: In Primo Piano / Data: Dom 04 dicembre 2011 alle 09:16
Autore: Alessandro Cavasinni
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