Tempo di un primo bilancio per Claudio Ranieri, reduce dalla vittoria contro il Lecce e ospite di 'Prima Serata' in onda stasera su Inter Channel. Ecco le prime dichiarazioni dell'allenatore, a tu per tu con Edoardo Caldara. Primo argomento, la serenità e il self control che non lo abbandonano mai: "Se li ho è perché me li dà la squadra: io offro a loro quello che loro danno a me nell'allenamento, poi la partita può andar bene o male, ma quello è qualcosa di successivo perchè, per me, è importante vedere che la squadra corre, lotta: è questo quello che conta. Loro, i giocatori, ti studiano ogni secondo, ogni volta che si parla, e se riesci a entrarci in sintonia bene, altrimenti... sei finito (sorride, ndr). Come ho spiegato anche a loro, io devo capire tutti loro, invece loro devono capire solo me, è più facile per loro, mentre l'allenatore deve essere bravo a entrare, con una chiave diversa, in ognuno di loro. Questo cambia da giocatore a giocatore, è più facile con alcuni, più difficile con altri, magari con quelli che vanno spesso in panchina ci vuole un po' più tempo perchè ognuno di loro pensa di essere in forma, di poter giocare e quindi vogliono dare il proprio contributo. L'allenatore ha poi il compito di scegliere quelli che per lui vanno bene per l'occasione e quelli che vanno bene nel corso della partita, anche perchè le tre riserve ormai non sono riserve, ma possono cambiare il corso della partita".
Il mister risponde poi a una domanda su Alvarez, che sfocia poi nella questione giovani in generale: "Io l'ho detto sin dall'inizio: gli acquisti che sono stati fatti dalla società sono tutti validi, solo che sono giocatori nuovi per il calcio italiano, che forse non sarà il più bello del mondo, ma è il più difficile sicuramente e anche alcuni grandi campioni hanno fatto fatica ad ambientarsi. Si pensi ad esempio a Vieira e Henry: loro sono venuti e andati via dall'Italia in realtà senza essere esplodere. Certo è che crescere nell'Inter non è poi così semplice perchè c'è sicuramente più pressione che altrove ed è un grosso palcoscenico. È diverso, ad esempio, svilupparsi in un ambiente come quello di Udine, dove ti permettono di sbagliare e la stampa è più amica".
Come non parlare di Wesley Sneijder e Diego Forlan, coloro che possono fare fare il salto di qualità alla squadra: "Sono giocatori di categoria eccelsa . Noi adesso abbiamo creato un buon gruppo e il mio compito è quello di mettere questi giocatori di qualità gradatamente all'interno della squadra e speriamo, grazie al loro contributo, di poter fare ancora e altri passi in avanti".
Ora viene la parte più dura: "Adesso abbiamo creato un gruppo forte, compatto, che lotta e si arrampica sugli specchi, che non vuol cadere, anzi vuole andare sempre più in alto. Ripeto: adesso il mio compito è quello di inserire Sneijder, Forlan, campioni 'nuovi' tra virgolette sono nuovi e poi vedremo che cosa succederà, eventualmente, sul mercato. Abbiamo fatto trenta, ma adesso arriva il difficile, dobbiamo fare trentuno: diventare sempre più competitivi, questa è la mia prima scommessa. La seconda? È quella mia e dei miei ragazzi: vedere di nuovo il lo stadio pieno di gente".
Mi chiedete del mental coach all'interno dello staff - continua Ranieri - e io vi rispondo che, a mio parere, noi in Italia siamo ancora un pochino indietro su questo ruolo e su questo argomento, ovvero la psicologia del calcio, anche perchè molte persone vogliono solo farsi pubblicità attraverso lo sport più popolare. Nella realtà, infatti, è l'allenatore che fa un po' tutto questo, è questo è il motivo per il quale io stimo tantissimo José Mourinho, perchè lui riusciva a entrare nella mente di tutti i giocatori. Io non ho mai sentito uno di loro parlare male di lui, significa che lui era bravo negli undici, ma anche nei trenta della 'rosa' e la nostra forza deve essere questa: cercare di coinvolgere e far sentire importanti tutti perchè il giocatore riconosce una persona, se c'è il mental coach non riconosce l'allenatore o viceversa. Forse quello che ci vorrebbe è un mental coach per l'allenatore.... (ndr.: sorride)".
E, parlando di Mourinho, si parla anche di Triplete. Vincerne uno lo vorrebbe anche Ranieri, eccome se lo vorrebbe: "Per farlo pagherei io - confessa sorridendo alle telecamere di Inter Channel -, ma non succede sempre, non succede a tutte le squadre. Quello che avete fatto ha del meraviglioso, tenetevelo ben stretto, perchè non capita a tutti. Tenetelo nel cuore, sempre".
Il tecnico racconta anche il suo primo incontro con il presidente Moratti: "L'avevo conosciuto quando ero andato via dal Napoli e lui non era ancora presidente. Eravano a un derby, Milan-Inter, seduti accanto e lui mi disse "questo è il tuo stadio", io gli risposi "credo sia più il suo e io le auguro di fare quello che ha fatto suo padre'. Lui l'ha fatto prima di me, poi sono arrivato anche io e gli ho detto "certo ci ha messo un po' eh'...'.
Un rapporto, quello con il presidente Moratti e con tutta la società, che Ranieri sta costruendo giorno dopo giorno e nel quale lui crede perchè come lui stesso spiega "nel momento nel quale io firmo quella diventa la mia casa, quello diventa il mio credo. C'è un presidente, una società che deve marcare una linea guida e il compito dell'allenatorte è entrare in questa linea guida far si che i giocatori rispettino questa linea guida. In questo caso si può parlare di un trenop che va nella stessa direzione. Se c'è qualcosa che non va bisogna parlarne direttamente al mio presidente e mai prima con la stampa, è questo che mi hanno sempre imparato".
E speciale è anche il rapporto che Ranieri ha in poco instaurando con i tifosi interisti, l'allenatore prova a intravederne le ragioni: "Milano è conosciuta come la città dove si lavora, io ho sempre lavorato in vita mia e ho pensato che mi avrebbero apprezzato perchè avrebbero visto l'amore, la passione che metto nel mio lavoro e evidentemente quello che trasmetto ai giocatori arriva anche ai tifosi. Certo, poi i risultati fanno la loro parte...".
In chiusura, a chi assicura a Ranieri che diventerà parte della storia dell'Inter, l'allenatore nerazzurro risponde: "Io me lo auguro, so di essere l'allenatore di un club prestigioso. Voi lo sapete, io non ero un tifoso dell'Inter, da bambino tifavo Roma, ma una cosa posso dirla con assolutà sincerità e cioè che non mi ricordo la formazione chei ha giocato ieri sera contro il Lecce, ma una la so a memoria: Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarnieri, Picchi, Jair, Mazzola, Peirò, Suarez, Corso e, con questo, pensare che io sono qui grazie a Helenio Herrera. È stato lui a scegliermi ad un provino Roma, quindi devo ringraziare lui se sono qui. L'Inter quindi è sempre stata nel mio destino? E, a questo punto, forse sì..".
Autore: Fabio Costantino
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