Sabato scorso a Portofino nella villa di ernesto Pellegrini, ex presidente dell'Inter prima di Moratti, c'erano ospiti proprio Massimo e la moglie Milly. Si dice che non si sia parlato molto di calcio, ma è inevitabile non pensare che qualche discorso sulla vicenda Thohir si sia fatto. Ecco l'appello che lancia l'ex numero uno nerazzurro alla Gazzetta dello Sport:"Non ho nulla di personale nei confronti di Thohir, che non conosco e ha una posizione finanziaria invidiabile, però questa situazione mi addolora perché mi dispiace vedere la mia squadra del cuore finire nelle mani di uno straniero".
Ne ha parlato con Moratti?
"Non ho voluto chiedergli nulla e lui non mi ha detto nulla. Questa è soltanto una mia idea".
Ma non c’erano state delle divergenze tra lei e Moratti?
"Quando avviai la trattativa per la cessione dell’Inter, c’erano persone che cercavano di accattivarsi la simpatia di Moratti, mettendomi in cattiva luce con lui. Nel tempo, però, Massimo ha capito. Mi ha sempre dato atto di essere stato corretto con lui e di avergli lasciato una società a posto sotto tutti i punti di vista. Siamo amici, tutti gli anni è ospite a casa mia e confesso che mi fa piacere quando mi dice: “Ernesto, sei un signore”...".
Come le è sembrato Moratti sabato sera?
"Lui è uno che sa nascondere bene le proprie emozioni, ma se fosse stato contento della situazione ne avrebbe parlato. Se ha tenuto tutto dentro, vuol dire che ha ancora dei dubbi. Altrimenti avrebbe già venduto".
Veniamo al dunque: lei ha esordito dicendo che le dispiace vedere l’Inter in mani straniere, ma se Moratti sta chiudendo non esistono alternative…
"Da quello che vedo, mi pare che la trattativa non sia ancora chiusa. E allora, se davvero è così, lancio un appello: auspico che Moratti continui a fare il presidente dell’Inter. Ma se da solo non ce la fa più, perché non si fa avanti per aiutarlo qualche imprenditore italiano, meglio milanese e comunque interista? Io mi rifiuto di credere che non ci sia nessuno".
Lei sarebbe disposto ad aiutarlo?
"Come presidente ho già dato, ma sono pronto a dargli una mano in altra veste. Anche se non voglio fare nomi, conosco altri industriali con grandi mezzi economici che potrebbero unirsi a me per aiutare Moratti. Bisogna vedere se anche loro offriranno la propria disponibilità e, a questo punto, spero che escano allo scoperto come sto facendo io. In fondo, basterebbero 4 persone serie per formare una cordata forte".
Non sarebbe un problema per Moratti guidare l’Inter con l’aiuto di altri, italiani o stranieri?
"Mi rendo conto che non sarebbe facile. L’ideale è avere un proprietario in grado di andare avanti da solo come ho fatto io e come ha fatto Moratti fin qui. Ma piuttosto che cedere tutto a chi non si conosce, è meglio trovare un’altra formula. E io dico che se si ama l’Inter, si trova una soluzione".
L’Inter, però, ha troppi debiti: chi potrebbe rischiare in un momento del genere?
"È vero, l’Inter ha perso molto, ma non è obbligatorio che continui a perdere soltanto perché si chiama Inter. In Italia ci sono società che hanno i conti a posto e gli esempi non mancano, anche se non voglio fare nomi. Ecco perché sono convinto che se si trova un accordo vero con nuovi soci si può avviare una ristrutturazione della società, migliorando anche i conti. E Moratti così potrebbe continuare a guidare un’Inter italiana".
Ma perché è così contrario all’ingresso di Thohir?
"Perché le squadre di calcio non sono un business: coinvolgono la passione di tanta gente. L’Inter, il Milan e la Juventus hanno una storia gloriosa alle spalle, sono patrimonio di grandi famiglie e grandi tifoserie. Una squadra di calcio prima di tutto deve essere amata. Thohir, come qualsiasi altro straniero — perché, lo ripeto: io non ce l’ho con lui — non può dire di amare l’Inter. Magari nel tempo il suo sentimento potrebbe trasformarsi in amore, ma oggi l’Inter per lui è soltanto interesse".
Eppure ormai anche grandi marchi italiani passano nelle mani straniere…
"È vero ma, secondo me, finché si può le nostre aziende dovrebbero rimanere italiane. Il mio gruppo ha 7.500 dipendenti e per fortuna va bene. Anch’io negli ultimi anni ho ricevuto offerte da stranieri, ma le ho sempre rifiutate e ho già detto a mia figlia Valentina, che lavora con me, di mantenere il più possibile in futuro un’identità italiana, proprio per la storia e per l’orgoglio della nostra azienda".
Lei non si è mai pentito di avere ceduto l’Inter?
"No, perché sapevo a chi la cedevo. E infatti con Massimo ci siamo accordati in mezz’ora per una cifra che, mi pare, fosse tra i 50 e i 60 miliardi di lire. In quel momento ero io ad avere qualche difficoltà, anche se il vero motivo per cui ho lasciato l’Inter non l’ha mai saputo nessuno. È un segreto che tengo per me. Oggi è ancora presto per svelarlo, ma verrà il giorno in cui racconterò la verità".
Che cosa ricorda dei suoi anni alla presidenza?
"La gioia dello scudetto dei record con Trapattoni in panchina, le due coppe Uefa, la prima contro la Roma, quando la coppa Uefa era importante, e poi tanta sfortuna che ci ha impedito di vincere ancora... Perché, con la squadra che avevamo, potevamo vincere di più".
A quale giocatore è rimasto più affezionato?
"A Rummenigge. Un grandissimo, anche se è rimasto poco con noi. In fondo, lui è stato il simbolo della mia Inter, che poteva avere ancora più successo. Siamo rimasti in ottimi rapporti e gli ho mandato un messaggio quando ha completato il triplete con il suo Bayern. Tre anni dopo l’Inter comunque…".
Va ancora allo stadio?
"Ho ripreso ad andarci soltanto quando l’Inter è tornata a vincere lo scudetto con Mancini. E adesso ci vado quasi sempre, con mia figlia Valentina, anche lei grande interista, o con gli amici".
Questa nuova Inter le piace?
"Mi piace molto Mazzarri, è un allenatore che trasmette fiducia".
Il 25 agosto l’Inter debutta in campionato contro il Genoa: che cosa si augura per quella sera?
"Vorrei rivedere Moratti in tribuna a San Siro con un bel sorriso, sempre più presidente di un’Inter alla milanese".
Autore: Luca Pessina / Twitter: @LucaPess90
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