“Eravamo alla stazione, sì, ma dormivamo tutti…”. E intanto, i treni carichi di frutti, o di punti fate voi, continuano a passare e l’Inter, puntualmente, arriva a farseli sfuggire. Ormai non è più una questione di punti persi per strada, di occasioni sprecate o di altre amenità, perché il problema sta cominciando ad assumere proporzioni anche inquietanti. E ripensando a come è andata la gara col Parma, aumenta la sensazione di fastidio: perché la partita si è sviluppata nella maniera più incredibile, riacciuffata e scivolata via in una maniera assurda, rimontata e poi clamorosamente buttata al vento in maniera altrettanto incredibile. Con tanti ringraziamenti al cielo se gli avversari non hanno avuto modo di capitalizzare le occasioni avute nei minuti finali. I ducali escono da San Siro strappando un punto così come la Samp e la secca di vittorie in casa nerazzurra continua. Ma stavolta, la sfortuna o gli episodi fortuiti c’entrano davvero poco.
LA TRENZA NEL BUIO – Perché il Parma viene a giocarsela col piglio giusto e nei primi 15-20 minuti regala alla Scala del Calcio una sinfonia degna del celebre Teatro Regio della città ducale. Di fronte, un’Inter che sembra quella uscita dal match contro la Sampdoria, anzi se vogliamo ancora peggio: spaesata, imbambolata, con una difesa che faticava a trovare il bandolo della matassa. Il gol di Sansone, nato da un errore di impostazione della terza linea sul quale Marchionni ha trovato la magata, non è che il culmine di un inizio gara davvero da film horror. La squadra, sebbene dopo qualche minuto, alla fine riesce ad alzare la testa e chiude molto bene il primo tempo, col gol di quel giocatore ormai diventato il vero e proprio faro dell’Inter, vale a dire Rodrigo Palacio. L’attaccante argentino combatte la solitudine del numero primo, o meglio del ruolo di unica punta con tutta la grinta e la qualità di cui dispone facendo ballare la retroguardia ducale. Il risultato sono due gol fatti, di cui uno da manuale; una palla aerea recuperata tra due marcantoni che frutta il 3-2 di Guarin. Tanta, troppa roba il Trenza, che non si sa fino a quanto potrà ancora cantare e portare la croce ma intanto tutto il mondo Inter lo spinge e incrocia le dita.
DON’T SHOOT HANDA – A questo ben di Dio fanno però da contraltare le evidenti difficoltà in fase di non possesso. Chissà chi poteva immaginare che l’assenza di un elemento come Rolando, magari non bello a vedersi ma che in termini di efficacia ha fatto capire di poter portare tanto, sarebbe stata così pesante. Perché a fronte di un Campagnaro battagliero, c’è un Andrea Ranocchia che continua a non essere né carne né pesce, preda delle proprie ansie inconsce, e un Juan Jesus che si fa sfuggire Sansone in occasione dello 0-1 e che in generale non fa un figurone quando ha la palla al piede e al cospetto dei dirimpettai. C’è anche un centrocampo che fa fatica a fare filtro, come candidamente riconosciuto da Walter Mazzarri nel dopo partita. C'è, o almeno sembra esserci, una convinzione che viene meno, che non porta a essere sicuri nemmeno quando la gara pare prendere la sospirata piega giusta. Soprattutto c’è… La topica di Samir Handanovic: quell’errore talmente goffo da sembrare inverosimile che ha vanificato tutti gli sforzi di un tempo consentendo a Parolo di trovare la zampata dell’1-2. Ma è ingiusto crocefiggere il portiere sloveno, bravo anzi a chiedere scusa durante e a recitare il dovuto mea culpa nel dopo partita (una scelta da ammirare). Forse Samir qualche volta ha fatto storcere il naso a più d’uno, ma rimane un punto di forza di questa squadra e una distrazione capita a tutti, come abbiamo visto succedere al suo erede designato Francesco Bardi. Rimane il fatto che le colpe di questa nuova serata da archiviare in fretta non vanno tutte concentrate in quella saponetta…
UNA LUCE DA NON SPEGNERE – E’ venuto fuori alla distanza, ma quando lo ha fatto ha regalato numeri e tanta sostanza, a partire da una ruleta con la quale ha ubriacato tre difensori avversari in un colpo solo. Non appena preso atto delle formazioni ufficiali, questa partita è stata dipinta come la grande chance di Mateo Kovacic, il giovane talento croato atteso alla riscossa dopo un inizio stagione tra pochi spazi e mille incognite. Ci ha messo un po’ a trovare la sua giusta dimensione, Kovacic, ma una volta a suo agio ha fatto capire perché di lui si parla come di uno dei migliori giovani da non spegnere. Classe, personalità (da applausi per un fallo tattico che scongiura un contropiede tre contro zero del Parma), anche coraggio nell’andare al tiro, ad un certo punto Kovacic in campo è sembrato quasi un lusso, visto che le necessità tattiche dei minuti finali sembravano frenarne l’ottima verve. Kovacic, comunque, un senso in questa Inter lo ha eccome, ora sta al buon senso e al buon lavoro di chi di dovere evitare che questa risorsa di energia così importante venga esaurita, o peggio ancora, sprecata per usi non consoni.
BIVIO CHAMPIONS – Quella che doveva essere una fase favorevole del torneo si è chiusa come peggio, forse, non si poteva: senza sconfitte ma con tante prove incolori che per ora fruttano un quarto posto sicuramente più che onorevole però, considerato anche il continuo gioco del rovescino di chi circonda i nerazzurri in classifica, chissà… Mentre viene da chiedersi se Erick Thohir, da Giacarta, abbia dovuto assumere qualche goccia per dormire tranquillo, l’Inter approccia l’ultima salita, con il derby all’orizzonte ma con la gara contro il Napoli da affrontare domenica. Contro il Napoli non sarà una sfida come tutte le altre, facile intuire i motivi. Il Napoli è in fase di rallentamento, con l’Udinese, un po’ come l’Inter ieri, ha gettato nel cestino due punti in malo modo, e oltretutto è atteso dal delicatissimo match do-or-die contro l’Arsenal in Champions League, dove la qualificazione dei partenopei è appesa ad un filo sottile. La Champions come obiettivo e come snodo cruciale, per l’oggi e per il domani: destini e desideri che si incrociano a Fuorigrotta, c’è già buon materiale per imbastire un piccolo romanzo…
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