Sfuma sul più bello il tentativo di impresa per l'Inter che non riesce a superare lo scoglio Bernabeu, dove gli uomini di Simone Inzaghi giocano un'ottima prima parte di gara, malgrado il gol dei blancos arrivato un paio di minuti dopo il quarto d'ora, che trova un pesantissimo contraltare nel secondo tempo, reso estremamente complicato da Nicolò Barella e finito con un inevitabile amaro in bocca che condisce di acre il dolcissimo passaggio del turno agli ottavi di finale. A vincere sono i padroni di casa, che di diritto si prendono la vetta della classifica del gruppo D presentandosi alla fase ad eliminazione diretta da testa di serie. Obiettivo questo lasciato sfuggire dai nerazzurri che tornano a Milano con una duplice consapevolezza: da un lato quella di aver dimostrato ancora una volta a sé stessi di poter giocarsela con tanti, dall'altro quella di aver ancora un po' su cui lavorare e altrettanto da dover far maturare. Nervo scoperto quest'ultimo, che nella gara di ieri in Spagna da scoperto è mutato fino a saltare.
NERVI SALTATI - Quelli di Nicolò Barella. Il cagliaritano, a venti minuti dalla ripresa si prende uno spintone di Militao che lo catapulta dritto sul tabellone di bordo-campo scatenandone la reazione che, seppur non eccessivamente scomposta, da regolamento passibile di espulsione. Un'ingenuità che Nicolino si sta ancora recriminando e che, conoscendo il 24enne sardo, non gli avrà dato pace questa notte e chissà per quante a venire. Brych non si lascia pregare tantomeno intenerire da buona fede e ingenuità del nerazzurro, che tenta invano di spiegare il perché di quel debole schiaffetto alla coscia del giocatore madrileno immediatamente dopo lo schianto, e dopo un consulto con il resto della terna arbitrale ammonisce il brasiliano prima di mostrare il rosso a Barella che finisce, con tanto di rabbia soffocata tra i denti, in un angolo del Bernabeu a interpretare la parte del deluso, sconsolato e tristissimo bambino in punizione relegato ad osservare i compagni divertirsi al netto della sua assenza.
ASENSIO, 2-0 è FINITA - Ma a divertirsi sono più i padroni di casa che, forti del fattore campo e della superiorità numerica si prendono tempo e spazio per mandare definitivamente in crisi i meccanismi inzaghiani, quindi solidità e manovra offensiva. Cambi obbligati per evitare un'eventuale imbarcata e forze nuove che aiutano sicuramente meno di quelle messe in campo da Ancelotti che rivitalizza i suoi con tanto di Camavinga, Asensio, Valvede, Mariano Diaz e Hazard. Asensio 4-0 è finita, recita uno dei più utilizzati sfottò rivolti ai rivali juventini (per ricordare il poker blancos calato dallo spagnolo a Cardiff), e puntualmente arriva l'effetto boomerang del karma ed è proprio l'11 madrileno che a un minuto dall'ingresso in campo, al posto di Rodrygo, l'uomo più pericoloso fino a quel momento dei padroni di casa, calcia dal limite dell'area un gran pallone che Handanovic riesce solo a veder entrare in rete senza riuscire ad arrivare neppure a toccare: da 4-0 a è finita a 2-0 è finita. Con una piccola, sottilissima differenza: l'obiettivo in questo caso è raggiunto malgrado Asensio e con buona pace di eventuali sfottò.
OBIETTIVO RAGGIUNTO - Esattamente come lo scorso anno, l'Inter in casa del Real gioca buona parte di gara in dieci uomini, ma a differenza della scorsa stagione questa volta i nerazzurri imbastiscono una prestazione che lascia rimpatriare i milanesi a testa alta, seppur compromessa da espulsione e un gol nel primo tempo che "per quanto visto in campo non ci stava" - per citare Inzaghi -. "Come gioco e prestazione lo è stata - dice sicuro Handanovic a Inter TV nel post gara -. Abbiamo messo buona parte della partita il Real sotto, purtroppo non abbiamo sfruttato le occasioni che ci sono capitate a differenza loro che hanno sfruttato la prima che gli è capitata" riferendosi al gol di Toni Kross arrivato dopo un pallone perso in uscita e arrivato a colpo ferire nel momento migliore dei nerazzurri che avevano iniziato la gara con piglio e atteggiamento giusto che per tutti i primi quarantacinque minuti avevano fatto ben sperare. "Partita di due squadre che si sono affrontate a viso aperto" ha aggiunto correttamente Handanovic che ha chiuso con un giudizio di bilancio "positivo" al netto della sconfitta: "Si giocava per il primo posto, volevamo vincerla, non ci siamo riusciti. Ma l'obiettivo era la qualificazione ed è stato centrato quindi è positivo".
NERVI SALTATI - Quelli di Nicolò Barella. Il cagliaritano, a venti minuti dalla ripresa si prende uno spintone di Militao che lo catapulta dritto sul tabellone di bordo-campo scatenandone la reazione che, seppur non eccessivamente scomposta, da regolamento passibile di espulsione. Un'ingenuità che Nicolino si sta ancora recriminando e che, conoscendo il 24enne sardo, non gli avrà dato pace questa notte e chissà per quante a venire. Brych non si lascia pregare tantomeno intenerire da buona fede e ingenuità del nerazzurro, che tenta invano di spiegare il perché di quel debole schiaffetto alla coscia del giocatore madrileno immediatamente dopo lo schianto, e dopo un consulto con il resto della terna arbitrale ammonisce il brasiliano prima di mostrare il rosso a Barella che finisce, con tanto di rabbia soffocata tra i denti, in un angolo del Bernabeu a interpretare la parte del deluso, sconsolato e tristissimo bambino in punizione relegato ad osservare i compagni divertirsi al netto della sua assenza.
ASENSIO, 2-0 è FINITA - Ma a divertirsi sono più i padroni di casa che, forti del fattore campo e della superiorità numerica si prendono tempo e spazio per mandare definitivamente in crisi i meccanismi inzaghiani, quindi solidità e manovra offensiva. Cambi obbligati per evitare un'eventuale imbarcata e forze nuove che aiutano sicuramente meno di quelle messe in campo da Ancelotti che rivitalizza i suoi con tanto di Camavinga, Asensio, Valvede, Mariano Diaz e Hazard. Asensio 4-0 è finita, recita uno dei più utilizzati sfottò rivolti ai rivali juventini (per ricordare il poker blancos calato dallo spagnolo a Cardiff), e puntualmente arriva l'effetto boomerang del karma ed è proprio l'11 madrileno che a un minuto dall'ingresso in campo, al posto di Rodrygo, l'uomo più pericoloso fino a quel momento dei padroni di casa, calcia dal limite dell'area un gran pallone che Handanovic riesce solo a veder entrare in rete senza riuscire ad arrivare neppure a toccare: da 4-0 a è finita a 2-0 è finita. Con una piccola, sottilissima differenza: l'obiettivo in questo caso è raggiunto malgrado Asensio e con buona pace di eventuali sfottò.
OBIETTIVO RAGGIUNTO - Esattamente come lo scorso anno, l'Inter in casa del Real gioca buona parte di gara in dieci uomini, ma a differenza della scorsa stagione questa volta i nerazzurri imbastiscono una prestazione che lascia rimpatriare i milanesi a testa alta, seppur compromessa da espulsione e un gol nel primo tempo che "per quanto visto in campo non ci stava" - per citare Inzaghi -. "Come gioco e prestazione lo è stata - dice sicuro Handanovic a Inter TV nel post gara -. Abbiamo messo buona parte della partita il Real sotto, purtroppo non abbiamo sfruttato le occasioni che ci sono capitate a differenza loro che hanno sfruttato la prima che gli è capitata" riferendosi al gol di Toni Kross arrivato dopo un pallone perso in uscita e arrivato a colpo ferire nel momento migliore dei nerazzurri che avevano iniziato la gara con piglio e atteggiamento giusto che per tutti i primi quarantacinque minuti avevano fatto ben sperare. "Partita di due squadre che si sono affrontate a viso aperto" ha aggiunto correttamente Handanovic che ha chiuso con un giudizio di bilancio "positivo" al netto della sconfitta: "Si giocava per il primo posto, volevamo vincerla, non ci siamo riusciti. Ma l'obiettivo era la qualificazione ed è stato centrato quindi è positivo".
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