Nel corso di una lunga intervista esclusiva rilasciata a 'The Coaches Voice", José Mourinho ha raccontato la genesi della vittoria della Champions League 2010, quella che ha consegnato l'Inter nella leggenda grazie alla conquista del Triplete. Si parte proprio dall'inizio della avventura in nerazzurro del portoghese: "Quando arrivi in un club, penso sia importante sapere cosa il club vuole e cercare di ottenerlo - dice Mou -. La Champions League è sempre un punto di domanda perché i turni a eliminazione diretta sono sempre imprevedibili e le avversarie sono sempre fortissime. Ma il mio accordo con l’Inter era di continuare a dominare in Italia per il primo anno, vincere lo scudetto per la terza volta consecutiva e intanto cominciare ad avere un feeling con la Champions League. E così ho aspettato i turni ad eliminazione diretta, siamo stati eliminati dal Manchester United e ho fatto il mio report al club e detto di cosa avevamo bisogno per passare a un livello successivo. Il lavoro che ha fatto il club è stato fenomenale in quell’estate, il mercato è stato fantastico. Abbiamo aggiunto giocatori fondamentali, alcuni giocatori chiave in una squadra che era stata incredibile per certi aspetti. E quindi ci siamo presentati alla Champions League con ambizione. E ce l’abbiamo fatta".

Lo Special One, poi, passa a descrivere nel dettaglio come è stata costruita a livello filosofico quella squadra leggendaria.
"Eravamo una squadra fenomenale difensivamente, ma sentivo che dovevamo portare la linea 20 metri più avanti per poter dominare e pressare più forti. Avevo un gruppo di difensori centrali fortissimi, ma nella fase finale della carriera. Avevo bisogno di velocità, era fondamentale per noi. Volevo Ricardo Carvalho, abbiamo tentato di tutto ma con il Chelsea non è stato possibile. E quindi con lo staff del club - e per questo dico che la semplicità è geniale e noi avevamo una struttura semplice - è subito uscito il nome di Lucio come giocatore perfetto perché era davvero veloce. Magari non tecnico come Carvalho, ma veramente veloce. E aveva ciò di cui avevamo bisogno".

In quell'estate, arrivarono, tra gli altri, Sneijder ed Eto'o. 
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Dovevamo migliorare la nostra fase di passaggio a centrocampo. Avevamo giocatori fantastici a centrocampo, giocatori fortissimi come Stankovic, Zanetti, Muntari ma avevamo bisogno di dominare maggiormente il gioco, controllare maggiormente la palla. Avevamo bisogno di qualcosa di diverso e Sneijder è stato la chiave per noi. E poi in attacco avevamo perso Ibrahimovic ma abbiamo preso Eto’o e Milito. L’approccio è stato molto semplice e la squadra si è adattata subito. Non solo una squadra che dominasse la Serie A, ma anche una squadra forte, cinica, intelligente e pragmatica che potesse confrontarsi con le migliori squadre in Europa".

La parita della svolta.
"Non è stato semplice. Non siamo stati una squadra fortunata nei sorteggi, abbiamo iniziato con il Barcellona nel gruppo e poi agli ottavi il Chelsea e poi di nuovo il Barcellona, quindi, il Bayern in finale. E’ stata durissima ed è stata un’impresa per noi. Abbiamo rotto quel blocco psicologico, quei 50 anni (45 anni ndr). senza vincere la Champions. E l’Inter negli anni 80 e 90 era una grande squadra, ogni grande giocatore ha vestito la maglia dell’Inter in quel periodo. Tornando indietro nel tempo, i tedeschi hanno giocato nell’Inter: Matthaus, Brehme, Klinsmann. E poi Seedorf, Davids, e Ronaldo Nazario, Adriano. Ogni top player del mondo ha giocato per l’Inter, ma non sono riusciti a rompere quel blocco psicologico. Il momento chiave è stato l’ottavo con il Chelsea, la gente ha cominciato a credere che la nostra squadra potesse farcela. Siamo andati a vincere a Stamford Bridge e quella è stata la svolta di cui la squadra aveva bisogno". 

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Sezione: In Primo Piano / Data: Mer 19 giugno 2019 alle 19:47
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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