Doveva succedere che l’Inter, forte del successo contro la Sampdoria arrivato allo sprint che aveva permesso ai nerazzurri di inserirsi nella bagarre alle spalle delle due grandi, aveva tutte le carte in regola, mai come questa volta forse, per poter finalmente esorcizzare la chimera del terzo successo consecutivo e dare un segnale di una certa importanza: essere riuscita, nonostante un gioco espresso ancora non brillantissimo, a mettersi alle spalle le difficoltà. Di fronte, del resto, c’era un’avversaria un po’ alla deriva, capace solo di ottenere una vittoria nelle prime nove gare del campionato, e malgrado il lungo elenco di infortunati la formazione nerazzurra aveva tutte le carte in regola per poter proseguire nel discorso. E’ successo che il Parma ha trovato il bomber a sorpresa nei panni dell’ex Primavera Juve Paolo De Ceglie, autore di una doppietta; che gli uomini di Roberto Donadoni ha messo nuovamente alla berlina un’Inter inguardabile soprattutto nel primo tempo; poi anche un pizzico sfortunata, forse, ma comunque incapace di creare una reazione nel complesso credibile, visto che Antonio Mirante, portiere emiliano, per sporcarsi anche leggermente i guanti deve aspettare quasi un'ora. E alla fine, capace di far risorgere un Parma che sembrava alle corde: e di conseguenza, di far riaprire repentinamente il fascicolo dei processi che sembrava accantonato.
LA SOLITA MUSICA – Il Parma ha sostanzialmente meritato in pieno la vittoria di ieri: perché magari non avrà fatto un gioco spumeggiante per tutti i novanta minuti, ma ha saputo gestire al meglio il vantaggio arrivato a freddo, grazie a un metodo difensivo che non disdegna momenti della serie ‘colpiamo tutto quello che si muove, se è il pallone è meglio’, agevolato a volte anche dal metro di arbitraggio un po’ troppo permissivo di Rizzoli, e quando ha avuto l’occasione è andato a creare nuovi brividi, appoggiandosi agli sprazzi di classe di un redivivo Antonio Cassano. Ma soprattutto, ha approfittato al meglio di un’Inter che specie nei primi 45 minuti ha rispolverato la solita, stucchevole versione da trasferta vista ormai troppe volte in questi ultimi tempi: bloccata, sulle gambe, inerme, capace di far diventare Paolo De Ceglie, di ruolo terzino, un cecchino dell’area di rigore; in grado si soffrire le sgroppate di un Andrea Rispoli che ieri a tratti sembrava il miglior Maicon; di non riuscire a imbastire un’azione decente che fosse una. Nella ripresa, con l’inserimento di un Hernanes non al 100%, la squadra si è vista più spesso in avanti, fermata anche dal palo in una circostanza, ma col prezzo da pagare di immense praterie nelle quali i padroni di casa quando hanno potuto hanno pasteggiato a sazietà, fino al secondo gol di De Ceglie e alle occasioni nel finale di Acquah e Rispoli. Insomma, una squadra che ancora una volta ha messo una mina sotto le fragili certezze che sembravano un pochino ritrovate, priva di identità e continuamente sospesa in una nebulosa di indefinito che ormai ha scavalcato la soglia di intolleranza.
SENZA DIFESA – E forse mai come questa sera, senza difesa si ritrova soprattutto il tecnico dell’Inter. Walter Mazzarri mai come nella sera del Tardini è arrivato nudo e sfiancato alla meta, tornato con tutte le scarpe nel vortice delle polemiche dal quale aveva affannosamente fatto capolino nelle ultime partite. Ma mai come questa volta, Mazzarri esce da questa sfida senza difesa. E’ senza difesa, ad esempio, quando i due gol del Parma arrivano su altrettante bambole della retroguardia nerazzurra, Handanovic compreso perché prima non esce sul cross poi si fa passare un pallone non irresistibile tra le gambe, con De Ceglie che ringrazia due volte; è senza difesa nel vero senso della parola quando, nel tentativo di raddrizzare la baracca, mette in campo una retroguardia a quattro che si rivela essere senza capo né coda, che non regge bene il possesso palla della fase offensiva e quando si perde palla sono ulcere, ulteriore testimonianza del fatto che questo no, non è il suo gioco; è senza difesa che ragiona perché, in occasione della rete ammazza-incontro, i giocatori del pacchetto arretrato compongono una linea che sembra la piramide di Cheope, mandando a far benedire ogni proposito di fuorigioco. E’ senza difesa, purtroppo per lui, quando si ritrova costretto a mettere Andrea Ranocchia nel ruolo di esterno destro, con tanta buona volontà ma con amnesie che denunciano l’inadeguatezza a quel ruolo. E’ senza difesa, nel senso di protezione dagli eventi infausti, quando si gira verso la panchina e si ritrova a doversi affidare a due ragazzi di talento come Bonazzoli e Camara, ma più per disperazione che per convinzione. E alla fine, nel consueto rosario di interventi mediatici del post-gara, il tecnico di San Vincenzo, tra le tante dichiarazioni, ne rilascia una che non va fatta passare sottotraccia: “Forse la vittoria con la Sampdoria ci ha dato troppa sicurezza, i ragazzi hanno sottovalutato l’impegno”. Se questa è una spiegazione, allora senza difesa diventano le coronarie dei tifosi e dei critici: davvero questo gruppo fatto di buoni giocatori ma non di campioni, che ancora deve crescere (cit.), si permette di prendere sottogamba gli impegni, oltretutto sapendo che Parma è un campo ostico per eccellenza? Se così fosse, l’allarme sarebbe fortissimo: perché a quel punto, tutti sarebbero senza difesa e nessuno la meriterebbe.
E ALLORA CRESCETE – Dice Andrea Ranocchia a fine gara: “I fischi? Ci fanno crescere più rapidamente, secondo me. Io personalmente tiro fuori molto di più, perché è nelle situazioni più difficili che si forma il carattere”. Parole sacrosante, per carità, quelle del capitano, costretto ieri anche al sacrificio di trasformarsi in esterno con licenza di spingersi nella metà campo offensiva. Ma passano i giorni, le partite, e la sensazione purtroppo non muta: l’Inter non cresce. E questo, purtroppo, anche al netto di infortuni e impegni a pioggia: perché non può essere un caso non riuscire in due anni a inanellare un filotto di tre successi consecutivi, anche al cospetto di avversari decisamente abbordabili. Non è solo un problema di continuità ma anche di mentalità, di fame, di voglia di spaccare il mondo che questa Inter continua ad avere nelle parole ma non nei fatti.
L’ULTIMA (CI) BEFFA – Tempo per leccarsi le ferite, purtroppo o per fortuna, ce n’è poco, perché giovedì si va in campo a Saint-Etienne, nel tentativo di ipotecare il passaggio alla seconda fase di Europa League, primo mini-traguardo stagionale. E nel frattempo, si manda agli archivi un’altra desolante sconfitta, la terza in dieci partite di campionato; arrivata anche stavolta contro l’ultima nella graduatoria. Prima il Cagliari, ieri il Parma: ribaltoni incredibili in gare che sembravano alla portata. Un altro aspetto di questo sconfortante ‘copia e incolla’ di situazioni che si dovrebbero evitare se ci si ritiene una grande squadra…
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