E’ la dura legge del gol. Giocare bene, arrivare tante volte ad un passo dal gol, ma alla fine capitolare sul più bello, nel momento di massima spinta, quando tutto sembra possibile e invece si arriva a fine partita con un pugno di mosche in mano. E senza alcun punto in più in una classifica che si fa sempre più triste. D'altronde lo score del mese di marzo è orripilante: due pareggi (Napoli e Cesena), quattro sconfitte (ieri sera, contro la Fiorentina oltre alla doppietta europea contro il Wolfsburg), ma soprattutto zero vittorie. Verrebbe da dire che l’Inter non c’è più, sepolta sotto una quantità infinita di problemi e paure di essere grande, più forte delle avversità, capace di rialzarsi anche se tutt'attorno è un marasma di fischi e di persone che non credono più ad un nuovo e vincente corso targato Mancini. Non basta voler proporre un bel calcio per vincere le partite. C’è bisogno di carattere, grinta, determinazione. Tutte caratteristiche che, nell’Inter di oggi, latitano. Quel quid che permette ad una squadra, nonostante lo svantaggio, di provare a rientrare in partita, alzando i giri del motore e tentando il tutto e per tutto. Non sempre le cose vanno come si vorrebbe. Ma, se ci si arrende alle difficoltà, non vale nemmeno la pena di giocare queste partite. La cosa preoccupante di questa Inter è che l’impegno c’è, si vede. Semplicemente, non è abbastanza per giustificare d’aver indosso una maglia pesante come quella nerazzurra. I giocatori devono dare qualcosa in più. Ma, come sempre, non è tutto da buttare: la squadra ha giocato un’ottima seconda frazione, in cui solo il caso (e un po’ di mancata cattiveria sotto porta) ha impedito di passare in vantaggio su una Sampdoria che si stava sgretolando: emblematico in questo senso il cambio che effettua Mihajlovic a metà ripresa a centrocampo per opporre giocatori freschi allo strapotere nerazzurro, lì dove Brozovic e Guarin avevano preso il dominio del terreno di gioco. Poi il gol di Eder, la rincorsa fargugliosa verso il gol del pareggio e l’ennesima delusione. Beffa: Icardi e Vidic, diffidati, salteranno per squalificati la prossima partita contro ciò che resta del Parma, dopo la sosta per le nazionali.
SHAQIRI - Lo svizzero si sta dimostrando sempre più il centro gravitazionale del gioco nerazzurro. L’ex Bayern Monaco adotta una posizione di gioco particolare, studiata ad hoc per mandare in crisi il centrocampo blucerchiato e impedendo così a Palombo di impostare al meglio. Shaq infatti gioca ai lati del centrocampista della Samp, impedendogli di avere punti di riferimento e bruciandolo nei primi passi dell’azione grazie alla sua rapidità. Gli avversari, quando raddoppiano, sono costretti a ricorrere alle cattive maniere per ammansirlo: Romagnoli lo abbatte e viene ammonito e poi per tutta la partita sarà lo spauracchio della difesa di Mihajlovic. Mette in mezzo un paio di palloni ottimi, così come le sue conclusioni si rivelano pericolose. Peccato non riesca a segnare. Ma lui è il futuro dell’Inter.
E’ QUESTIONE DI MEZZALI - L’Inter nel secondo tempo gioca bene perché le mezzali di centrocampo ingranano le marce giuste. Brozovic e Guarin (coordinati dai movimenti e dalle imbucate di Shaqiri) sono il vero motore dell’Inter che permette alla manovra di diventare avvolgente e pericolosa. Gli inserimenti, i cambi di campo, la corsa e il tiro da fuori dei due giocatori interisti sono un’arma letale per il Mancio, tanto che, come dicevamo poco sopra, Mihajlovic è costretto a sostituire Acquah per un più fresco Obiang per tentare di riassestare l’equilibrio a centrocampo. Il tecnico doriano è fortunato perché poco dopo Eder segna e l’Inter si sgonfia. Peccato per il cambio che ha visto uscire Brozovic al posto di Palacio: è sempre facile parlare con il senno di poi, ma Podolski si è dimostrato un corpo totalmente estraneo alla partita. E’ stato giusto sostituire proprio Brozovic?
PROBLEMI DI PERSONALITA’ - Così come Zeno Cosini, anche l’Inter lamenta una seria malattia d’inettitudine. Non è possibile che dopo il gol subito tutto il furor agonistico dei primi minuti della ripresa ne esca sconquassato e in campo i nerazzurri si trasformino. Certo, dopo una partita del genere attaccare i singoli sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, eppure queste partite sono i sintomi del fatto che all’Inter c’è qualcosa che non va. Questi match non possono essere persi, da una grande squadra. Non è la prima volta che la squadra del Mancio esce sconfitta anche se, ai punti, avrebbe meritato molto di più. C’è da interrogarsi. Qual è il problema? La caratura dei giocatori? Lo stile di gioco troppo propositivo rispetto al livello dei giocatori in rosa? L’Inter ha bisogno di giocatori che sappiano reagire, conquistare punti anche su campi difficili e dimostrarsi forti quanto basta per non lasciarsi trascinare nel viatico dell’inquietudine dopo qualche errore. Oggi l’Inter non è questo tipo di gruppo. Ma giudicare il lavoro di Mancini a tre mesi dall’inizio del suo in carico, per di più a stagione in corso e con un gruppo di giocatori che era stato assemblato per un diverso tipo di calcio è davvero ingiusto. La squadra gioca meglio rispetto all’era Mazzarri, questo è innegabile. Ci sono tanti errori e gli schemi del Mancio magari mettono in risalto alcune lacune che il copertissimo 3-5-2 dell’allenatore precedente coprivano meglio. Ma forse anche questo riuscirà ad essere benefico: in queste ultime dieci partite, si capirà davvero chi merita di vestire la maglia dell’Inter.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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