A tratti sembra calcio d’agosto e il risultato, in un certo senso, certifica la sensazione surreale di uno stadio vuoto e una goleada che certifica la superiorità interista in un match mai in discussione. Come da pronostico, l’Inter fa giocare molte seconde linee ma l’attitudine che Spalletti ha costruito in questa settimana di ripresa dei lavori è stata la carta vincente: il doppio vantaggio raggiunto in una manciata di minuti certifica lo spirito di una squadra che sta costruendo le sue certezze su una tenuta mentale in crescendo. Segnali, poi, da diversi giocatori su cui Spalletti vuole contare per la seconda parte di campionato, quando si andrà a caccia di un trofeo: Ranocchia, Dalbert, Gagliardini, Candreva e - comprensibilmente - Lautaro hanno avuto un peso specifico risibile all’interno della prima parte di stagione. Ora è arrivato il momento di dare qualcosa in più.

LA CARICA DEL TORO - Alla lettura della formazione, l’esperimento più intrigante era verificare la coesistenza tra Lautaro e Icardi, in un 442 ibrido che scala a 4231 quando c’è bisogno di difendere e Martinez arretra sulla linea dei centrocampisti. E se l’inizio della partita la caricano Maurito e Candreva, col passare dei minuti Lautaro diventa fulcro del gioco dell’Inter, grazie alla sua presenza costante e ai suoi movimenti a tutto campo. Il ritmo non è comprensibilmente il migliore, ma l’intensità e la mira rimangono quelle di sempre: la doppietta con cui suggella un’ottima prestazione è solo una conseguenza del progetto di giocatore che sarà. E se avesse colpito meglio quel cross di Dalbert in sforbiciata, staremmo celebrando una tripletta da fuoriclasse.

TENUTA MENTALE - Spalletti aveva professato più di una preoccupazione sull’aspetto mentale della gara, lì dove spesso la sua squadra ha ceduto nell’ultimo anno e mezzo. Il risultato riflette parzialmente la gara dell’Inter, che ha legittimato la vittoria e non ha mai tolto le mani dal volante, anche se dopo il 4-0 un po’ di campo è stato lasciato, agli uomini di Bucchi. Non vanno dimenticate alcune sbavature che hanno costretto i difensori a qualche straordinario: la particolare acustica del match ha permesso di ascoltare alcune conversazioni e Skriniar era l’uomo designato a tenere alta la concentrazione. Le sue urla, le grida d’incitamento sono state una costante nel corso dei 90’, così come qualche strillo di Spalletti: nel primo tempo ha imbeccato Dalbert, che ha cominciato timido ma - dopo una sfuriata per una banalissima giocata orizzontale - ha girato le viti giuste e si è mangiato la fascia, arrivando al primo gol in nerazzurro e sfornando alcune soluzioni interessanti. Piccoli passi, dicevamo, ma convincenti.

SOTTO TRAME - Come ogni volta che si inaugura l’anno, Inter-Benevento è stata una partita a sé, ricca di argomenti che esulavano dalla prestazione, ma si intersecano nel mosaico nerazzurro che Spalletti, Marotta e Ausilio stanno costruendo in questi mesi. Icardi ha risposto nel modo migliore alle polemiche di questi giorni, segnando e continuando a spendersi in campo come nelle ultime uscite. Skriniar, come accennavamo poco sopra, si è dimostrato l’ultimo baluardo, la pietra miliare su cui si regge la squadra; le parole di Spalletti a fine gara (“Non c’è nessuna squadra che può pagarne il valore, rimane qui”) certificano che lo slovacco rimane a Milano. E tutti quei giocatori dati per partenti, o ai confini del progetto, si sono scoperti importanti. Il 2019 sarà una lunga rincorsa per l’Inter e i buoni propositi sono stati evidenti, già dalla gara contro il Benevento. A fine gennaio ci sarà la Lazio, per continuare la ricerca di un trofeo che manca dal 2011. Ma prima il Sassuolo, la bestia nera: domenica prossima a San Siro si deve ricominciare la maratona. 

Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 14 gennaio 2019 alle 08:15
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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