Perdere fa sempre male. Soprattutto se perdi contro la Juventus poco meno di tre giorni dopo aver perso immeritatamente in casa del Barcellona, dominando il primo tempo. Tuttavia il calcio insegna che questo tipo di ferita col tempo si rimargina e il dolore assimilato nel processo di crescita, torna utile per compiere lo step successivo: da buona squadra, a club che compete. Barça e Juve sono due squadre più forti dell’Inter e la settimana appena trascorsa ne è la testimonianza: e se al Camp Nou Valverde ha tatticamente regalato 45’, Sarri non ha fatto sconti. E pronti, via ha evidenziato alcune falle strutturali della squadra di Conte che nel corso del big match ha perso due pezzi importantissimi e quando si è girato verso la panchina per le sostituzioni ha visto ancora una volta in più il limite principale di questa squadra: le rotazioni sono cortissime e c’è un abisso fra i primi undici e il resto della rosa. Soprattutto se manca Alexis Sanchez, che ieri - magari al fianco di Lautaro, nella ripresa - si sarebbe esaltato.
CONTE - Hanno provato in tutti i modi a far diventare questo Inter-Juve come una questione personale, una faida da risolvere fra i Campioni d’Italia e il primo, storico artefice dei loro successi: nessuno sapeva i moti interiori di Conte, ma la verità è che quando Rocchi ha fischiato l’inizio della gara l’incantesimo si è spezzato. La Juve ha preso il dominio della palla e ha dimostrato perché riteneva legittimo il desiderio di scambiarsi di posizione in classifica con l’Inter: quando Dybala segna, de Vrij e Godin sono fuori posizione e la diagonale di Skriniar non riesce a fermare la Joya. L’Inter vacilla, Ronaldo ha in canna il colpo del 2-0 ma la traversa paga la cauzione per tutti e i nerazzurri respirano. Conte si sbraccia, organizza l’uscita del pallone e i suoi cominciano a giocare, prendono campo e trovano il pari. È stata una partita di scatti, in cui un paio di strappi di Lukaku potevano indirizzare ulteriormente una gara strana, in cui la Juventus non ha mai avuto il controllo tecnico ma è sembrato avere quello emotivo. Alla fine, l’ha risolta l’esperienza.
CAMBI - I sistemi indirizzano il risultato, i campioni vincono le partite. Più di tutto, è questa l’analisi su cui l’Inter deve riflettere durante queste due settimane di pausa. Al 90’ non c’era rassegnazione, nel volto di tutto il mondo interista; e questa è la cosa più importante. C’era la consapevolezza che per arrivare al livello della Vecchia Signora mancano ancora un paio di step, necessari in un percorso che sta muovendo i primi passi. Sarri nella ripresa ha potuto pescare tre riserve come Higuain, Bentancur ed Emre Can: il primo all’Inter sarebbe titolare, Benta e Can hanno tutte le carte per sovvertire le rotazioni.
Nell’Inter, Vecino ci mette venti minuti di troppo per entrare in partita e i suoi palloni sbagliati alla fine del primo tempo potevano costare carissimo. Bastoni è entrato con personalità, ha giocato a testa alta e scelto un paio di sventagliate coraggiose - ma se nel Derby d’Italia devi ricorrere a un classe ’99 con una presenza all’attivo, qualcosa da sistemare c’è. Su Politano, si sa: è quel tipo di giocatore che negli ultimi 20’ ti fa la differenza, anche ieri ha creato sulla stanchezza avversaria. E per arrivare secondo, in Italia, questo probabilmente basta. Se vuoi vincere lo Scudetto, come dicevamo poc’anzi, c’è da fare uno step ulteriore. Nessun dramma, tutti consapevoli: la strada è lunga.
LA RINCORSA DEL TORO - C’è un giocatore che in questi ultimi sette giorni ha dimostrato che quei gradini può salirli. Lautaro Martinez è stato il volto dell’Inter nelle ultime due gare, grazie a delle prestazioni importanti sia sotto porta sia a centrocampo, dove ha battagliato su ogni pallone. Contro la Juve il Toro ha giocato probabilmente la sua miglior partita in nerazzurro, seconda solo al Derby di ritorno della scorsa stagione. Una completezza di movimenti, una tecnica pura e una determinazione nel battere il rigore dell’uno a uno che non possono essere un caso. Lo stadio lo sostiene e quando Conte lo sostituisce si alza in piedi per la sua prima standing ovation. Queste due gare sono il suo statement definitivo, l'asticella si è alzata: l'Inter si aspetta di vedere più spesso questo Toro, dentro e fuori dall'area di rigore. Lui, Skriniar, Barella e Sensi hanno le chiavi del presente e dell'immediato futuro dell’Inter - e Conte sta plasmando la squadra su di loro. A cominciare già dalle prossime gare, in cui Conte dovrà contare sui suoi fedelissimi per sbancare un altro tour de force da 7 partite in 25 giorni.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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