Visto che ormai è diventato un modo di dire di uso comune in casa nerazzurra, chiediamocelo anche noi all’indomani di un’altra partita senza vittoria tra le mura amiche: com’è il bicchiere dell’Inter? A caldo, verrebbe da dire vuoto. Soprattutto per come è maturato il pareggio, una doccia scozzese arrivata al minuto 89 per mano dei due giocatori lanciati in campo da Andrea Mandorlini nel tentativo di approfittare del momento propizio vista la superiorità numerica. Missione compiuta: la banda dei conejos formata da Javier Saviola e Nicolas Lopez, uniti dal soprannome oltre che dalla militanza nella stessa squadra, confezionano lo scherzetto sul filo di lana, che consente al Verona di alleviare il proprio bilancio nella Milano nerazzurra, lì dove non è mai riuscita ad ottenere il bottino pieno, con l’Inter costretta alla frenata al fotofinish, ancora una volta. E tanta grazia se Samir Handanovic ha ipnotizzato Luca Toni dal dischetto. Il bicchiere è vuoto, e i motivi per pensarlo non mancano. Ma qualche goccia nel bicchiere, qualche goccia di speranza anche in una serata che poteva portare i fatidici tre punti, tutto sommato c’è.
COME UN GOL – Un giorno racconterà ai propri nipoti di avere dovuto, per una sera, indossare anche i panni del portiere, peraltro diventando protagonista con una parata superba. Avversario, anche quella sera, guarda caso era il Verona, anche se all’epoca si parlava di Coppa Italia. Ieri sera, invece, Rodrigo Palacio ha affrontato gli scaligeri in campionato. In un momento non particolarmente facile per lui dal punto di vista del rendimento, con il numero zero alla voce gol segnati e una forma fisica che sin qui ha latitato. Bene, ieri il Trenza ha dato dimostrazione di forza leonina: non avrà segnato ma stavolta non si è dannato l’anima per cercare il gol, ma per dare una mano il più possibile ai propri compagni. Il risultato è stato davvero encomiabile: Rodrigo suda, rincula, costruisce, si concede il lusso di due assist vincenti convertiti alla perfezione da Mauro Icardi. E quando Rocchi manda anzitempo sotto la doccia (Giusto? Sbagliato? I dubbi restano) Gary Medel, getta il cuore oltre l’ostacolo andando a fare il difensore aggiunto, respingendo e sbrogliando situazioni intricate nei propri 22 metri. Finché ha avuto birra in corpo, Palacio ha dato l’anima per la causa, e questa dedizione vale quanto e forse più di un gol. E riempie il bicchiere.
IL MURO DI SAN SIRO – Ma il bicchiere si può provare a riempire pensando a come l’Inter ha reagito dopo il gol di Luca Toni, una scossa inopportuna ma che è servita per far uscire la squadra dal torpore. Dopo pochi minuti, è arrivato il pareggio, e nel giro di pochi secondi Zdravko Kuzmanovic si è visto negare dal palo una rete che per l'abnegazione e il sacrificio mostrati in queste ultime partite sarebbe stato sicuramente un premio meritato; pensando a come l’Inter, in dieci uomini, pur non essendo sempre impeccabile ha comunque retto, e anzi quando c’è stata l’occasione di colpire l’Inter non si è tirata indietro. Qualche goccia nel bicchiere la mette anche Dodò, che continua sempre a rispondere presente svolgendo il proprio compito con grande diligenza, anche se forse sul gol di Nico Lopez non è del tutto esente da colpe; e qualche goccia in più la mette Mauro Icardi. Bomber vero, di quelli che gli bastano due palle gol, servite al bacio dal connazionale Trenza per arrotondare ulteriormente il proprio bottino stagionale, arrivato a quota 11 a novembre appena iniziato. Icardi che poi, nel dopo partita, ha toccato un tasto divenuto fin troppo dolente, ormai. Quel dito alla bocca dopo il pareggio non era casuale, e lo ha fatto anche capire: i fischi piovuti ancora sulle teste dei giocatori, a gara in corso come a fine partita, creano fastidio al gruppo e Maurito non lo nasconde. Ormai è una situazione tristemente consolidata sulla quale non serve, forse, spendere ulteriori commenti: ma è anche vero che Erick Thohir, nelle ore precedenti la partita, ha spronato i giocatori a fare in modo di trasformare i fischi in applausi mandando “un bel messaggio”, cosa che se è stata fatta non è stata recepita. Insomma, nella sera in cui si celebra la caduta di un muro storicamente più importante come quello di Berlino, quello innalzato a San Siro tra buona parte della tifoseria interista e (soprattutto) l’allenatore Walter Mazzarri diventa invece sempre più robusto. Ma cui prodest avere una squadra costretta sempre a giocare tra l’incudine e il martello?
TRA ANSIA E SFORTUNA – Se proprio vogliamo trovare un motivo per svuotare il benedetto bicchiere, si può vederlo ancora nell’eccessivo nervosismo che ormai, quasi come la ‘nuvola dell’impiegato’ fantozziana, prima o poi arriva ineffabile sul gruppo nerazzurro. Ieri sera in campo si è palesato soprattutto nei primi minuti di gara, quelli dell’approccio. Forse si sente il peso della partita e allora ecco Hallfredsson innescare un contropiede micidiale che punisce una difesa da oltraggio al pudore col gol di Toni. E anche nel momento migliore dell’Inter, quando l’Hellas ha l’occasione per fare male non si tira indietro, e deve inventarsi una parata in extremis Handanovic per evitare un gollonzo da Gomez. La ripresa, forse, fa poco testo: chiaro che Mandorlini, uno abituato a giocarsela, non si è fatto dire due volte di approfittare dell’occasione offerta dalla superiorità numerica. E allora, dentro un 4-2-3-1 molto aggressivo con Lopez e Saviola a dar man forte al vivace Christodoulopoulos e a Luca Toni. Dai e dai, la difesa nerazzurra tiene ben saldo l’argine, anche aiutata dalla buona sorte in un caso (e non dai subentrati Rene Krhin e Joel Obi), ma proprio all’ultimo respiro cade nel peggiore dei modi, con un’amnesia pesante. Episodio sfortunato finché si vuole, ma che fa crescere i rimpianti per il brutto gol preso quasi al pronti-via. E che non fa certo bene ad un’autostima che in casa Inter continua a latitare, per tanti motivi.
IL DERBY DELLE SMENTITE – Andata come è andata, per l’Inter sarà una pausa all’insegna dei dubbi e degli interrogativi. E che comincia già con un segnale non da poco: dopo aver visto la partita a San Siro (l’ennesimo pareggio sotto i suoi occhi), Erick Thohir ha deciso di rinviare la sua partenza per Giacarta decidendo di convocare un summit con tutta la dirigenza nerazzurra e con Walter Mazzarri convocato. Un summit d’urgenza, dove si proverà a riordinare le idee ma dove, non è da escludere, possono arrivare anche novità importanti. Poi, ci saranno due settimane che il tecnico attendeva con ansia per riavere nuovamente i giocatori infortunati, sperando che la sosta per le Nazionali non diventi un nuovo bollettino di guerra, e preparare lo strappo previsto dal calendario, con cinque impegni molto delicati prima della sosta. A partire dal derby col Milan: sfida come sempre affascinante, ma che molti prevedono essere la coda sul piano della cifra tattica degli ultimi due, desolanti, confronti. Sta ad entrambe le squadre, all’Inter soprattutto, cercare di smentire queste impressioni: non ne va solo dell’orgoglio cittadino, ne va del futuro.
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