Mauro Icardi, attaccante e capocannoniere dell’Inter, si racconta in un’intervista esclusiva ai microfoni di Tuttosport, anticipando i temi della sfida contro la Juventus. L’argentino ha proprio nei bianconeri una delle sue vittime preferite: il 6 gennaio 2013, quando vestiva la maglia della Sampdoria, fu proprio una sua doppietta a stendere la Juve.
Mauro, cosa ricorda di quel pomeriggio?
“Beh, è stata una bella giornata: neanche ci speravo di segnare due gol a Buffon, invece è esploso un certo... Mauro Icardi”.
Una partita da film, quella.
“Siamo rimasti in dieci dopo mezz’ora del primo tempo per l'espulsione di Berardi, eravamo pure sotto di un gol e poi è arrivata la mia doppietta».
Buffon, nel post partita, cosa le ha detto?
“Si è avvicinato a me mentre facevo le interviste e, ridendo, ha sussurrato un ‘Mi devi ringraziare…’. In effetti quella doppietta è stata un passo importante nella mia carriera in Italia perché quei gol segnati con la Sampdoria mi hanno permesso di arrivare all’Inter”.
L'anno scorso, tanto per non perdere la sua fama di bestia nera, appena entrato, ha rifatto gol a Buffon pure con la maglia dell’Inter...
“Lì ho capito cosa vuol dire per i nostri tifosi il derby d'Italia: quando ho segnato, ha tremato tutto San Siro e, mentre esultavo, ho visto emozione nelle facce della gente. Ho sentito vibrazioni uniche e mi sono davvero reso conto cosa significhi essere protagonisti in partite come questa. Peccato solo che dopo un minuto abbiano pareggiato…”.
In questi due anni quanto è migliorato?
“Oggi sono più esperto: col tempo si diventa più furbi e si acquisisce quella malizia necessaria per prendere meglio il tempo sui difensori. La differenza poi la fa la velocità di esecuzione: questa, d'altronde, è la discriminante tra un giocatore di serie A e uno che gioca con gli amici”.
Perché il Barcellona non ha capito Icardi?
“Beh, è accaduta la stessa cosa a Ibra nonostante fosse un grandissimo attaccante. Il Barça negli ultimi dieci anni non ha mai voluto avere un centravanti d'area come è il sottoscritto, il loro gioco non lo prevede. E questo mi ha convinto ad andare alla Sampdoria”.
Ibra è un modello di riferimento?
“Anche se non è l'Ibrahimovic che giocava all'Inter, resta un top player nonostante oggi, invecchiando, giochi in modo più... rilassato. Il mio modello però è Batistuta. Mentre a Barcellona l'attaccante che più mi somigliava era Eto’o”.
Lei, quando gioca, sembra impermeabile alle tensioni.
“Sicuro, è così. A me, di quello che dice la gente non me ne frega... nulla”.
Beh, a Genova, sembrava essere l'unico a non sentirli quei fischi nel giorno del faccia a faccia con Maxi Lopez...
“Bella partita, quella. Se la gente vuole fischiarmi, non mi importa: a Marassi erano in trentamila a farlo: beh, mi hanno dato una carica in più per dimostrare di poter le cose bene”.
Pure a Torino la fischieranno in tanti.
“A me piace quando mi fischiano perché mi carica”.
La partita con la Juve può essere, come sostiene Mancini, quella della svolta?
“Se vogliamo combinare qualcosa quest'anno, dobbiamo fare le cose bene partendo dagli allenamenti. E per riuscirci, occorre seguire quello che ci dice l'allenatore. Non si tratta di vincere o meno una partita: la svolta dobbiamo darla in tutto il girone di ritorno”.
Come si vince a Torino?
“Andando a mille e giocando da squadra. Difficile che la Juve ti regali qualcosa”.
Potesse toglierne uno ad Allegri?
“Facciamo due: direi Tevez perché fa gol e sa giocare a tutto campo e Pirlo perché costruisce il gioco. Alla Juve tutto ruota intorno a lui”.
Cosa può insegnare a questa Inter la parabola avuta dalla Juve in questi anni?
“La Juve ha vinto tre scudetti consecutivi perché società e allenatore hanno fatto le cose per bene. E ora, col tempo, hanno acquisito una mentalità che permette loro di continuare a vincere”.
A proposito: Mancini ha detto che voi, al contrario, quando prendete un gol vi spaventate.
“E ha ragione. Questa è una delle differenze che c'è tra noi e la Juventus. Loro, se segnano un gol, puntano a farne un altro. Noi quando ne facciamo uno... prendiamo il pareggio perché iniziamo ad arretrare invece che continuare a giocare come stavamo facendo prima. Non so se sia un problema di testa ma ormai sembra un’abitudine. Juve e Roma hanno un'altra mentalità e l'hanno creata col lavoro. Conte, per esempio, ha fatto della Juve una squadra vincente che punta a fare risultato in tutte le partite”.
In questo Mancini, uno che ha vinto tanto prima da giocatore, quindi da allenatore, non può che esservi d'aiuto.
“Lui, sin dal primo giorno, ci ha invitato a lavorare con allegria e ci ha detto di essere più positivi. Ha iniziato anche a lavorare sulla nostra testa: non so se prima ci fosse negatività, ma c'è stato un cambio di allenatore e adesso sta a noi lavorare bene per cambiare un po' le cose”.
Appunto. Cos'ha modificato nel suo modo di giocare l'arrivo di Mancini?
“Gli allenatori mi chiedono sempre le stesse cose: di aiutare la squadra e fare pressing. In più Mancini mi chiede di partecipare al gioco: con la Samp, quando dovevo fare reparto da solo, lo facevo. Con Mazzarri invece mi sentivo tranquillo in area e mi ero abituato ad aspettare i cross per mettere la palla dentro: ora dovrò ricominciare a fare gioco”.
Cosa può dare Podolski a questa squadra?
“È un grandissimo calciatore, segno che il presidente vuole migliorare la squadra per il girone di ritorno. Il suo arrivo sarà un bene per la squadra”.
L'avversario più forte che l'ha marcata?
“Juan Jesus, quando giocavo ancora alla Samp. A Genova, appena iniziata la partita, mi tirava calci e pugni a palla lontana. Quel "trattamento" glielo ricordo ancora oggi tutti i giorni. E ci ridiamo su”.
L'ha digerito il fatto di aver dovuto guardare il Mondiale davanti alla tv?
“Veramente non ho visto quasi niente tranne un paio di partite dell'Argentina. Ero troppo impegnato nell'organizzare il matrimonio e a pensare alla mia vita”.
Quanto le manca la Champions?
“Sinceramente non mi manca perché... non l'ho mai giocata”.
Inizia a starle un po' stretta la serie A?
“Ho iniziato a fare il calciatore in Italia e non penso che in un due anni e mezzo possa starmi già stretto un campionato. Anche perché qui non ho ancora vinto niente”.
Scusi Maurito, ma quando arriva questo benedetto rinnovo?
“Dovete chiederlo a Piero Ausilio e al mio procuratore: se lui mi dice andiamo a firmare, io ci vado. Avere un procuratore serve a questo, altrimenti mi arrangerei da solo”.
Lei, Icardi, è l’unico ventunenne al mondo ad avere una famiglia con quattro figli.
“Dite così perché non siete sudamericani. Certo che però è anche dura: l’altra notte Valentino aveva la febbre e io... non ho chiuso occhio”.
Autore: Redazione FcInterNews.it
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