Alla Gazzetta dello Sport, lunga intervista di Samir Handanovic. "Se fai il portiere sei un uomo solo", dice lo sloveno, che in molti davano in partenza verso Barcellona e che, invece, resterà all'Inter per una stagione di rilancio. 

Quanto si è sentito solo la sera del 19 maggio, Inter-Udinese 2-5?
"Non più di altre sere dello scorso campionato". 

Beh, cinque gol presi dall’Udinese, proprio la squadra che aveva lasciato per scegliere l’Inter, voi al nono posto e loro in Europa: la foto forse più nitida della scorsa stagione.
"Non è stato quella sera che ho capito cos’era successo: delle cose ti accorgi subito, dunque avevo intuito molto prima. Quella partita è stata una specie di riassunto delle puntate precedenti".

E quella contro il Valencia di sei giorni fa una specie di sequel?
"L’andamento della partita più o meno era quello. Ci hanno devastati, ma prendere certe 'bambole' fa anche bene. Ti aiuta a tenere i piedi per terra, a ricordarti che bisogna essere tutti gregari, che una legge del calcio è quella: o si lavora in undici, o non si va lontano".

Aveva capito molto prima del 19 maggio, ha detto. Le è mai capitato di farsi prendere da un dubbio: ma non sarò meno forte di quello che pensavo?
"No: semmai ho capito l’importanza di migliorare. Quando tutte le cose vanno bene è troppo facile: a me piace prendermi le mie responsabilità quando vanno meno bene".

E le è mai capitato di chiedersi: ma chi me lo ha fatto fare?
"Mai. Perché l’Inter era e resta un grande club. Perché i portieri sono fatti per parare, non per pensare. E perché quando c’è da ricostruire - era così l’anno scorso ed è così anche quest’anno - servono anche esperienze del genere".

Ricostruzione dopo ricostruzione, vuol dire che è già preparato a prendere tanti gol anche quest’anno?
"No, perché ci sono delle differenze rispetto all’anno scorso. Ciò che non deve cambiare è la mentalità, quella che l’anno scorso forse non abbiamo avuto o curato abbastanza: l’Inter deve essere una squadra pronta al sacrificio sempre, ogni attimo, ogni partita; deve pensare come una squadra che non ha più lo strapotere di un tempo. Perché è così, non prendiamoci in giro: l’Inter non ha più undici, o anche di più, top player come ai tempi di Mancini o Mourinho".

E le differenze rispetto all’anno scorso?
"Non mi piace più di tanto parlare del passato e tantomeno sputarci sopra, cancellarlo come se fosse tutto sbagliato. Diciamo che stiamo lavorando su cose che in teoria si dovevano già sapere: siamo ripartiti dall’abc del calcio e dell’organizzazione difensiva. Era quello che serviva".

Però la difesa a tre l’avete fatta anche l’anno scorso, no?
"Una difesa a tre si può fare in tanti modi: la differenza la fa allenarsi tutti i giorni su certi concetti".

Preferisce una partita con cinque parate difficili o una nella quale rischia di annoiarsi?
"Sarà banale dirlo, ma preferisco una partita nella quale non prendo gol. Credo che tornando nello spogliatoio la sensazione sia più o meno la stessa di quando hai segnato".

Allora è vero che ci sono parate che valgono quanto un gol.
"Certo che è vero".

Il più bel gol che Handanovic ha segnato lo scorso campionato?
"Catania-Inter, 2-0 per loro, contropiede di Bergessio: non fu una parata bella, ma quella partita iniziammo a vincerla lì. A livello puramente estetico, la più bella forse è stata quella su Miccoli a Palermo: c’era tutto quello che un portiere può metterci per evitare un gol".

Si arrabbia più con se stesso o più con i compagni?
"Con i compagni solo se fanno errori che sarebbe bastato poco per evitare. Con me stesso tutte le volte che serve: è giusto chiedermi cosa devo fare di più e meglio io, non loro. Un portiere deve ragionare e dunque anche lavorare come un centometrista, che ha la sua corsia e corre da solo. Il portiere è un uomo solo".

È per questo che Handanovic vale 30 milioni e Bale 120?
"Cifre esagerate, forse anche fuori dai confini della verità. La verità nel mercato del calcio è una sola: decidono sempre i giocatori e se vogliono andare non si possono trattenere".

Dunque se Handanovic fosse voluto andare al Barcellona, l’Inter non avrebbe potuto trattenerlo?
"Se un club ti vuole, ti compra e il giocatore è il primo a sapere le cose: il resto sono chiacchiere. Non le ho ascoltate: meglio restare concentrato, perché se un portiere non sta sempre sul pezzo fa presto a prendere la strada sbagliata. Un portiere deve lavorare sui centesimi di secondo: come un centometrista, appunto".

E chiacchiere a parte?
"Il mio presente è l’Inter: quello che sarà in futuro, lo vedremo".

Handanovic escluso: chi è il portiere più forte del mondo, oggi?
"Non ce n’è uno. Non c’è il Buffon che per dieci anni è stato un mostro, troppo più forte degli altri".

Visti da portiere: una cosa che la impressiona di Milito, di Palacio, di Icardi e di Belfodil?
"Di Diego i movimenti e la fame di gol. Di Rodrigo come sa fare reparto da solo: se per la mia squadra dovessi scegliere fra tutti gli attaccanti con cui ho giocato, prenderei lui. Icardi e Belfodil li conosco ancora troppo poco e poi sono giovani: meglio non dare giudizi affrettati".

Che effetto le farà giocare in Coppa Italia a metà agosto?
"Già fatto, con l’Udinese. E l’anno scorso abbiamo giocato il 2 agosto, non il 18. Tanto, non ci fosse stata la Coppa Italia, quel giorno avremmo giocato comunque: invece di un’amichevole sarà una partita ufficiale, ecco tutto".

Quanto bene può fare un’amichevole contro il Real?
"Per me le amichevoli vanno fatte contro le squadre forti: solo quelle ti fanno capire chi sei e a che punto sei. Quindi molto bene, direi". 

Sezione: In Primo Piano / Data: Sab 10 agosto 2013 alle 08:00 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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