Sebastiano Esposito, il giovane talento dell’Inter di Antonio Conte, è il protagonista della nuova puntata di ‘Piedi per Terra’, il format di Dazn dedicato alle migliori promesse del campionato italiano. Dopo l’anticipazione dei giorni scorsi, ecco tutto il racconto della propria breve e intensa storia calcistica:

Esposito può diventare esposto, sei un po’ esposto adesso?
“Sicuramente, però la vivo tranquillamente. Devo fare meno sbagli possibile”.

Stai facendo tante interviste?
“Sì, abbastanza. Ma è una cosa bella raccontare il mio passato, i miei sogni”.

Ma parli il ‘calciatorese’?
“È una cosa che bisogna fare, imparare a fare interviste rimanendo nei limiti”.

Parlando del suo primo post su Instagram:
“Era il mio primo trofeo vinto con l’Inter, avevo 12 anni e decisi con una doppietta. Dedicai quei gol a mia madre, è una cosa che faccio spesso”.

Sulla sua crescita:
“Quando ero piccolo sapevo che dovevo crescere in fretta, non ero un bambino come gli altri. Io non potevo fare le stesse cose loro e loro non potevano fare le stesse cose mie. Giocare nell’Inter non è una cosa da tutti e quindi dovevo sacrificarmi. Allo stesso tempo avevo bellissime soddisfazioni”.

Quanti anni ti senti dentro?
“Non nego di sentirmi almeno tre anni in più”.

Sul ruolo del padre.
“Anche oggi non mi crea pressioni, mi dà consigli fuori dal calcio per la persona che vuole che diventi”.

Scudetto è una parola che ti piace?
“Non so cosa significhi, piedi per terra”.

San Siro è pazzesco, ma com’è visto dal campo?
“L’ho visto prima dall’altra parte, direi che cambia tutto. In silenzio in campo non ci puoi stare, perché c’è un tifo, un’atmosfera straordinaria. Torni con un bagaglio di emozioni incredibili. È difficile spiegare per me le sensazioni che ho provato, è una cosa che un 17enne sogna”.

Le vedi le facce della gente?
“Sì, però a lungo andare si deve sciogliere la tensione. O almeno non farsi trasportare da essa”.

Senti di avere un certo appeal sulla gente di San Siro?
“Sì, magari perché ho 17 anni e loro mi vogliono coccolare”.

Li hai sentiti prima del rigore al Genoa? E cosa hai pensato prima che Lukaku ti concedesse il rigore?
“Ho pensato: ‘Magari’…”

Questo è un gol che segni in tre momenti: il primo è la consegna del pallone, il pallone che ti prendi tu e che ti consegna San Siro.
“Se non ci fossero state queste tre cose mi sa che non avrei calciato il rigore”.

Poi arriva il momento dell’impatto col pallone. Cosa hai pensato?
“La prima opzione era il tiro centrale, ma il tiro è partito un passo dopo”.

Poi, l’esultanza e l’abbraccio alla madre.
“Quello arriva dopo, i miei erano nello sky box. Dopo il primo gol di Lukaku mi sono chiesto cosa ci facessero qui. L’anno prima, la sera dell’esordio in Europa League, non li feci venire. Poi loro venivano, ma io non entravo in campo e scherzando dicevo loro di stare a casa che magari succedeva qualcosa”.

Vivi con loro?
“No, sto in convitto. Li vedo molto poco”.

Gli viene fatto sentire un audio del fratello.
“Ho un ottimo rapporto con tutta la mia famiglia”, dice con molta emozione. “Abbiamo fatto tanti sacrifici, sappiamo da dove arriviamo e dove vogliamo arrivare”.

Sei andato via di casa a otto anni, hai preso tutti con te?
“Sì, ma anche i miei fratelli piacevano al Brescia e hanno deciso di portare tutti su. Devo ringraziare Clerici, mio secondo padre a Brescia. Gli devo tanto, purtroppo non c’è più”.

Il tuo rapporto con Lukaku è incredibile, come siete diventati amici?
“Romelu ha subito imparato l’italiano e per questo era da apprezzare. Mi ha aiutato sempre, la cosa che mi ha stupito è che lui mi conosceva già, e io non sapevo come. Poi parlando mi ha detto che aveva visto l’Europeo Under 17 e mi ha conosciuto lì. Mi ha preso sotto la sua custodia all’interno dello spogliatoio, è nato subito questo rapporto”.

L’altro rapporto è quello con Conte, gli dai del lei?
“Ovviamente sì. Penso sia bravo nel dare il bastone e la carota, però conosce i momenti in cui deve stimolarti”.

Immagina la cosa più bella che potrebbe succederti.
“Io i miei sogni posso esporli ma è difficile chiudere gli occhi ed avverarli. So che ci vuole tanto sacrificio, bisogna pedalare tanto. È difficile così su due piedi, anche perché io devo parlare il ‘calciatorese’. I sogni più belli li tengo per me”.

Sezione: Copertina / Data: Lun 20 gennaio 2020 alle 12:10
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
vedi letture
Print