La Juventus sabato 3 novembre lo ha dimostrato, tutte le strisce positive sono destinate a interrompersi prima o poi. Una dura legge che l’Inter prima ha imposto, poi ha subito. A Bergamo si è conclusa la serie di vittorie consecutive tra campionato e coppa e quella di successi in trasferta da inizio stagione, in entrambi i casi a quota 10. Pazienza, ma è da questo scivolone che bisogna ripartire cercando di inanellare un’altra serie di vittorie per rimanere in scia Juve. Con questo buon proposito, la sconfitta contro l’Atalanta sembrerà più soft.
SUBITO IN SALITA - Di soft, in realtà, il 3-2 di Bergamo ha ben poco, perché arriva in un momento disgraziato dal punto di vista degli infortuni e in un modo difficile da prevedere inizialmente. La chiave non è stata il secondo o terzo gol dei padroni di casa, bensì il primo. Sotto dopo 9 minuti, l’Inter ha infatti dovuto accettare suo malgrado le regole degli orobici, che fanno della solidità difensiva e delle ripartenze il loro credo. Un terreno fastidioso per la squadra di Stramaccioni, che pur essendosi già trovata in passato a inseguire nel punteggio, non lo aveva mai fatto in condizioni d’emergenza. Può capitare, in una fase in cui stringere i denti è un dovere di tutti e contro un avversario estremamente in salute, che aveva già collezionato gli scalpi di Milan e Napoli.
TRE + GUARIN, NON SI PUO’ - Se c’è una cartolina su tutte che arriva dalla vicina Bergamo è che Stramaccioni non può permettersi il tridente e Guarin contemporaneamente in campo dall’inizio. Magari a partita in corso, se il punteggio che matura lo richiede. Ma tre attaccanti e un centrocampista con spiccate doti offensive sono un lusso che nessuno potrebbe rischiare, soprattutto su un campo tignoso come quello dell’Atleti Azzurri d’Italia. Sia ben chiaro, non è stata una decisione come tante: l’assenza di un altro mediano di contenimento ha obbligato il tecnico romano a optare per la soluzione più rischiosa, sperando che Gargano e Cambiasso riuscissero a tamponare le falle dalla cintola in giù. Non è accaduto, per la goduria di Schelotto, Maxi e Bonaventura che hanno sfruttato le praterie concesse dagli ospiti.
MANCA PROPRIO LUI - Problema tattico del momento, che rischia di perdurare fino a domenica salvo recuperi provvidenziali. Ma c’è chi non scenderà in campo e sarà così ancora per molto tempo: Gabi Mudingayi. L’ultima ruota del carro, quello arrivato dopo il mancato riscatto di Poli, il mediano con i piedi scorbutici (così come viene etichettato fin troppo spesso) ieri sarebbe stato una manna dal cielo per Stramaccioni. Non si fosse infortunato a Belgrado, avrebbe permesso a Cambiasso di agire dietro nel terzetto difensivo, piazzandosi davanti alla difesa e dando maggiore libertà d’espressione ai giocatori più offensivi. Lui e Gargano avrebbero protetto difesa e Guarin, impedendo all’allenatore di variare un assetto tattico consolidato e di esporre la sua squadra a rischi prevedibili.
SILVESTRE, ALTRA BOCCIATURA - C’è poi da valutare anche la prestazione di uno dei più attesi, per ovvi motivi: Matias Silvestre. Il difensore, chiamato costantemente a dimostrare di meritarsi l’Inter, ha fallito dopo i buoni segnali di Belgrado. Perso frequentemente il confronto tutto muscoli con Denis, ha palesato un qual certo disorientamento e, soprattutto, alcuni errori di natura tecnico-tattica impossibili da non notare. Su tutti, la scivolata su Maxi che ha invitato Damato ad assegnare il rigore del 3-1 ai bergamaschi. Intervento pulito, la moviola dimostra che Silvestre ha colpito il pallone, ma non intervenire così in piena area di rigore è la prima cosa che insegnano nelle scuole calcio. Tra l’altro, prima della scivolata l’ex Palermo si è fatto ‘scherzare’ dal diretto avversario, al quale è stata sufficiente una finta con il sopracciglio. Al momento, Stramaccioni non può dare fiducia a un giocatore che non riesce, pur impegnandosi, a offrire garanzie.
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Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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