"Se a Napoli venisse accertata la correttezza della Juventus chiederemmo indietro i nostri scudetti”. Andrea Agnelli anche ieri è tornato alla carica in occasione dell’Assemblea dei Soci della società di corso Galileo Ferraris, rivendicando il diritto alla restituzione dei due tricolori sottratti ai bianconeri dopo lo scandalo Calciopoli (2004/05 e 2005/06). La strategia d’attacco del presidente juventino non è affatto mutata, anzi, forse la dose, dopo il riposizionamento dei riflettori sul processo di Napoli, è stata addirittura rincarata. Una linea di comportamenti che potrebbe essere tranquillamente associata a quella intrapresa nei confronti della squalifica di due turni inflitta a Krasic, nonostante la platealità della colpevolezza del serbo. Accettare il verdetto della giustizia, in casa Juventus, con il nuovo corso sembra diventato particolarmente difficile, per questo ogni volta che si sente defraudata, la voce di Agnelli evidenzia e sottolinea l’accerchiamento nei confronti dei colori bianconeri, pur rischiando di ignorare evidenze sotto gli occhi di tutti. Ognuno ha il diritto di esprimersi come deve, sia ben chiaro, ma in casa Inter, a quanto pare, le ultime iniziative della Juventus, che ha chiesto ufficialmente la restituzione di quei due scudetti, uno dei quali assegnato ai nerazzurri, non piacciono particolarmente.

In Corso Vittorio Emanuele regnerebbe l’idea che a Torino stiano cercando di sollevare un polverone mediatico (e Tuttosport sta giocando un ruolo fondamentale in tal senso) per riavvicinare la società ai tifosi (che negli ultimi anni, complici stagioni al di sotto delle aspettative, l’hanno un po’ abbandonata) e ritemprare il loro spirito di appartenenza alla causa bianconera. Ignorando, così, uno spaccato tristemente storico del calcio italiano che ha visto protagonista in negativo proprio la Juventus. Dopo Calciopoli l’unica intenzione della società torinese era cancellare il passato, ripartire da zero dopo aver lavato i panni nell’Arno. Ma da quando Agnelli ha ricevuto la presidenza del club, la linea di condotta è cambiata, in barba a quanto stabilito dalla giustizia sportiva. Le nuove intercettazioni, che alla fine non svelano nulla di sconvolgente, hanno servito un assist alle velleità juventine di ottenere il condono di quanto accaduto e il ripristino delle gerarchie pre-Calciopoli (avvalendosi dell'articolo 39 su revoca e revisione di un processo). Per quanto il sistema di allora fosse manovrato da pochi individui, a beneficiarne è stata proprio la Juventus, quindi parlare di ‘correttezza’, in questo senso, sembra un paradosso. I giocatori scendevano in campo senza sapere (magari qualcosa la intuivano), ma il dolo della dirigenza bianconera di allora non può essere estraniato dai successi della squadra, per quanto qualcuno li consideri meritati.

La legge sportiva punisce i club per responsabilità oggettiva quando un suo tesserato si comporta in maniera non conforme ai regolamenti. Pertanto, reclamare il riscatto della Juventus da parte dell’attuale dirigenza non fa che alimentare polemiche e inasprire toni già fin troppo alti. L’Inter, che negli anni pre-Calciopoli è stata la principale vittima di macchinazioni oscure e di un sistema fin troppo rodato, non ha alcuna intenzione di restituire lo scudetto della discordia, perché lo considera, a ragione, una sorta di risarcimento per quanto subito in passato. E non sarà tirando in ballo le telefonate con tizio e caio di Giacinto Facchetti a ripulire l’immagine della Juventus, infangando quella dei nerazzurri e, nello specifico, del Cipe. Nessuna conversazione finora ha evidenziato una partecipazione attiva dell’Inter a questo sistema, un’associazione a delinquere in cui Moggi e compagnia bella avevano la prima e l’ultima parola, come hanno palesato i nastri e come ha stabilito la giustizia sportiva. E Moggi veniva stipendiato dalla Juventus, che gli ha affidato il potere di svolgere il proprio ‘lavoro’ per il bene della società. Quindi, nonostante Andrea Agnelli insista in questa strategia della rivalsa, sarebbe più utile continuare a riflettere sulle proprie colpe e ammettere l’evidenza dei fatti. Un po’ come nel caso di Krasic, colpevole sotto gli occhi di tutti. Invece, oggi si attende l'esito del ricorso contro la a squalifica. In perfetto stile Juve.

 


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Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 28 ottobre 2010 alle 16:55
Autore: Fabio Costantino
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