"Sentirsi parte di un popolo non è un peso, ma un orgoglio. Più di altri gioisco delle vittorie e soffro nelle sconfitte. So che la gente vorrebbe sempre di più da me, ma deve sapere che, anche quando faccio male, ho dato tutto. Posso sbagliare un passaggio, mai l'atteggiamento". Lo dice Nicolò Barella, intervistato da 'Sportweek', il settimanale della Gazzetta dello Sport.

Teme che una sua eventuale partenza possa essere considerata un tradimento?
"Non ho paura di questo, perché se dovessi andar via non sarà mai per soldi, ma solo per ambizione".

Per non perdere la rotta, quanto è servito diventare calciatore nel suo ambiente protetto?
"Io sono sicuro che resterò quello che sono anche se dovessi andare a giocare altrove. A me non interessano la Ferrari o il superattico. Mi tolgo i miei sfizi, ma non gioco a calcio per farmi la macchina bella. Quando guadagnerò abbastanza da permettermi la Ferrari, probabilmente la comprerò. Ma non vivo per quella. Ambiente protetto? A cambiarmi la vita sono stati i 6 mesi a Como, in B, due anni fa. Lasciai casa per la prima volta in compagnia solo di Federico e di Alessandro Beltrami, il mio procuratore".

Ci sta il paragone con Nainggolan?
"Ci sta per la comune interpretazione della partita: nessuno dei due molla niente. E ci sta nel modo in cui scivoliamo per recuperare palla. Ma lui ha più forza fisica".

È vero che tifa Inter?
"No. Ho sempre tifato Cagliari, ma in casa mia sono tutti interisti e quindi da bambino ero contento quando l'Inter vinceva".

Il suo modello di allora?
"Del Piero era l'idolo, il modello Stankovic: per intensità e tiro. Era un giocatore che mi riempiva gli occhi".

Nel suo ruolo chi è il migliore?
"Modric, perché vede il gioco prima di tutti. Poi Nainggolan e Khedira".

Il campionato che le piace di più?
"Quello inglese: lì di sicuro non tirano mai via la gamba". 

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Sezione: In Primo Piano / Data: Sab 20 ottobre 2018 alle 11:09 / Fonte: Sportweek
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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