Thiago Motta si toglie qualche sassolino nell'intervista rilasciata in esclusiva alla Gazzetta dello Sport. Il centrocampista del Paris SG si conferma uomo schietto e che non ama i giri di parole.

Arriva a Coverciano con un fastidio al polpaccio. Come sta?
"Bene, con un paio di giorni di riposo sarò pronto per l’eventuale convocazione finale".

Conte chiama, Motta risponde, ma in Italia non sono mai stati teneri con lei: chi glielo fa fare?
"La passione per il calcio e il privilegio di vestire la maglia azzurra per un secondo Europeo. E poi giocherei quasi in casa. Le critiche fanno parte del mestiere, ma ci vorrebbe più coerenza. Se mi accusano di essere lento, sorrido: lo sono sempre stato, è come dire che la Gazzetta è rosa. Ho altre qualità".

La accusano pure di troppi passaggi laterali.
"Nell’anno del Triplete dell’Inter, nell’intervallo del primo derby Mourinho mi disse: “Non siamo al Barcellona, qui palla lunga”. Vincemmo 4-0 e mi adeguai, anche se non è il mio calcio. Al PSG, Blanc a volte dovrebbe spiegare pubblicamente ciò che chiede ai giocatori".

Al PSG forse manca ancora qualcosa per essere un grande club e fa i conti con l’addio di Ibrahimovic.
"Al PSG manca un d.s. come Leonardo e una struttura efficiente “come alla Juve”. L’addio di Ibra chiude un ciclo, ma la squadra non va rivoluzionata. Zlatan è un esempio di professionalità. Perdiamo un vero leader, al top: sorpreso che non si sia trovato un accordo per continuare".

L’impressione è che al Psg abbiano imputato a Ibra la colpa di non aver vinto la Champions.
"Spero il club non ragioni così. Al di là degli errori di tutti, il PSG non può rinunciare alla propria identità perché affronta City, Barça o Chelsea; deve fare come Mayweather che anche con un picchiatore come Pacquiao non cambia modo di combattere, perché è più intelligente, e alla fine vince".

Il suo contratto scade nel 2017: che farà da grande?
"Come Ibra, valuterò in piena libertà. Se sto bene continuerò a giocare, al Psg o altrove. Altrimenti studierò da allenatore".

Motta come Guardiola con il Barcellona?
"E’ un percorso che mi ispira, non posso non provarci, qui o altrove. Sarebbe bello però che un giocatore arrivato a inizio progetto potesse continuare a far crescere il PSG. Sono convinto di esserne capace e so già cosa vogliono presidente e tifosi: una squadra fedele alla sua filosofia di calcio aggressivo".

Ma in finale di Champions League c’è l’Atletico difensivista che la voleva la scorsa estate.
"Ero tentato anch’io dall’Atletico, prova che di calcio ne capisco, ma per imparare un altro stile. Non ho rimpianti. Per me è più difficile vincere costruendo, che distruggendolo. Ma l’Atletico ha creduto fino in fondo alla sua filosofia ed è stato premiato".

Sezione: Focus / Data: Mar 24 maggio 2016 alle 08:45 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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